Hanno cercato di hackerare Tesla. A rivelarlo è stato lo stesso CEO del colosso automobilistico, Elon Musk, che su Twitter ha linkato un articolo dedicato alla vicenda parlando di “attacco molto serio”, contribuendo così a chiarire una questione che nelle ultime ore era apparsa come un vero mistero.
A quanto diffuso finora – e delineato nel pezzo scritto sul blog di Tesla, che Musk ha condiviso – un 27enne russo facente capo a un gruppo cospiratori (a sua volta legato a una società anonima) avrebbe offerto un milione di dollari a un dipendente della compagnia per convincerlo ad hackerare i sistemi interni e reperire informazioni riservate.
In particolare, l’obiettivo dell’attacco era lo stabilimento di Sparks, in Nevada, che produce batterie per veicoli Tesla.
Il presunto colpevole si chiama Egor Igorevich Kriuchkov, e su di lui al momento pende una denuncia penale presentata al tribunale distrettuale degli Stati Uniti in Nevada.
Una spy story da film
Sul blog della compagnia vengono delineati i tratti di quella che appare come una vera e propria spy story, lunga e sofisticata. A quanto pare il 27enne russo avrebbe preso i primi contatti con il dipendente Tesla tramite WhatsApp a luglio del 2016.
Da lì in poi, i due si sarebbero incontrati diverse volte, anche se Kriuchkov ha chiarito sin dall’inizio le sue intenzioni e la sua proposta, e il dipendente ha provveduto subito a contattare i vertici aziendali, che a loro volta hanno informato la polizia federale. L’FBI ha infatti monitorato incontri e scambi di messaggi tra i due negli ultimi tre anni.
Kriuchkov aveva delineato uno schema per “infettare” i computer dello stabilimento del Nevada, con un malware che avrebbe sottratto dati sensibili e sconvolto gli assetti informativi interni. A quel punto sarebbe scattato il ricatto alla compagnia di Musk, costretta a pagare 4 milioni di dollari per bloccare la diffusione delle informazioni riservate.
Secondo quanto contenuto nella denuncia, Kriuchkov avrebbe spiegato che la sua organizzazione utilizza una sofisticata crittografia che avrebbe tenuto nascosta la partecipazione del dipendente Tesla, e ha aggiunto che un hacker appartenente al suo gruppo è ai vertici di una banca governativa russa.
Kriuchkov è stato arrestato il 22 agosto a Los Angeles, dove secondo l’FBI stava per prendere un aereo diretto a Mosca. È comparso in tribunale federale lunedì ed è stato accusato di cospirazione. Rischia cinque anni di carcere e una multa di 250mila dollari.
Sul suo blog, l’azienda ha commentato l’accaduto paragonandolo a uno dei più classici filoni cinematografici, esordendo così:
“A volte, gli eventi che accadono all'interno di un'azienda sembrano essere altrettanto eccitanti e avvincenti dei thriller cinematografici più popolari. Nel caso di Tesla, uno scenario del genere si è svolto di recente, perché un lavoratore della Gigafactory del Nevada ha finito per rifiutare un’offerta da 1 milione di dollari, lavorando a stretto contatto con l'FBI e sventando un attacco alla sicurezza informatica pianificato contro la compagnia”.
Il chip cervello-intelligenza artificiale
Il chip di Elon Musk che promette di collegare cervello e computer per ora non ha mostrato grandi novità. In diretta streaming, venerdì notte, sono state mostrate le attuali capacità dell'interfaccia cervello-macchina che promette di digitalizzare la nostra attività cerebrale. Per ora il dispositivo di Neuralink è un piccolo wearable impiantato, che funziona "come un fitbit nel cranio". Si chiama Gertrude, ed è un maiale. È lei la protagonista della demo andata in onda questa notte e targata Neuralink, la startup di Elon Musk nata nel 2017 con la mission di mettere in comunicazione il cervello umano con l’intelligenza artificiale. Con un dispositivo ad hoc impiantato nel cervello, Gertrude ha dato dimostrazione dell’attuale livello di sviluppo della tecnologia di interfaccia neuroni-elettronica. Mostrando che i progressi rispetto a un anno fa sono notevoli, ma anche rendendo palese come l’obiettivo dichiarato dall’imprenditore visionario sia ancora parecchio lontano. Mentre il maiale azionava il suo principale e più sviluppato organo sensoriale, il muso, le immagini mostrate su uno schermo e i suoni diffusi da un sistema audio hanno mostrato l’attività cerebrale. Dando quindi una suggestione di quanto variasse l’intensità dell’attività a seconda di quale punto odorasse e di quel che facesse.