La mia ultima esperienza con Android risale a diversi anni fa ed è stata piuttosto traumatica. Ho sempre avuto il brutto vizio di voler sperimentare, di cercare cose particolari, di voler provare strade nuove, attirato da ciò che è differente. Un esempio? Dopo anni di Nintendo 8 bit ho comprato una nuova console. Una Playstation? Troppo facile. Un’altra generazione di Nintendo? Naaa. Ho comprato una Sega Dreamcast. Unità vendute? Tipo due, di cui una a me. Giochi reperibili sul mercato? Pochissimi. Però ehi, giocavo a Virtua Striker nel salotto di casa.
Coi telefoni è sempre andata più o meno allo stesso modo. Il mio primo smartphone è stato un LG E900, “motorizzato” Windows Phone 7. Anche in quel caso pochissima compatibilità e l’esigenza di arrangiarsi con un sacco di app “copie-di”, prima di alzare definitivamente bandiera bianca e inginocchiarmi davanti al Dio Apple. Era il periodo in cui la casa della mela prendeva in giro chi produceva telefoni dai grandi schermi, sostenendo non avesse senso realizzarne di così ampi da rendere impossibile il fatto di raggiungerne le loro estremità usando una sola mano. Forse avevano ragione ma non ci è voluto molto prima che anche a Cupertino comprendessero che “vendite > avere ragione”.
È in quello stesso periodo che ho deciso di provare per la prima volta un telefono Android. Per farlo avevo scelto un altro LG, un G3, per la precisione. È andata malissimo. Il mio modo di interagire con il telefono, infatti, si scontrava spesso con una complessità che non apparteneva alla user experience a cui ero abituato e che, soprattutto, non mi interessava. Che senso ha poter scegliere tra migliaia di launcher - quelle cose che conferiscono l’aspetto all’interfaccia utente e che su Android sono customizzabili - se neanche uno è veramente degno di nota e se quasi tutti hanno l’aspetto di un hack prodotto in casa da uno studente del liceo? Come se non bastasse, il mio telefono presto era diventato impossibile da aggiornare (nel senso che era uscito l’aggiornamento ma, ogni volta che provavo a installarlo, il telefono restituiva un errore apparentemente irrisolvibile) e quando Whatsapp ha smesso di funzionare perché la mia applicazione era obsoleta, sono tornato in fretta e furia a iOS.
Tornare in grande stile
È con questo pregiudizio - ma animato dal consueto desiderio di provare qualcosa di differente - che ho approcciato il nuovo OPPO Find X2 Pro Edizione Automobili Lamborghini, una versione speciale dell’arcinoto OPPO Find X2 Pro, dedicato - manco a dirlo - alla casa di Sant’Agata Bolognese. Un pregiudizio che - lo dico subito così vi rilassate - è stato smentito alla grande dall’enorme lavoro di affinamento che ha coinvolto Android in questi anni e che è esaltato dalle performance straordinarie di questo Find X2 Pro, a tutti gli effetti il V12 dei telefoni attualmente in commercio.
Già perché, nel caso non lo sappiate, sotto la scocca di questo top di gamma, si nasconde un processore Qualcomm Snapdragon 865, che può contare su 12 GB di RAM e su un HD da ben 512 GB (che non può essere espanso), con l’aggiunta di alcune chicche, a cominciare dal display. Si tratta di una unità di tipo edge - coi bordi, quindi, stondati, che sembrano “precipitare” ai lati del telefono - da 6,7 pollici, AMOLED, QHD+, che copre ben il 93% della superficie frontale della scocca e che, soprattutto, ha una refresh rate pari a 120Hz. Che significa tutto questo? In una parola, che è una bomba. In particolare, la frequenza con cui questo terminale aggiorna ciò che state vedendo sullo schermo (il refresh rate appunto) conferisce a ogni immagine, ogni menu, ogni scroll, una capacità di “uscire” dal display, davvero impagabile.
Altra bombammano, le fotocamere. L’Oppo Find X2 Pro è dotato di una fotocamera anteriore da 32MP (f/2,4) e tre fotocamere posteriori: una Sony IMX689 da 48MP, f/1,7, OIS, una Sony IMX586 grandangolare (con angolo a 120°), sempre da 48MP, con f/2,2, e una camera da 13MP periscopica, f/3,0, OIS dotata di zoom ibrido 10x. La prima delle tre posteriori è in grado di scattare immagini in formato RAW a 12 bit ed è dotata di stabilizzazione dell’immagine di tipo ottico. La seconda consente di catturare immagini con uno scenario 4,3 volte più ampio dell’ottica standard e di lavorare in modalità Ultra Macro Mode. La terza camera, anch’essa dotata di stabilizzazione ottica, grazie al sistema di interpolazione digitale riesce a moltiplicare lo zoom ottico 10x, fino a farlo diventare addirittura un 60x in modalità appunto digitale. La quantità di tecnologia presente nel comparto fotografico di questo telefono è davvero tanta: si passa dal sistema di Autofocus All Pixel, a quello che Oppo chiama di “doppio ISO nativo”. Tra tutti, quello che capita di apprezzare più di frequente è di certo il sistema Ultra Night Mode 3.0: una tecnologia di riduzione del rumore multi-frame che consente di catturare foto nitide e chiare anche in condizioni di illuminazione davvero scarsa. Ottima poi la stabilità dei video, grazie al sistema Ultra Steady Video, che peremtte riprese sempre super fluide e che lavora anche con il grandangolo.
Le foto e i video che vedete in queste pagine (che non ritraggono il telefono, naturalmente), sono state realizzati proprio con il nostro Find X2 Pro, in occasione di una delle tappe dell’Abarth Tour a cui abbiamo preso parte nelle scorse settimane (tranne quella che segue, scattata alla Biblioteca degli Alberi di Milano) e che presto avremo modo di raccontarvi sulle pagine di MOW. Senza soffermarsi ulteriormente sulla moltitudine di tecnicalità che pure sono a disposizione degli amanti della fotografia, vi basti sapere che anche nel più comune “punta e scatta” (vedi una cosa che ti interessa e, senza pensarci tanto su, estrai il telefono e scatti), questo Oppo si dimostra al vertice tra i telefoni attualmente in circolazione, con foto sempre ottime, in ogni condizione di luce.
Altre cose interessanti
Display e fotocamera rappresentano probabilmente i due elementi distintivi di questo prodotto, ma ci sono senza dubbio altri aspetti che meritano di essere approfonditi, a cominciare dall’estetica di questa edizione speciale. L’Edizione Automobili Lamborghini dell’OPPO Find X2 Pro, infatti, si ispira dichiaratamente alla pacatissima Aventador SVJ Roadster, richiamandone le linee con un gioco di colori e ombre nella parte retrostante della scocca. In pratica, la placca posteriore, in ceramica, presenta una vera e propria piega, nella parte centrale, resa possibile dalla tecnologia di forgiatura a caldo utilizzata nel suo processo produttivo. Il pattern carbon look della zona posteriore flette così, convergendo verso il centro, con una lavorazione davvero impressionante e che viene impreziosita ulteriormente dai dettagli di color oro, come la scritta Oppo e il logo di Automobili Lamborghini.
Tutto questo ben di Dio può essere coperto e protetto grazie a una cover, già presente nella confezione. Proprio quest’ultima è particolarmente ricca di accessori in questa edizione speciale marchiata Lambo. Oltre alla protezione per il retro, al suo interno è, infatti, presente anche: un mega caricatore da 65 W, 10 volt e 6,5 ampere che, grazie alla tecnologia di ricarica SuperVOOC 2.0, è in grado di ricaricare completamente il telefono in circa 40 minuti; un trasformatore da auto e, soprattutto, un paio di auricolari wireless Oppo Enco Free. Abbastanza simili, nell’aspetto e nella funzionalità, agli Airpods di Apple, mi hanno stupito in maniera positiva per la qualità dell’audio. A differenza del modello base degli auricolari di Cupertino, le Enco Free presentano, così come gli Airpods Pro, una serie di gesture più evolute rispetto al semplice doppio tap.
Con le Enco Free è, infatti, possibile regolare il volume con uno swipe lungo l’auricolare, cambiare traccia con il medesimo sistema o, anche in questo caso, attivare l’assistente vocale di Google - qui con un doppio tap. È possibile scegliere quale gesture impiegare e su quale auricolare, tramite l’apposito menù di settaggio. Unica nota parzialmente negativa: il doppio tap per l’attivazione dell’assistente vocale, a schermo spento non funziona sempre al meglio. Una maggior affidabilità di questa funzione renderebbe le Enco Free davvero il top, specialmente in questo periodo di smart working - e conseguenti millemila telefonate ogni giorno.
Capitolo batteria. L’Oppo Find X2 Pro è dotato di una batteria da 4.260 mAh che nel mio utilizzo, a volte, ha necessitato di qualche “rabbocco”. A sua discolpa devo, però, ammettere che l’impiego del mio telefono in prova, in questo periodo, è ampiamente catalogabile come hardcore. Oltre alla miriade di telefonate, oltre al consueto uso dei social, delle mail e di Whatsapp, da qualche tempo uso in maniera piuttosto massiccia il telefono anche come hotspot, con un uso sostanzialmente da ufficio. Staccato dalla carica la mattina e adoperato per collegarmi a internet con il computer tutto il giorno, attorno alle sette di sera ha spesso dato qualche segno di scompenso in maniera del tutto comprensibile. In una giornata con utilizzo più ordinario, al contrario, non c’è stato nessun problema ad arrivare a fine giornata. Da non dimenticare che, in ogni caso, grazie al turbo-caricatore, in 15 min si arriva praticamente al 50% di carica. Disturbo contenutissimo, quindi.
Ok ma quindi tornare ad Android?
Come anticipato, tornare ad Android dopo tanto tempo è stata un’esperienza decisamente differente da quanto vissuto in passato. Android 10 - che, per inciso, è il sistema operativo più diffuso al mondo - si presenta, oggi, come un’alternativa in grado di non far rimpiangere iOS anche ai più accaniti fan di Apple. A coadiuvare il già ottimo sistema operativo ci pensa poi ColorOS, ovvero il software con cui Oppo lo ha personalizzato. Decisamente apprezzabile, prima di tutto, è l’aspetto che l’interfaccia utente assume così per volere dei designer del Find X2 Pro. L’estetica delle icone e dei menu si mantiene essenziale e ben rifinita, senza scadere in pacchianate che fanno rimpiangere il minimalismo tanto amato da Steve Jobs - a patto di scegliere un tema alternativo a quello ispirato a Lamborghini e che gira di default una volta acceso il telefono. Ancora, ColorOS permette di impostare a proprio piacimento una serie di gesture non presenti nativamente su Android che rendono la vita decisamente più facile, soprattutto a chi venga dal mondo Apple. Se vi state, poi, domandando come funzioni col trasferimento dei dati, delle foto e di tutto ciò che è presente sul vostro telefono, sappiate che da tempo, tanto Apple quanto Google mettono a disposizione dei rispettivi utenti tutta una serie di tool in grado di portare da un ecosistema all’altro, in maniera decisamente poco traumatica, tutto ciò che avete accatastato come accumulatori seriali nel povero hard disk e sul cloud del telefono da cui provenite. Insomma, come direbbe qualcuno: SI PUÒ FARE!
Dimenticavo: per mettersi in “garage” un OPPO Find X2 Pro Automobili Lamborghini servono, da listino, almeno 1.199 Euro.