A quanto pare spostarsi da un posto all’altro, che sia via auto o areo, con il treno o con qualsiasi altro mezzo di trasporto, sta diventando una vera e propria sfida ai limiti dell’impossibile. A provarlo, a proprie spese, è stato Jeremy Clarkson, che sul The Sun, ha raccontato tre giorni di “sfortunati eventi”. Diventato ostaggio dei lavori, delle code o degli scioperi, Clarkson si è fatto un’idea: “Le cose non possono andare così male per caso”. Non una cospirazione, ma un modo di giustificare nuove leggi green, tragiche all’atto pratico e ridicole nelle loro giustificazioni. “Sarebbe più facile girare per lo spazio”. Forse non ha tutti i torti. “Martedì avevo le registrazioni delle voci fuori campo per Clarkson’s Farm e dovevo essere a Londra alle 11 di mattina. Sono settanta miglia. Sono partito alle 8.30 e, complici i lavori sulla A40, che dureranno diversi anni, sono arrivato con un’ora di ritardo. Poi ho avuto un incontro a Notting Hill, a tre miglia di distanza. Per arrivarci ci è voluta più di un’ora. Quindi ero in ritardo anche per quello”.
“Giovedì dovevo tornare a Londra, ma grazie a quei lavori sulla A40, ho pensato di usare il treno. Ma quando sono arrivato alla stazione locale, ho capito subito che qualcosa non andava. Perché il parcheggio era vuoto. Sì, i macchinisti erano in sciopero. Un fatto menzionato solo in un oscuro sottomenu sul sito della Gwr”. Così Clarkson si è trovato costretto a prendere un taxi per arrivare alla stagiozion di Oxford dove finalmente è riuscito a salire un “qualcosa del diciannovesimo secolo. Non aveva spazio per le gambe, si fermava in villaggi che non erano più stati su una mappa dai tempi di Edoardo il Confessore e, a poco a poco, raccolse tutti nel sudest dell'Inghilterra. Era così affollato che per evitare il soffocamento la signora accanto a me mi ha suggerito di sincronizzare il respiro. E poi a Londra la linea metropolitana Elizabeth non funzionava e c'erano problemi anche sulla Central Line. E quella notte, alcune persone rimasero bloccate sottoterra per tre ore perché un quadro elettrico andò in cortocircuito e la stazione di Paddington fu chiusa, il che significava che non potevi arrivare a Heathrow”. O l’intero sistema sta implodendo o l’incapacità di chi decide inizia a somigliare pericolosamente alla volontà di boicottare non solo qualsiasi movimento su un mezzo privato, ma addirittura su qualsiasi mezzo tout court. Altro esempio? I semafori: “Verdi per così poco tempo… Ci vuole una Bugatti Veyron per sfruttare il momento, piste ciclabili che nessuno usa quando piove e un cartello ‘strada chiusa’ a ogni angolo. Allora, quasi per un’epifania, quel verde ricorda a Clarkson il vero obiettivo di questo delirio statale: “Forse qualcuno ha capito che l’unico modo per raggiungere l’obiettivo zero emissioni è rendere i viaggi così insopportabili da spingerci tutti a scegliere di restare a casa”.