“Capisco la polemica, ma non sono d’accordo”. Abbiamo intervistato il leader di Italexit ed ex senatore Gianluigi Paragone di commentare le parole pronunciate da Massimo Giannini a Piazzapulita di Corrado Formigli a proposito del caso dell’onorevole Andrea Delmastro, rinviato a giudizio per aver diffuso documenti relativi al caso di Alfredo Cospito: “Sono state usate informazioni riservate per bastonare le opposizioni in parlamento, è gravissimo”, ha detto Giannini. Ma la conversazione è andata molto oltre l’intervento dell’ex direttore de La Stampa. Abbiamo parlato di magistratura, definita da paragone un disservizio a causa della lentezza dei processi e dei favoritismi nei confronti dei grandi gruppi: una persona comune “che riceve una cartella da una procura si fa il segno della croce, perché non sa come e quando andrà a finire”. Inoltre, a proposito della Rai del presidente Giorgia Meloni dice di non capire la linea editoriale e denuncia una mancanza di idee. Sulla questione Bianca Berlinguer e la sua fuga a Rete 4 è chiaro: “In Rai già sapevano qualcosa”. Sottolinea, sempre a proposito di televisione, il grande successo di Fabio Fazio e Nove, e il cambiamento positivo avvenuto a Mediaset dopo la svolta decisa da Pier Silvio Berlusconi: “Hanno allargato l'offerta, che diventa sempre più un canale di informazione in senso largo”. Mentre non si è esposto sull’inchiesta di Report su Alessandro Zan e il Gay Pride, sulle auto elettriche provenienti dalla Cina e il cambiamento climatico è stato chiaro: “La classe media pagherà un prezzo altissimo...”
Gianluigi Paragone, Massimo Giannini da Corrado Formigli a Piazzapulita ha detto che l’onorevole Andrea Delmastro dovrebbe lasciare il suo posto. Lei cosa ne pensa?
Capisco la polemica politica, però non sono d'accordo. Anche perché Delmastro ha commesso un errore, ovvero quello di non aver dato ai giornalisti le carte, perché di solito si fa così e il circo mediatico-giudiziario ha sempre funzionato a meraviglia con questa intesa. Se Delmastro avesse fatto questa cosa, oggi non staremmo a commentare tutto questo.
Ha senso parlare di garantismo?
Sono polemiche troppo basse rispetto alla gravità della situazione della giustizia in Italia. Perché l'opinione pubblica non si fida della magistratura? Perché la magistratura viene ormai avvertita come un'interfaccia politica e come il più grave disservizio che c'è nel Paese.
Si spinge fino a definirla un disservizio?
Sì, la magistratura è un disservizio. Dalle cause del lavoro alle cause che vedono coinvolte le aziende, ai fallimenti, e nessuno ne parla. Perché il giornalismo italiano ha paura a fare una grande inchiesta profonda e costante sulle sezioni fallimentari, sui tribunali fallimentari, sulle rivendite degli immobili sottoposti a queste procedure? Perché non andiamo a scandagliare dentro la gravità della lentezza con cui si bruciano posti di lavoro e ricchezza? Questo è il vero tema. Oggi una persona che riceve una cartella da una procura si fa il segno della croce, perché non sa come e quando andrà a finire.
Quindi aveva ragione Guido Crosetto nel dire che il problema maggiore fosse l'opposizione giudiziaria?
Ma il problema non è più se il politico fa o meno quella dichiarazione. Il problema di fondo è quello di tanti cittadini comuni. Noi pensiamo che il problema della giustizia sia legato alla politica, ma quella è proprio la minima parte. Oggi la gente ha una totale sfiducia nella magistratura.
Al tempo si era parlato di opposizione giudiziaria nei confronti del Governo e poi sono saltati fuori i vari casi di Delmastro e di Daniela Santanchè.
Non mi interessa sapere se quello sia stato un accanimento. Queste cose accadono, ma il vero problema della magistratura in Italia è tutt'altro. Vedo che questo tema non prende tra i giornalisti. Sembra quasi che a nessuno interessi più, e penso che ci siano delle aree della giustizia che sanno di essere al riparo da qualsiasi inchiesta di tipo giornalistico.
Sta parlando di un patto non scritto tra giornalismo e magistratura?
Beh, sì, ma non in funzione della macchina giustizia. Perché noi pensiamo che la macchina giustizia sia quella che viene descritta sui giornali o che va in televisione, ma non è così. La macchina giustizia è molto più grave. Lo ripeto per l'ennesima volta: la lentezza dei tribunali sulle decisioni del lavoro, i gruppi più grandi che riescono a fare quello che vogliono, la piccola impresa che, quando si trova con questioni che riguardano il rapporto crediti-debiti, arriva a dire “fammi pure causa tanto io non ti pago, ce la andremo a giocare davanti a un tribunale”.
A proposito di disservizi, cosa ne pensa della nuova Rai che non decolla? L’egemonia culturale di destra non sta funzionando?
La nuova Rai è un bicchiere d'acqua fresca, anzi un bicchiere d'acqua nemmeno più fresca che si stanno bevendo ed è un bicchiere d'acqua di rubinetto. Non c'è nemmeno sete, perché il telespettatore non ha bisogno della nuova Rai. Ci sono mille canali e, mentre noi eravamo qui a raccontare la nuova Rai, si potenziava il canale Nove, che è cresciuto sotto i nostri occhi di spettatori e critici televisivi.
E cosa rappresenta ora la televisione pubblica?
È una roba da niente. Vedo una grande incapacità e non c'è un'idea di quale sia la linea editoriale. Io vorrei tanto capire la linea editoriale, non culturale, di questi dirigenti di centrodestra rispetto alla Rai. Dove la vedete?
Parlano di tele Meloni, ma esiste anche Report, che sicuramente non è di centrodestra…
Ma è normale, perché la televisione è fatta di programmi consolidati che funzionano. Se sui nuovi programmi non hai un'idea finisce tutto e lì un'idea di televisione non c'era.
E perché manca l'idea?
Perché hanno paura. La dimostrazione è Fabio Fazio che se ne va e fa bingo, perché guadagna di più, non ha rotture di scatole e l'investimento da parte della Warner è un investimento che ritorna, per cui chapeau.
Si aspettava questo successo di Fazio?
Non me l'aspettavo, ma questo riguarda anche il cambiamento della televisione, perché un tempo i conduttori non riuscivano a portarsi via il proprio pubblico. Quando Pippo Baudo andò dalla Rai a Mediaset, non si portò dietro il suo pubblico della Rai. Oramai la televisione è talmente cambiata, ha acquisito una velocità che smonta anche le abitudini, per cui può capitare che Fazio si porti dietro il suo pubblico e che anche un po’ Bianca Berlinguer faccia lo stesso. Per la Berlinguer è diverso, perché lei era già abbastanza pop e non era così lontana dal telespettatore di Rete 4. Per cui faccio i miei complimenti a Pier Silvio Berlusconi, che ha voluto questa operazione e anche ai dirigenti Mediaset che l’hanno voluta. Faccio i miei complimenti anche ai dirigenti della Warner e del canale Nove che hanno scommesso e questa scommessa è pienamente riuscita.
Che canale è oggi Nove?
È un canale esattamente della stessa portata di una Rai 3.
Rai 3 e Berlinguer: Massimo Bernardini a MOW ha parlato del fatto che la conduttrice ha lasciato la rete a una settimana dalla presentazione dei palinsesti autunnali…
Ma queste cose capitano nel mercato televisivo. Secondo me non è che in Rai fossero così impreparati o sorpresi del fatto, adesso non facciamo le verginelle.
Lei ha fatto i complimenti a Pier Silvio Berlusconi, come vede il cambiamento della linea editoriale che ha messo in atto?
È stato un rischio, perché Rete 4 si pensava che avesse una narrazione prevalente e dominante; invece, hanno allargato l'offerta, che diventa sempre più un canale di informazione in senso largo.
Stiamo nuovamente assistendo alle manifestazioni di Ultima Generazione che blocca le strade e di Extinction Rebellion che colorano il Canal Grande. Ottengono risultati oppure no?
Mi sembra più una spettacolarizzazione che una tematizzazione. Poi io, sulla reale sensibilità green di questi ho dei dubbi. Per me non sanno distinguere una foglia di fico da una di acero.
Teme per il cambiamento climatico o crede che siano allarmi esagerati?
Il cambiamento climatico è talmente di grande portata che non ha bisogno della nostra indignazione. I tempi dei cambiamenti climatici sono molto lunghi, noi ci giochiamo la nostra piccola parte e dobbiamo essere responsabili nel non consumare il pianeta. Noi vogliamo salvare la nostra area, la nostra casella o il pianeta? Se vogliamo fare un discorso di pianeta, allora dobbiamo capire che esistono delle grandissime differenze tra chi dice di lavorare per migliorare il pianeta e chi invece ancora investe sul carbone, per esempio, perché ha bisogno di spingere in termini di produzione. Se la Cina non fa parte del cambiamento è inutile che stiamo qua a pensare di cambiare il mondo imponendo al mercato la sostituzione delle macchine con il motore termico con le macchine a batteria. Oppure obbligando il rinnovo degli immobili con nuove classi energetiche. Mi sembrano delle operazioni più d'immagine.
Sulla transizione ecologica, come per le auto elettriche, c’è il pericolo di diventare succubi della Cina?
Ci sono due pericoli: il primo è che la classe media, che è già diventata medio-bassa, pagherà un prezzo altissimo e non avrà la possibilità di adeguarsi alle nuove norme, sia nella sostituzione di una macchina che nell'adeguamento degli immobili. In secondo luogo, se le batterie e il materiale per fare le batterie è per lo più nell'area cinese e attorno alla Cina (oppure è in Africa e sappiamo quanto la Cina sia più dominante in quei mercati), è chiaro che sostituisci una dipendenza che fino a qualche anno fa era rispetto alla Russia. Guardate anche a quello che sta accadendo con i microchip, che sono realizzati a Taiwan che è al centro di una delicatissima situazione.
Prima abbiamo parlato di Report, che ha fatto un'inchiesta sull’onorevole Alessandro Zan e sui suoi interessi legati ai Pride: pare che Zan sia amministratore unico di una società che gestisce questi eventi.
Sì, ma non avevamo bisogno di Report per saperlo. Intanto il mondo Lgbtqi+ è un mondo di gente che spende, è molto redditizio, molto più delle feste di partito. I Gay Pride muovono un business enorme, hanno un indotto, hanno un mercato che è in espansione, per cui la cosa non è che mi indigni particolarmente. Io comunque ho sempre difeso i lavori di Report e durante la pandemia ha avuto molto più coraggio di altri giornalisti
Quindi le motivazioni di Zan sarebbero economiche?
Non è che lo faccia solo per questioni economiche. È la sua vita e l'impatto delle sue scelte di vita hanno una ricaduta economica, il cui moltiplicatore è evidente.
Zan però ha smentito dicendo che sono “solo falsità” quelle di Report.
Un'inchiesta giornalistica resta tale. Hanno avuto modo di spiegare. Tocca al telespettatore farsi un'idea. Poi ci sono le inchieste giudiziarie e in quel caso tocca al giudice stabilire una verità processuale. Infine, come ho già detto, che i gay pride siano una macchina da soldi l’avevo già chiaro.
Un bilancio del governo di Giorgia Meloni?
Non è un governo che sta facendo cose molto dissimili da quello precedente. Vediamo ora rispetto al tema del Mes come si comporterà. Diciamo che sull’Europa si è mosso in maniera più critica. Poi sul discorso Nato e America non c'è nessuna interruzione rispetto a quello che era accaduto con i governi precedenti, è una scelta precisa. Io sono stato uno dei pochissimi parlamentari a non aver votato mai l'invio delle armi in Ucraina, e per questo mi sono beccato del filo putiniano, del Novax… Tutti narravano che ci sarebbe stata la controffensiva e che la Russia si sarebbe piegata, cose che alla prova dei fatti dimostrano un'altra verità.
Che verità?
Che le sanzioni non hanno piegato minimamente la Russia, né il popolo russo si è rivoltato contro Vladimir Putin. Per i due terzi della popolazione quello che le sanzioni hanno tolto loro già non ce l’avevano prima. E poi la famosa controffensiva è stata più oggetto di narrazione che non di conquista militare sul campo. Questo non significa che Putin, come mi volevano mettere in bocca, avesse ragione o che la gravità dell'aggressione fosse relativa, ma bisogna iniziare a capire che la politica è fatta anche di letture un po’ più avanti rispetto all'ultimo miglio o al fatto in sé. Tra poco questo si capirà anche con il conflitto a Gaza.
Sembra che la guerra in Ucraina se la siano dimenticati tutti.
Ma l'Europa farebbe bene a non dimenticarla, perché il rischio è che se non controlli l'evoluzione di questa guerra, la parte politica rischia di accendere o di riscaldare una zona dell’Europa sempre stata molto delicata, che è l'area balcanica. Serbia e Kosovo sono in tensione ed è un attimo che questa tensione salga di intensità e non puoi non leggere il rapporto che la Serbia ha con la Russia attraverso la chiesa ortodossa.
E in tutto ciò che ruolo sta giocando l'Europa?
L'Europa non ha alcun peso, assolutamente zero. L'Europa è il player internazionale che dovrebbe essere maggiormente interessato a una mediazione, perché le due aree che oggi sono più incandescenti sono ai suoi bordi: una è il conflitto in Ucraina e l'altra è nel Mediterraneo mediorientale. Il Mediterraneo è il mare dell’Europa, e so che per la Germania il Mediterraneo è sempre stato una cosa ininfluente, ma l'Europa deve capire è la sua anima.
Da parte dei tedeschi non c’è stata grande collaborazione.
I tedeschi perché hanno guardato di più al baricentro Baltico e alla Francia hanno consentito di andare in Africa e continuare a comportarsi in maniera egemonica. Poi non stupiamoci se l'Africa ritiene l'occidente un suo nemico. La Francia è ancora un paese con logica coloniale che controlla con l'esercito e con la moneta i territori. Dopo un po’ però gli africani cominciano a capire che, se guardano oltre, trovano dei partner che non chiedono di baciare la pantofola, ed ecco il successo dei Brics allargati, il successo delle relazioni con il mondo cinese e il mondo arabo.
E per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente?
Anche lì va letta riappropriandoci della grammatica di Bettino Craxi e di Giulio Andreotti, di Aldo Moro e di Enrico Mattei. Ecco, quando si cita anche Mattei, faremo bene a ricordarci le lezioni di Mattei e quello che fece Mattei, perché lui in Algeria ha finanziato il fronte di liberazione, In Iran c'è andato e ha fatto degli accordi importanti. La capacità della politica è capire che la mediazione non è la divisione in buoni e cattivi, perché la storia dimostra che quelli che dovevano essere i buoni poi diventeranno i cattivi. La politica è fatta di relazioni che vanno sostenute e non mi sembra che oggi stiano facendo questi calcoli.