L'ospitata di Alfonso Signorini negata da Mediaset. I programmi di Nunzia De Girolamo, costretta a tappare un buco dopo la fuga dell'ultimo minuto di Bianca Berlinguer, quando il palinsesto autunnale della Rai era già pronto, e la scelta errata sulla trasmissione di Serena Bortone. Abbiamo intervistato Massimo Bernardini, conduttore di Tv Talk e critico televisivo, che ci ha detto la sua sul presente della tv italiana. Non risparmia le critiche, certo, ma si lamenta anche di un discorso che tende ad ammucchiare programmi diversi, senza valutarne le specificità, il pubblico di riferimento. Impossibile capire il tentativo di spostare alcuni format in una fascia oraria diversa da quella abituale, come nel caso di Pino Insegno, se non si tiene conto di questa chiave di lettura. Per Bernardini, occorre ragionare “pezzo per pezzo” se si vuole mettere in campo un metodo efficace per comprendere il funzionamento di una trasmissione. Poi Morgan, Massimo Giletti e una chiosa sul ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Massimo Bernardini, Morgan ha denunciato una sorta di sistema, parlando di favoritismi e di legami ai quali lui è totalmente estraneo, ma su MOW Fabio Cinti ha detto che ai tempi faceva comodo anche a lui, è così?
Ti do una sola risposta perché questo tipo di discussioni sono indegne rispetto a quello che è Morgan. Per me Morgan è un artista importante, molto al di sopra della media italiana, sta per arrivare un suo album con testi di Pasquale Panella di un livello altissimo. Io ho fatto solo un preascolto, ma ho la percezione di un'opera veramente importante per la musica italiana e ti arrivo a dire anche per la cultura italiana. Di fronte a un artista di questa levatura le polemichette di X Factor, sia gestite dal programma che, ahimè, gestite da lui stesso (nel senso che lui fa, disfa e discute) sono inadeguate e bisognerebbe smetterla di occuparsi di Morgan per queste ragioni.
Però sai che il lavoro del giornalista è anche questo…
Sì, ma questo oscura tutto il resto. Lui avrà il carattere che ha, ma di artisti di grande livello che avevano un carattere difficile la storia è piena, non vado oltre.
Tempo fa avevi detto a MOW che la sfida di Nunzia De Girolamo sarebbe stata difficile, oggi sappiamo che il suo programma è in bilico, prima si parlava di una chiusura e ora di una conferma. Ti aspettavi questo scenario?
Il programma non è mai stato chiuso, quindi parlare in quell’ottica non ha senso. Credo che ci sia una dialettica importante dentro l'azienda su cosa fare del programma. Ritengo che l'azienda voglia ancora lavorarci, ma forse De Girolamo è meno convinta dell'azienda stessa. Però bisogna andare all'origine di questa scelta.
Quale sarebbe?
Nasce dalla Signora Bianca Berlinguer che, a una settimana dalla presentazione dei palinsesti, ha fatto una mossa a mio parere scorretta. Perché puoi andare dove vuoi, ma non puoi sfilarti a una settimana dalla presentazione dei palinsesti, quando un'azienda ha progettato il proprio autunno, invece lei se ne è fregata. Quando lei parla e dice di essere stata alla Rai tanti anni, sì è vero, ma non appena è arrivata un'offerta interessante se n'è andata, mettendo nei guai quell'azienda per cui ha lavorato tanti anni. Il problema di Nunzia nasce da questo guaio.
E quindi com’è arrivata la Rai ai palinsesti?
In quel momento non aveva niente da mettere in questo martedì di Rai 3 e lei, che doveva fare un people show in un’altra serata della settimana, è stata piazzata il martedì per tappare il buco. Lei è stata molto generosa, ma non ha ancora le ore di volo necessarie per gestire una prima serata così decisiva, perché ricordiamoci che è l'unico talk politico che ha la Rai in questo momento in prima serata. Il tentativo continua, di aggiustamenti ne hanno fatti tanti…
Però quello della De Girolamo non è un caso isolato, se prendiamo altri bravi conduttori come Pino Insegno, Caterina Balivo e Bianca Guaccero e vediamo che fine hanno fatto viene da chiedersi cos’è che non ha funzionato…
Sì, ma è una narrazione in cui si ammucchia. Questo è un metodo giornalistico, quello di ammucchiare, per dire “hai visto che va male?”, mentre ognuno di quelli che tu hai nominato va analizzato caso per caso perché ognuno è diverso dall'altro.
Non c'è la voglia di screditare, ma di farsi una domanda e capire se c'è un minimo comun denominatore, perché due si, ma quattro diventano un caso…
Eh, non vuoi ammucchiare però l'hai fatto, perché tutti voi ragionate così. Questo è un tipo di ragionamento che io di Tv Talk non attuo, ma ragiono pezzo per pezzo. Se avessimo tempo potremmo star qui a smontare singolarmente tutti gli elementi giusti e sbagliati di Avanti Popolo. Su questo io mi oppongo totalmente, perché non si può ragionare così: per esempio, Pino Insegno è il tentativo di mettere un quiz in una fascia in cui non c'erano quiz, può essere giusto o sbagliato ma bisogna partire da quella chiave di lettura lì. Una vera discussione di fondo andrebbe fatta chiedendoci se siamo così sicuri che l'orizzontalità nuova, che è stata impostata in Rai, stia dando i frutti.
Potrebbe rispondere lei stesso a questa domanda?
Io dico che sta mostrando tutti i suoi limiti questa decisione di venir meno alla logica di rete verticale. Questo un po’ perché secondo me la struttura Rai non è abituata a ragionare così, e questo cambia molto, perché se tu hai tutte le forze dell'azienda che ragionano in un certo modo, in una mentalità di rete, poi farli ragionare tutti, invece, in una mentalità di prodotto e di fascia di prodotto è molto complicato, per esempio.
A proposito di Tv Talk, Alfonso Signorini aveva dato la sua adesione per la partecipazione alla trasmissione, ma poi c'è stata una censura da parte di Mediaset. Quali sono le vere ragioni?
È incredibile perché noi nella stessa puntata in cui Signorini ci è stato negato, avevamo Barbara Palombelli che è sempre una conduttrice e volto Mediaset.
Quindi è mirato questo stop fatto da Mediaset?
Credo proprio di sì. Io, a domanda precisa che ho fatto alla dirigenza Mediaset, mi è stato risposto: “Non possiamo dirtelo, ma sono ragioni nostre aziendali”. Non mi hanno dato una motivazione, nonostante io l'abbia chiesta. Ho dovuto incassare. È la prima volta che mi capita una cosa del genere, perché dei “no” sono capitati anche altre volte, con degli artisti che magari non potevano venire. Ma questa è la prima volta che mi viene data conferma al pomeriggio per poi smentire alla fine della giornata. Questo è stato sicuramente senza precedenti.
Per quanto riguarda la Rai, invece, il futuro di Massimo Giletti sembra essere proprio a viale Mazzini. Che cosa ti aspetti da lui? Pensi che gli affideranno un programma in stile Non è l’arena?
Il progetto, da quello che so, era quello di farlo arrivare gradatamente a questo, ma mi pare che, con l'assenza così bruciante di prodotti competitivi della Rai su questo terreno, in realtà siano un po’ costretti a farlo tornare in fretta all'attualità, perché c'è bisogno di avere un tipo di prodotto così. Anche se questa è una mia ipotesi.
Oltre all'attualità però Giletti ha sempre fatto delle inchieste. Forse mancano anche quelle?
Beh, ci sono Presa Diretta e Report che sono sempre della Rai e sono due programmi di un certo peso.
Ora c'è anche Farwest di Salvo Sottile che sembra sia partito bene, come lo vedi?
Salvo Sottile lo sto guardando con attenzione, non l'ho ancora analizzato, ma è ambizioso e tra l'altro, infatti, non è affatto partito male. La prima puntata aveva fatto quasi il 5% di share e, considerando Rai 3 in questo momento, è già un buon risultato. Poi è tosto, non fa sconti, è un Sottile che è tornato a fare il giornalista al quadrato, molto tosto e molto serio. Non ci sono distrazioni, ma contenuti di livello che sono fatti da giornalisti di livello, da colleghi bravi e lui in studio ha sempre ottimi ospiti, di alta caratura. È quindi un programma che scommette alto. Questo è un punto importante: Rai 3 ha perso prodotti decisivi per la sua identità e per il suo pubblico, per cui Sottile è molto importante che funzioni, perché vuol dire che il pubblico trova di nuovo un prodotto all'altezza delle sue richieste.
A proposito di Rai 3, è stato un bene spostare il programma di Serena Bortone? Oltre al fatto che non c’è tutto questo pluralismo, sono molto di più gli ospiti targati sinistra che i rappresentanti della destra nel suo salotto…
Quello della Bortone fa parte dei possibili errori della nuova Rai. Questa è una cosa che non riesco ancora a capire, perché la Bortone aveva in qualche modo inaugurato una fascia importante su Rai 1 ed è stata portata a sostituire in buona sostanza Gramellini. Lei era un volto di Rai 3 della mattina, faceva politica, conduceva un talk show politico e lo faceva bene, al pubblico piaceva e faceva numeri importanti. Dopodiché lei, convinta anche da Coletta, vuole fare un'esperienza nuova e si inventa questo infotainment il pomeriggio su Rai 1, che però, poco alla volta, funziona. Lei aveva ospiti di grande caratura e anche cose molto popolari e dalla parte del pubblico di Rai 1. Poi viene catapultata di nuovo su quella fascia di Rai 3, con un prodotto che somiglia molto a quello che lei faceva il pomeriggio su Rai 1. Fare il conto che fai tu sul pluralismo funziona e non funziona, perché non è un talk show politico quello della Bortone; quindi, io non sono poi molto preoccupato per l'equilibrio degli ospiti. Lei ha una sua sensibilità, che evidentemente è quella che è, nel senso che è molto chiara e rispettabile, seppur condivisibile o meno. Lei quindi porta l'infotainment di sapore pomeridiano in quella fascia lì. Non so, bisogna vedere che cosa ne pensa il pubblico. Lì l'errore, se c'è, è un po’ nell'averla spostata, perché lei ha ancora l'attitudine che aveva scoperto su Rai 1, un'attitudine popolare. Vedremo nel tempo se riesce a creare un'abitudine nuova.
Il ministro Gennaro Sangiuliano ha diffidato il programma Un giorno da pecora dal prenderlo in giro. Non va bene nemmeno la satira?
Un ministro guarda e passa davanti a queste cose, ha cose più importanti da fare, cosa gliene deve fregare di Un giorno da pecora. Io spero che il ministro Sangiuliano, come fa tutti i giorni, si possa occupare di cose più serie, ovvero di cultura, di iniziative, di musei, ha molte più cose da fare che non occuparsi di quello.