Filippo Turetta non si è mai mostrato per chi è realmente. Non solo con Giulia, ma anche con chi l’ha interrogato. Quando ha ammesso le sue responsabilità. Almeno, lo ha fatto solo parzialmente. L’ennesima conferma è arrivata ieri sera con la pubblicazione da parte della trasmissione televisiva Chi l’ha visto? dei messaggi e degli audio partiti dal cellulare di Turetta nelle settimane e nei giorni immediatamente antecedenti al femminicidio che ha commesso. Nella messaggistica il giovane si rivolgeva addirittura alla sorella di Giulia, Elena Cecchettin. E proprio quei messaggi confermano i deliri di possesso che lo attanagliavano da sempre e soprattutto dopo la fine della relazione. Deliri di possesso non placati neppure al momento del fermo da parte della polizia stradale tedesca. In quel frangente, infatti, il poco più che ventenne aveva detto ai poliziotti di aver ucciso la sua fidanzata. Peccato che Giulia non lo era più da un pezzo. Piuttosto, con la rottura della loro storia sentimentale, era diventata lo specchio dei suoi insuccessi. Con la laurea che di lì a poco avrebbe ottenuto e i traguardi raggiunti gli restituiva l’immagine della sua vera essenza: totalmente fallimentare. E questo era inaccettabile per il suo ego spropositato. Eppure, Filippo si era sempre mostrato a tutti come una vittima, un incompreso, quasi come perseguitato. Cercava la compassione di Giulia attraverso tutta una serie di attività manipolatorie per tenerla agganciata a lui. Per Turetta, ormai era un chiodo fisso. Al punto di inviare messaggi minatori anche alla sorella Elena quando la giovane aveva staccato il cellulare. Messaggi con i quali chiedeva proprio a Elena di far accedere il telefonino alla sorella. Ma di fronte al secco no, Turetta mostrava tutta la sua rabbia. “Perché?! No, non è giusto. Non può non cagarmi per tutte ste ore. Mi aveva promesso ieri che mi scriveva durante la giornata… Dille almeno che le ho scritto”. Quello che emerge da questo audio, e sul quale da tecnico non posso in alcun modo soprassedere, è il passaggio del “non può non cagarmi per tutte ste ore”. Non può. Come se lui fosse l’unico a poter decidere della sua vita. Come se lui fosse l’unico ad aver diritto di scegliere per lei e al posto suo posto. Come se la sua volontà non contasse affatto e lei dovesse esistere in funzione di e per lui. Questa è la logica disturbata che lo ha portato ad uccidere. Dominio e possesso. Come quando esasperava le sue presunte sofferenze psicologiche minacciando di togliersi la vita dopo che la relazione era finita. Si lamentava delle sue difficoltà, dei suoi problemi, delle sue sfortune. Ma la realtà denunciata da questo femminicidio è che Filippo altro non era che invidioso e competitivo. Anche se questo non lo ha ammesso e non lo ammetterà mai. Ha sempre esibito una falsa umiltà. Cucinava i biscotti per la sua fidanzata e dormiva con l’orsacchiotto. Ma quel maledetto 11 novembre ha fatto cadere la maschera: quella di un ragazzo egoista e arrogante. Che ha ucciso per un capriccio figlio dell’incapacità di reggere la frustrazione. Una frustrazione derivante dalla totale perdita del controllo. Un controllo che, come emerge dalle conversazioni WhatsApp con gli amici, voleva esercitare anche sulle modalità con le quali avrebbe dovuto svolgersi la festa di laurea. “A Giulia non piacciono le tisane, le considera acqua sporca. A meno che tu non mi contraddici e dici che è una caratteristica della Giulia, ma non mi pare proprio, cosa facciamo con questo dettaglio che hanno scritto?”.
Anche in quel contesto, dunque, parlando del fatto che a Giulia non piacessero le tisane, palesava il bisogno di ricevere ammirazione e riconoscimento perché solo lui sapeva che cosa Giulia desiderasse davvero. Solo lui poteva e aveva il diritto di conoscerlo. L’ha uccisa anche per questo. Perché facendolo si è sentito superiore. A Gino Cecchettin è stato chiesto se mai potrà perdonare Filippo Turetta. Gino si è rivelato un uomo integro, composto nel dolore e nella sofferenza. Un uomo buono come probabilmente era sua figlia. Così come tutto il resto della sua famiglia. Però voglio fare un passo in più. Siamo sicuri che Filippo lo richieda quel perdono? Almeno fino a oggi non sembra. Perché, per quel che è emerso anche in sede di convalida, non ha manifestato né pentimento né compassione. Aveva la possibilità di raccontare quando davvero ha maturato il proposito di ucciderla. Non lo ha fatto. E, anzi, ha riempito la narrazione di tanti “non ricordo”. Evidenziando ancora una volta la sua natura egoistica. Una natura dettata questa volta dal pagare quanto meno possibile il suo debito con la giustizia. Quanto valeva per lui la vita di Giulia Cecchettin?