perché aveva scelto di essere viva e libera. Le lacrime versate al suo funerale di questa mattina sono diverse da quelle del suo assassino ed ex fidanzato, Filippo Turetta, che ora teme l’ergastolo
Avrebbero dovuto organizzarle la festa di laurea. E invece si sono ritrovati a celebrare il funerale di Giulia Cecchettin. Il padre Gino, i fratelli Elena e Davide in prima fila questa mattina a sostenere il peso della perdita. Ma anche della responsabilità di cui si sono con coraggio fatti carico. La morte della loro figlia e sorella non deve essere in alcun modo vanificata da un maschio che l’ha massacrata perché non accettava che non potesse essere più cosa sua.Turetta: “Scappava da me, l’ho rincorsa e l’ho uccisa”. Filippo l’ha rincorsa non solamente il giorno del femminicidio. Ma anche nelle settimane antecedenti con tutti i ricatti emotivi di cui si è servito. Alla fine, l’ha ammaz*ata quando ha capito che lei comunque avrebbe corso più di lui. E sarebbe sempre stata un passo davanti a lui. Nella vita, nella professione e negli affetti. L’ha uccisa perché non accettava che in quella vita lei avesse scelto di appartenere a sé stessa. Giulia aveva scelto di non cedere il passo, di non farsi schiacciare da chi voleva annientarla perché consapevole che non sarebbe mai stato come lei. Giulia voleva fare rumore, come le migliaia di chiavi sventolate nel piazzale questa mattina. Ma a lei, quel rumore, è costato la vita. Così, mentre un fiume di persone, autorità, istituzioni sfilava dentro e fuori la basilica di Santa Giustina, il suo assassino si trovava dietro le sbarre del carcere di Verona. Si è detto che nella sua cella ha una televisione. Qualcuno sui media si è chiesto se Filippo possa aver seguito i funerali per la donna che diceva di amare. Secondo voi, uno che ha uc*so senza pietà, può mai averlo fatto? La risposta è certamente negativa. Perché se li avesse seguiti avrebbe dovuto confrontarsi con il crimine commesso, con il dolore che ha provocato per dare sfogo ad un capriccio sanguinario. E vi prego. Non fatevi ingannare dalle lacrime versate durante l’interrogatorio, dalle frasi come “cosa mi è scattato in testa”. Perché quelle lacrime non hanno niente a che vedere con quelle che hanno inondato la basilica né quelle che hanno rigato il volto di tutti noi di fronte all’ultimo viaggio di Giulia.
Oggi è la sua giornata e non è giusto che il suo ricordo venga eclissato da chi si è posto da protagonista sulla sinistra scena. Ma è bene prendere atto che le lacrime versate da Turetta altro non sono che lacrime di coccodrillo. Lacrime versate da chi ora si confronta con la dura realtà. Che non è quella della perdita. Ma quella della consapevolezza che rischia il fine pena mai. Ed è giuridicamente anche quello che si merita. Non si tratta di invocare la legge del taglione, certamente io non posso farlo da tecnico. Si tratta solamente chiedere allo Stato che faccia lo Stato. Affinché la vita di Giulia non sia stata sacrificata perché tutto resti come prima. E allora il quadro sarà forse completo. Turetta, ripeto, ha parlato di un qualcosa che gli sarebbe scattato in testa. Non esiste nessun blackout mentale o cortocircuito della ragione che possa durare un lasso temporale così ampio. Un’agonia durata mezzora ed una scena del crimine itinerante. Filippo non ha avuto pietà di Giulia quando dopo la prima aggressione a poche centinaia di metri da casa sua l’ha caricata in macchina per trasportarla verso la morte nella zona industriale di Fossò. Giulia aveva ventidue anni, avrebbe dovuto laurearsi e festeggiare con il calore delle persone che oggi erano a piangerla al suo funerale. E allora, cari miei, non si tratta solamente di onda emotiva o di pornografia del dolore. Si tratta di capire l’irrilevanza di spendere a livello mediatico il ruolo del nuovo compagno di cella dell’assassino chiamandolo angelo custode. Un assassino che nel frattempo si sta adattando alla nuova vita e prende dalla biblioteca del penitenziariolibri. Tra cui un giallo di Agatha Christie. Scelta a dir poco discutibile. Un poco più che ventenne che dice ai genitori “grazie adesso non sono più solo” perché lo sono andati a trovare in carcere. Un assassino che non si scompone e non mostra alcun segno di pentimento. Perché quando questo si verifica, ed è autentico, induce la persona che lo sperimenta a non risparmiarsi sui dettagli del gesto. Turetta, invece, non ha fatto altro che suggerire implicitamente la volontà di sottrarsi all’ergastolo. Anni di battaglie anche giudiziarie in tema di violenza di genere ci hanno dimostrato che il sistema ha fallito. Sotto ogni punto di vista. Giulia non poteva immaginare che quello che una volta era il suo fidanzatino avrebbe potuto massacrarla a colpi di coltello. Per giunta, all’alba della tanto sudata laurea. E allora, affinché questo non si ripeta e non passino narrazioni pericolose in termini emulativi, non resta che credere nel rumore di Giulia Cecchettin. Giulia è morta perché donna. Perché aveva scelto di essere libera, viva, desiderante e capace. Ciò che Filippo Turetta non era e non potrà mai essere. Non una di meno. Ciao Giulia, non verrai mai dimenticata.