“Si sapeva da sempre che il ponte [Morandi] aveva un problema di progettazione. Quando abbiamo comprato la società Autostrade abbiamo detto che ci stava bene così come stava. Siccome lo sapevamo che c’era quella cosa ed è stata ampiamente discussa e presentata in molte occasioni, bisognava semplicemente, come nostra responsabilità, dire: «Ragazzi, rifacciamo ’sto ponte»”: a parlare è Gianni Mion, amministratore delegato di Edizione, la società “cassaforte di famiglia” tramite la quale i Benetton controllano Atlantia, la holding che all’epoca aveva la maggioranza in Autostrade per l’Italia. Siamo a inizio 2020, un anno e mezzo dopo il crollo del ponte di Genova e poco dopo il crollo sulla A26 di una parte della volta della galleria Bertè. Mion, intercettato, parla con l’avvocato Sergio Erede, uno dei consulenti legali del gruppo. Una conversazione di cui il Fatto quotidiano ha pubblicato l’audio (qui sotto un estratto, quello completo è sul sito del giornale diretto da Marco Travaglio).
“Lo sapevamo?”, domanda apparentemente stupito Erede.
“Sì, certo, lo sapevamo – replica Mion, che durante il processo ha ricostruito in aula alcuni degli eventi relativi a questo dialogo – Lo sapevamo, certo. È stata fatta una riunione, una induction, in cui c’erano tutti i consiglieri d’amministrazione di Atlantia, gli amministratori delegati, il direttore generale, il management, e loro hanno spiegato che quel ponte lì aveva una difficoltà di progettazione, una peculiarità di progettazione che lo rendeva molto complicato. Ti dico anche che negli anni Sessanta tutti gli ingegneri, tutti quelli che insegnavano scienze delle costruzioni portavano questo esempio di questo ponte Morandi come molto originale ma molto problematico. Allora quando io ho chiesto all’ingegner Castellucci (ex ad di Atlantia e della sua controllata Autostrade per l’Italia, ndr) e ai suoi dirigenti, fra cui l’ingegner Mollo, direttore generale, chi è che certifica la stabilità di ’sto ponte e l’agibilità di ’sto ponte, mi è stato detto «Ce lo autocertifichiamo». Mi son spiegato?”.
Seguono giudizi non teneri sulla famiglia: “Allora adesso loro hanno individuato, giustamente, l’inettitudine della famiglia Benetton, ok. Però la famiglia Benetton nella sua stupidità può anche dire: sì, io mi sono fidata di Castellucci, di Tomasi e di quant’altro, però mi son fidato anche dei controlli che dovevano esserci. Siccome stiamo parlando di una rete vecchissima, che ha mediamente più di sessant’anni, praticamente è da rifare tutto”.