Questa è la cronaca di una giornata di lutto dove ho rischiato che, oltre a quello di Silvio Berlusconi, si celebrasse anche il mio funerale. Perché dopo aver sentito i soliti nemici del Cavaliere applicare i medesimi schemi di quando era in vita, i contestatori in piazza senza argomenti se non l’odio a prescindere, ma nello stesso tempo aver partecipato al dolore della famiglia e aver constatato l’amore di così tanta gente per lui in Piazza Duomo, non ho retto e sono svenuta. E chi poteva salvarmi, se non un berlusconiano? Ma partiamo dal principio. Dopo la morte di Silvio Berlusconi, infatti, viene da chiedersi se è possibile fare opposizione anche a una salma, a una persona appena deceduta, e la risposta a quanto pare è un tristissimo sì. Per il Cavaliere ieri, nel giorno dei suoi funerali che si sono svolti in Duomo a Milano, è stato dichiarato "lutto nazionale", con le bandiere italiane a mezz’asta, ma evidentemente questo non è andato giù a chi di argomenti da portare avanti ne ha ben pochi. Sono stati i soliti volti più o meno noti a indignarsi per il trattamento che è stato riservato al Presidente, tra cui Rosy Bindi che dice “contesto la santificazione che se ne sta facendo, così come la scelta di indire una giornata di lutto nazionale”. Sarà ancora offesa per la battuta che Silvio le rivolse? “Più bella che intelligente”. Non era certo fra le più eleganti, ma anche verso di lui non è che la sinistra fu molto più tenera. Sempre Bindi non si esime dal rievocare il ricordo del caso Ruby, come se per qualunque italiano fosse possibile dimenticarsene, tanto forte è stato il clamore mediatico che ha accompagnato uno degli interminabili processi che il Cavaliere ha subito in trent’anni. Diametralmente opposto l’atteggiamento del segretario del Pd, Elly Schlein, che invece si è unita al dolore che prova di certo un parte del Paese per la scomparsa di un uomo che, nel bene e nel male, ha scritto pagine importanti della politica italiana, dell’imprenditoria e della televisione, tanto da farlo ritenere, da molti, uno statista. Non serviva essere berlusconiani, sarebbe bastato avere quel minimo di buon senso che non ha avuto chi chiama Marta Fascina “l’ultima badante” di Berlusconi, o chi come Valentina Ferragni mette like a un post della pagina Instagram “apriteilcervello” con scritto “Lutto nazionale. Non in mio nome”, anche se Valentina non credo si sia rifiutata dall’andare a Mediaset quando le faceva comodo. Spicca poi Tomaso Montanari, il rettore dell’Università per stranieri di Siena, che ha deciso di non esporre la bandiera a mezz’asta dicendo che “è vero che Berlusconi ha segnato la storia, ma lo ha fatto lasciando il mondo e l'Italia assai peggiori di come li aveva trovati”. Suggerisco a Montanari, e se vuole lo accompagno, di fare un giro per i corridoi di Mediaset, di andare a chiedere ai dipendenti, dai vertici a colui che fa le pulizie, che tipo di azienda sia, quanti posti di lavoro dalla sua fondazione a oggi ha generato, passando poi per il Milan, per i suoi dipendenti e i tifosi, a Milano 2 a parlare con chi ci lavora e ci abita, fino ai tanti elettori come mai hanno voluto, dopo anni di governi di centrosinistra, un governo che aveva nella coalizione anche questo “grande male” chiamato Silvio Berlusconi.
Per questo non riesco a scorgere un barlume di senso nell’opporsi, pur avendone il diritto e le facoltà, alla celebrazione, indiscutibilmente e giustamente forte, che è stata dedicata al Cavaliere. Ma non sono soltanto loro a stonare, sono anche personaggi che erano oramai scomparsi dallo scenario pubblico che si ritrovano a raccontare di “quella volta in cui ho parlato con Berlusconi”. Ritengo che, ancor più che da vivo, Silvio stia dando nuovamente lavoro e visibilità a chi era mediaticamente scomparso, che ci siano persone che si stanno riempendo la bocca di aneddoti e frasi che lui non è in grado di smentire. Ne possono parlare Feltri, Sallusti, Minzolini, Del Debbio, Porro, Ruggeri, giornalisti che lo seguono da una vita, che gli devono tanto e che altrettanto grati gli sono sempre stati pubblicamente. Politicamente i leader della coalizione Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono espressi in modo provato e commosso, come del resto l’amico di una vita Fedele Confalonieri, come Matteo Renzi, non sicuramente un suo alleato, ma un uomo e politico di una lucidità mentale, capacità di analisi e dialettica impressionanti, che incantano e ammaliano. C’è stato Casini, che non ha fatto la bella statuina, ma ha argomentato. Nessuno ha santificato Berlusconi, ma lo hanno descritto per le geniali caratteristiche che aveva, menzionandone anche errori e limiti, perché non avevano bisogno di farsi belli, hanno solo mostrato onestà intellettuale, coerenza e riconoscenza politica a chi di strada ne ha fatta. Mi auguro che la morte di Berlusconi, uomo di cui si parlerà per generazioni, non diventi ulteriormente l’occasione per una passerella e per una corsa a chi di lui ha solo aneddoti da narrare. Forse sono più le persone che sono state ad Arcore che quelle che non ci hanno mai messo piede, per cui mi auguro che lo ricordino solo coloro i quali sono stati realmente accanto al Cavaliere. La morte non dovrebbe essere quindi né il momento delle polemiche, da cui per esempio il Fatto Quotidiano con la sua prima pagina dell’altro giorno proprio non ce l’ha fatta ad esimersi, né della vanagloria di ego smisurati. La morte merita il giusto rispetto, e chi crede sia sterile moralismo, ha un concetto di etica ben lontano dai principi non solo cristiani ma di una comunità che dovrebbe condividere certi sani valori.
E così, ieri sono stata al funerale del Dottore (come amava essere chiamato, piuttosto che Cavaliere) e ho seguito in diretta la celebrazione della Santa Messa, la cui predica è stata perfetta, impeccabile al di là delle sterlili polemiche, in cui è stato descritto Berlusconi per quello che era, per come lo ricordiamo, sotto ogni sfaccettatura. In prima fila sedevano ovviamente i familiari, entrando in Chiesa nella prima fila a destra potevamo scorgere il volto della “moglie” Marta Fascina, su cui molti hanno ironizzato perché non ha pianto (abbastanza), come se le lacrime possano essere la misura di un dolore, quando si sono forse dimenticati di scrivere che il suo sguardo è stato per tutta la celebrazione fisso verso il feretro. È in quel momento che ho percepito il primo senso di smarrimento, di vuoto, di incredulità difronte a un evento che prima o poi sarebbe dovuto arrivare. La Fascina, donna riservata da sempre, a quanto dice chi la conosce bene, ha scelto uno stile sobrio, mani senza smalto, capelli raccolti, un filo di trucco, nessun gesto fuori posto, come del resto anche tutta la famiglia, che nella loro consueta unione e classe innegabile ha ringraziato tutti i presenti.
La Toffanin e la De Filippi erano sedute accanto, entrambe visibilmente scosse, entrambe volti più che di punta di Mediaset, oltre che legate, chi per un motivo e chi per un altro, alla figura di Silvio. Tra la folla si percepiva sgomento, molte le persone commosse, che piangevano come se quel momento non fosse mai dovuto arrivare. C’era la Curva Sud del Milan, erano tanti, ma non tutti “perché era un giorno lavorativo e non potevano permettersi di staccare”. Durante il funerale non sono mancati i battibecchi tra alcune persone, un gruppetto di ignoranti ha urlato qualcosa contro Berlusconi e i suoi sostenitori hanno iniziato a inveire contro di loro: “Sparate a queste mer*e”, “un colpo in bocca si meritano”. Perché non rispettare nemmeno da morto un uomo penso sia la più grande bassezza a cui purtroppo dobbiamo assistere. Ho anche incontrato una signora sulla cinquantina con un cartello con scritto “io non sono in lutto” e le ho chiesto che cosa fosse venuta a fare e per lei “era il modo migliore per esprimere il mio dissenso in modo rispettoso al feretro”, ma quando le ho fatto notare che non c’è nulla di rispettoso nel venire a un funerale, simbolo appunto del lutto, dicendo di non esserlo, non ha saputo rispondere altro se non “siccome è un evento pubblico sono venuta in Piazza Duomo”. C’è stato un altro giovane ragazzo che lo ha definito “vomitevole”, che gli ha comunque dedicato più di un’ora del suo tempo “per venire a vedere questa pagliacciata”. Ecco alcune delle eccezioni di persone, a cui poi chiedi di argomentare, quando li incalzi con domande sempre più fitte, e finiscono per balbettare o dire “non lo so”, perché in fondo non sanno cosa sia il rispetto. Sarebbero le stesse persone che per i propri cari, giustamente, pretenderebbero silenzio e non polemica. Ma a Silvio non verrà mai concesso nemmeno questo. In Piazza Duomo, nonostante il caldo, l’orario lavorativo, il Dottore è stato salutato tra i cori, tra chi urlava “c’è solo un presidente”, o chi lo ha amato e continuerà a farlo, tramite i suoi figli, tramite sua moglie, tramite tutto ciò che di tangibile ha lasciato.
È in quel momento, emozionata per l’addio a Silvio, partecipe al dolore della famiglia Berlusconi, di fronte a una folla sterminata in Piazza Duomo che era lì solo per lui, che ho iniziato a barcollare. Così, mentre parlavo con il berlusconiano Marco Macrì, ho cominciato a sentirmi male. Senza rendermene contro mi sono accasciata a terra e mentre lui, gentilmente, mi ha portato dell’acqua, forse pensando che la causa fosse il forte caldo, io gli rispondevo male sollecitandolo a chiamare i soccorsi. Che sono intervenuti subito, con Macrì che non mi ha abbandonato un attimo, nonostante tutto, salendo anche con me in ambulanza. Si è accertato fino all’ultimo che stessi bene, che avessi ripreso coscienza, è stato accanto a me durante la visita dei medici e poi mi ha obbligato ad andare a mangiare qualcosa, e così ho conosciuto un po’ della sua storia in un bar dietro Piazza San Babila. Anche questo marca la distanza tra un berlusconiano e tutti gli altri.