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Abbiamo visto le foto dell’autopsia di Chiara Poggi e vi raccontiamo cosa dimostrano (gli assassini sono almeno due) e cosa succederà tra qualche giorno... Il punto su Garlasco con un'intervista al medico legale Pasquale Bacco

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

  • Foto di: Ansa

19 settembre 2025

Abbiamo visto le foto dell’autopsia di Chiara Poggi e vi raccontiamo cosa dimostrano (gli assassini sono almeno due) e cosa succederà tra qualche giorno... Il punto su Garlasco con un'intervista al medico legale Pasquale Bacco
Garlasco è un'inchiesta serissima. Ma, innegabile, è anche un circo mediatico. Fatto di avvocati con il ciuffo, avvocati che fanno sogni strani, talk show, direttori che espongono il loro bel faccione. E ora che il circo è ripartito siamo andati dal medico legale Pasquale Bacco, il primo che ha datato l'ora della morte di Chiara alle 11. Che ci ha chiamati e ha detto: "Venite che vi faccio vedere le foto dell'autopsia. Perché queste foto parlano". NON LE MOSTRIAMO. Ma com'è che queste foto stanno girando? Cosa raccontano? Tante cose. Raccontano l'Italia, più che un delitto...

Foto di: Ansa

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

Negli ultimi mesi il delitto di Garlasco è tornato a riempire studi televisivi, dirette, analisi da salotto e tutte le vecchie certezze considerate “granitiche” sono state rimesse in discussione. E per farlo è bastata una notifica di garanzia, che ha riacceso un caso che sembrava definitivamente chiuso: Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello di Chiara, dopo anni di voci, sospetti e perizie ignorate è stato formalmente indagato per omicidio in concorso. E da lì, di nuovo: il solito ormai prevedibile copione. Talk show, opinionisti fissi, ospiti riciclati e ricostruzioni sempre uguali. Come se fosse un vecchio film mandato in replica, ma con qualche scena aggiunta giusto per tenere alto l’audience, che non si sa mai. E così il delitto di Garlasco è stato trasformato in un format, perché oltre a essere un'inchiesta serissima è anche un circo mediatico, dove appaiono avvocati col ciuffo, avvocati che fanno sogni strani, le Iene, presunti innocenti che diventano presunti colpevoli e colpevoli che forse sono innocenti. In questo circo mediatico siamo andati, con il nostro direttore Moreno Pisto, a intervistare Pasquale Bacco. Medico legale che ci ha chiamati e ha detto: "Venite che vi faccio vedere le foto dell'autopsia di Chiara. Perché queste foto parlano". E sì, noi le abbiamo viste, e scoperto quello che raccontano. Non ve le mostreremo, ma dalla chiacchierata con Bacco è emersa una "verità" diversa da quella scritta nella sentenza che nel 2015 ha condannato Alberto Stasi a sedici anni di reclusione. Non è solo questione di teoria. Bacco è stato il primo a sostenere che Chiara Poggi non fosse morta tra le 9:12 e le 9:35, come stabilito dalla Corte, ma alle 11. Una tesi che, se confermata, demolirebbe l’intero castello accusatorio costruito contro Stasi. Motivo? Perché alle 11 Alberto un alibi ce l’ha: era al computer, a lavorare alla sua tesi di laurea. Spostare in avanti l’orario della morte significa rimettere in discussione tutto: tempi, movente, dinamica. Vuol dire che quei venticinque minuti in cui Stasi avrebbe dovuto uccidere, ripulirsi, cambiarsi e tornare a casa potrebbero non essere mai esistiti. Bacco, durante l’intervista, ci ha parlato di una possibile verità che nessuno sembra voler ascoltare davvero: Chiara non sarebbe stata aggredita da una sola persona. Le mani potrebbero essere state almeno due. Una più insicura, l’altra chirurgica. Due violenze, una sopra l’altra. E una scena del crimine che, a guardarla bene, dice molto più di quanto è stato raccontato finora.

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E SE CHIARA POGGI FOSSE MORTA ALLE 11, E NON TRA LE 9:12 E LE 9:35 COME STABILITO DALLA SENTENZA CHE HA CONDANNATO ALBERTO STASI?

Sì, Bacco mette in discussione uno dei punti cruciali del delitto di Garlasco: l’orario della morte di Chiara Poggi. Lo fa con metodo, dati alla mano. E il risultato non sarebbe solo un’ipotesi, ma un ribaltamento totale delle basi su cui si è costruita l’intera accusa. Partendo dal presupposto che nessuno a quanto pare dovrebbe permettersi: fidarsi ciecamente delle versioni ufficiali: “Sbaglio a dare per scontato che la Procura abbia una base a sostegno di quello che dice. Quindi, quando giunge alla conclusione che Chiara è morta intorno alle 9:30, per me che non seguivo il caso, erano le 9:30.” Ma, a far sbagliare tutto fin da subito è, secondo Bacco, la prima perizia condotta da Ballardini. Quella che, almeno in teoria, avrebbe dovuto indicare la strada da intraprendere: “La prima indagine è qualcosa di assolutamente disdicevole: un medico legale che fa una perizia sommaria, superficiale e che dice tutto e il contrario di tutto.” Il problema, ci spiega, non è solo tecnico, ma anche di responsabilità professionale: “Il medico legale deve avere coraggio, perché indirizza le indagini. Ballardini fa una perizia in cui prende le posizioni più facili, chiunque ci si pone davanti trova la ragione, e questo non dovrebbe capitare.” Bacco punta il dito anche contro la gestione complessiva dell’inchiesta che, secondo lui, ha perso il controllo già nelle fasi iniziali: “La Procura arriva a una decisione senza neanche spiegarla, dopo due assoluzioni per il fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, che rappresentano una situazione più che particolare. E, davanti a dei dati che non tornano, insieme a Bacco siamo tornati all’unica cosa che conta: la scienza. “Quando mi trovo davanti al discorso sull’orario della morte di Chiara, apro semplicemente il libro di medicina.” Ed è lì che le incongruenze iniziano ad accumularsi. Non in modo vago, ma sistematico: “È chiaro che il caso di Garlasco sia dopato, che c’è stata tanta corruzione, tanto che a un certo punto si è deciso indipendentemente da chi sia il colpevole che doveva finire in quella maniera. Una cosa gravissima.” L’orario della morte, ci dice, sarebbe stato fissato senza basi solide. E, in medicina legale, ci sono tre parametri fondamentali per farlo. Il primo: la rigidità cadaverica: “Si forma dopo tre ore. Alle 14 arriva il medico del pronto soccorso e dice che non c’è rigidità. Quindi Chiara è morta da meno di tre ore. Quattordici meno tre fa undici.” Anche la seconda analisi fatta da Ballardini, suggerisce un’indicazione compatibile con questo orario: “Alle 17 si parla di una rigidità in una fase non propriamente avanzata.” Secondo parametro: le ipostasi. Un altro dato fisico, osservabile, oggettivo. “Anche le ipostasi si iniziano a formare dopo tre ore, e alle 14 sappiamo che non ci sono. Quindi anche il secondo elemento ci porta alle ore 11.” E, ancora una volta, Ballardini conferma indirettamente: “Alle 17 trova delle ipostasi mobili, il che significa che il sangue è ancora sciolto, più avanti diventa denso, si coagula e quindi si perde.” Il terzo e ultimo dato è forse il più semplice: la temperatura corporea: “La temperatura rettale del corpo umano è 37 gradi centigradi. Chiara alle 17 misurava 33 gradi, quindi aveva perso 4 gradi. Il nostro corpo perde mezzo grado nelle prime quattro ore e dopo perde un grado all’ora. Quindi dalle 17 per perdere quattro gradi ci ha messo sei ore. Diciassette meno sei fa undici.” Tre indizi, tre conferme. E un’unica possibile conclusione. “Se la triade ci porta alle 11, Chiara è morta alle 11”. E, se Bacco ha ragione, l’intero impianto accusatorio contro Alberto Stasi si reggerebbe su un orario sbagliato. E se cambia l’orario, cambia tutto, perché Stasi per le 11 ha un alibi, il che significa che non avrebbe ucciso lui Chiara.

LE MANI CHE HANNO UCCISO CHIARA POGGI APPARTENGONO A PIU’ DI UNA PERSONA?

È una delle domande più inquietanti, e anche una di quelle meno approfondite nel processo che ha portato alla condanna di Stasi. Invece Pasquale Bacco va oltre. Ci parla di torture. Di precisione. E di più persone presenti sulla scena. L’errore di fondo è sempre lo stesso: una perizia debole, che sceglie di non vedere l’evidenza: “Ballardini mostra coraggio zero. Segnala solamente i due tagli sulle palpebre, quando un medico legale sa benissimo che sono sevizie.” Due tagli sottili, simmetrici. Un dettaglio che non può essere casuale: “Non è possibile che ci sia stato un corpo che abbia lesionato simmetricamente, in maniera più o meno simile, le palpebre in modo così sottile e vicino agli occhi.” Secondo Bacco, quei gesti non sono solo violenti: sono chirurgici. E il dolore non è solo fisico: “Questo tipo di lesioni devono far paura, oltre al dolore ci deve essere anche il dolore psicologico che in quei casi è addirittura superiore.” Chi ha colpito, ci dice, sapeva esattamente cosa stava facendo: “La mano che ha fatto quei tagli è assolutamente esperta, non era la prima volta che lavorava con un piccolo bisturi o qualcosa di simile sulla pelle umana.” E Chiara era viva mentre tutto questo accadeva: “Come farlo su una persona che non è morta? Stordendola.” Per capire quanto fosse vulnerabile, per Bacco basta osservare il suo fisico: “Era bassina, sulla sessantina di chili più o meno, parliamo di una ragazza che non aveva una corporatura imponente”. Poi ipotizza una dinamica diversa da quella processuale. Non un’aggressione improvvisa, ma un’escalation: “Chiara probabilmente riceve un primo colpo dato in modo accidentale, non volutamente così forte, che la stordisce da un punto di vista fisico ma non psicologico.” La sua lucidità potrebbe essere rimasta, almeno all’inizio. E la violenza, a quel punto, diventa un messaggio: “È capace di interloquire cerebralmente con le persone che ha difronte. È probabile che quello che si voleva raggiungere era uno scopo interrogatorio, anche punitivo.” Non sono solo ipotesi: per Bacco è un copione che si ripete: “Ci basiamo su quello che vediamo ogni giorno, purtroppo, perché casi come quello di Garlasco ce ne sono tantissimi.” Chiara non si aspettava di morire: “Forse non pensava che volessero ucciderla, perché i colpi veri, li subisce alla fine. Viene martoriata.” All’inizio sarebbe stata colpita anche a mani nude. E c’è un dettaglio che è impossibile ignorare: “Riusciamo a vedere sul viso di Chiara anche delle lesioni di diversi palmi della mano.” Con le tecnologie di oggi, ci dice, i margini per dire molto di più ci sono. Anche sul numero degli aggressori: “Abbiamo tecniche che ci permettono, con una semplicità incredibile, di capire che c’erano diverse persone.” E qui arriva il punto che cambia tutto: “Almeno due, una mano un po’ più esile e una mano un po’ più imponente.” La scena del delitto, quindi, potrebbe essere stata più affollata di quanto ci sia mai stato raccontato. E forse, anche molto più organizzata.

LA CAUSA DELLA MORTE

Bacco non lascia margini di ambiguità sulla causa della morte di Chiara Poggi: arresto cardiocircolatorio a seguito di un gravissimo trauma cranico. Ma c’è un dettaglio che, se confermato, potrebbe cambiare l’intera lettura temporale dell’aggressione. Il trauma subito da Chiara è devastante. Non solo esternamente: “Chiara muore per un arresto cardiocircolatorio, monitorato a livello cerebrale. Ha uno sfondamento del cranio, tant’è vero che buona parte della materia cerebrale la troviamo al di fuori.” Il danno è tale da bloccare i centri che regolano le funzioni vitali. Il cuore si ferma: “Si altera completamente quella che è la capacità di gestione.” Ma la dinamica potrebbe essere più complessa di così. Bacco ci parla di un fenomeno che in medicina ha un nome ben preciso: ibernazione cardiaca. “Proprio perché sul corpo, oltre alla testa non ha delle lesioni importanti, a livello cardiaco potrebbe essere successo che il cuore sia andato incontro ad un fenomeno di stordimento e ibernazione.” Un’ultima difesa dell’organismo, prima del collasso totale: “Succede quando il corpo si rende conto che sta morendo, allora tende a rallentare la sua attività, per creare meno danni al corpo nella speranza che le condizioni possano migliorare.” E qui entrerebbe in gioco un dettaglio fisico: la caduta dalle scale. “Può darsi che il contraccolpo subito dopo che il suo corpo è stato scaraventato sulle scale possa aver riavviato il battito cardiaco.” Se così fosse, il tempo della morte non coinciderebbe con il tempo dell’aggressione. E quei minuti diventano fondamentali: “Questo potrebbe portarci indietro non all’ora della morte, ma all’ora dell’aggressione. Quei 30 minuti li dobbiamo valutare.” Il cuore di Chiara potrebbe essersi fermato due volte. Una per la violenza subita. L’altra per sempre.

C’E’ STATA UNA CORRUZIONE MORALE NELLA GESTIONE DELLE INDAGINI?

Secondo Pasquale Bacco, sì. Non necessariamente una corruzione penale, ma una deviazione profonda dalla deontologia e dai protocolli. Una condotta che ha influenzato in modo diretto la condanna di Alberto Stasi, con omissioni che per lui non possono essere considerate semplici errori. Bacco non ci gira intorno: il modo in cui si è arrivati alla condanna, non regge: “Sì, perché non doveva essere chiusa in quella maniera. La condanna non trova riscontro nella realtà. È un dato di fatto.” E ci porta un esempio personale di cosa significhi violare i protocolli in medicina legale: “Qualche settimana fa un magistrato mi ha detto che se non avessi pesato il cadavere, non essendoci la bilancia, ma avessi comunque fatto la relazione ‘ti avrei preso a calci in culo e segnalato all’ordine’.” Nel caso Poggi, però, la bilancia non c’era. E nessuno a quanto pare si è preoccupato di chiederla: “Quindi non c’è la bilancia, non la si chiede, non la si fa arrivare. Gli errori non esistono sul posto, se ho dei protocolli non posso decidere io cosa fare.” Fare un’autopsia non è un atto creativo. È un procedimento scientifico. E va completato in ogni sua parte: “Quando faccio un’autopsia non decido io se aprire lo stomaco o non aprirlo, devo fare tutto. Devo svuotare il cadavere, devo sezionare tutti gli organi, devo vedere cosa c’è nello stomaco.” Nel caso di Chiara, invece, secondo Bacco, si sarebbe fatto l’opposto: ovvero scelto di non guardare. “Se ritengo che qualcosa mi indirizza a fare qualcosa in più la faccio, invece lì si è fatto il contrario.” E allora la parola “errore” non basta più: “Gli errori non sono errori, sono volontà. Possono essere fatti in buona fede, però quando ci sono degli errori non si supera l’oltre ogni ragionevole dubbio.” Ma non finisce qui. Perché per Bacco, c’è anche un altro dato ignorato: la differenza di mani e di forze nei colpi inferti a Chiara. “Ha certamente delle lesioni di mani diverse, ma anche nella forza. Viene colpita in alcune parti con una violenza terribile.” E questo, ci spiega, non è compatibile con un solo aggressore. Soprattutto per la natura dei colpi che le hanno sfondato il cranio: “Non è facile farlo, bisogna fratturare le ossa, ci sono i muscoli, ci sono le cartilagini. I colpi sono stati ripetuti e soprattutto non dalle stesse mani.” Una sola mano, con quella forza, avrebbe distrutto anche il volto. Ma il viso di Chiara non presenta fratture compatibili: “Se la mano che ha sfondato il cranio avesse colpito il viso probabilmente avrebbe creato delle fratture mascellari che lei non ha.” Per Bacco, quella che viene definita una ricostruzione ufficiale, è in realtà una verità selettiva. Dove ciò che manca, pesa quanto ciò che c’è.

Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l'omicidio della fidanzata Chiara
Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l'omicidio della fidanzata Chiara

CHI POTREBBE ESSERE L’AUTORE DELLE LESIONI SUL VOLTO DI CHIARA?

Certezze? Pasquale Bacco formula ipotesi su una figura finora a lungo poco considerata, e su un meccanismo di alibi che solleva più di un sospetto. La mano capace di quelle lesioni precise e dolorose, ci dice, è quella di un sadico. E chi lo è tra gli indagati? “Nel racconto che viene fatto di Andrea Sempio, amico di Marco fratello di Chiara, lo si dipinge come un soggetto che aveva una certa tendenza e un certo piacere a un certo tipo di provocazioni e azioni.” Un profilo che si potrebbe definire “inquietante” e che forse escluderebbe Stasi, almeno per i tempi: “Anche se Alberto potesse aver avuto quell'attenzione, con i tempi non ci siamo.” Per Bacco, il caso Poggi avrebbe potuto essere già risolto se solo fosse stato affrontato con rigore e senza altri interessi: “Sappiamo benissimo che ci sono degli ambiti di corruzione, degli interessi che a volte vanno ben oltre la giustizia. Non credo tanto nel condannare una persona che potrebbe poi alla fine rivelarsi innocente, quanto nel salvare qualcuno che probabilmente non doveva essere inserito.” Secondo lui alcune piste sono rimaste fuori dalle indagini. Poi un punto emblematico: l’alibi di Andrea Sempio, basato su uno scontrino senza riferimenti precisi, ma accettato senza un approfondimento concreto: “Non ho mai visto togliere dal registro degli indagati una persona perché presenta uno scontrino senza una targa, senza un nome. Il problema non è se lo scontrino sia vero o falso. Il problema è che viene concesso come alibi.” Le ombre sulle indagini si allungano sempre di più, e la mano che ha torturato Chiara resta un mistero avvolto nel silenzio.

LA DINAMICA DEL DELITTO

E se si fosse trattato di un avvertimento finito in tragedia? Pasquale Bacco scava a fondo nella vicenda e ci propone una lettura della morte di Chiara Poggi che sfugge alle narrazioni ufficiali. Non un’esecuzione pianificata, ma una degenerazione incontrollata. Dietro l’aggressione potrebbe esserci un gruppo, non estranei alla famiglia o alla cerchia ristretta: “Forse gli assassini non volevano arrivare a quello a cui poi si è arrivati. Probabilmente è degenerato tutto. Si voleva avvisare Chiara, fare in modo che lei non facesse qualcosa.” E questo gruppo, spiega Bacco, è ben definito: “Il gruppo è quello. Non penso a persone estranee.” Su Alberto Stasi Bacco è netto: la condanna è stata troppo affrettata, quasi un colpevole perfetto costruito a tavolino per chiudere il caso. “La condanna di Alberto mi sembra proprio superficiale. Per i tempi e per come avviene l’omicidio, credo che Stasi sia stato ingannato proprio dalle due assoluzioni.” Un paradosso che apre spiragli diversi sull’intera vicenda: “Se anche gli fosse stato promesso qualcosa, le due assoluzioni in qualche modo confermano l'aiuto. Se uno vuole mettere tutto a tacere questo è un caso in cui non ci sono le prove, possiamo pensare che sia stata quella persona ma non la condanniamo.” Una dinamica che si smonta, tra ipotesi di avvertimenti e mancanza di certezze. Il colpevole perfetto resta un’ombra sullo sfondo.

La scena del delitto nella villetta di Garlasco dove Chiara abitava con la famiglia
La scena del delitto nella villetta di Garlasco dove Chiara abitava con la famiglia Ansa

FESTINI A GARLASCO E LA POSSIBILITA’ DI UNA VIOLENZA SESSUALE NELL’ATTO DELL’OMICIDIO?

Rotto il velo di ipocrisia sociale che circonda il caso Chiara Poggi, Bacco ci spiega come la società che idealizziamo sia solo una facciata, un fragile castello di percezioni sbagliate: “La famiglia, i figli, l'amore della mamma per i figli. Sono tutti dogmi su cui noi costruiamo la nostra società. In realtà l'uomo è molto più perverso, molto più complesso, molto più difficile da inquadrare.” La realtà nascosta stando al suo racconto sarebbe fatta di pedofilia, sesso deviato, promiscuità, e tutto questo sarebbe molto più comune di quanto si immagini: “Questa oggi è la nostra società. Soprattutto quando ci avviciniamo a delle forme di religione, elementi vicini alla chiesa che iniziano ad entrare in questi giochi di piacere.” Garlasco non è un’eccezione, ma uno specchio dell’Italia intera: “A Garlasco era così forse un po’ più delle altre zone, però dovunque ci avviciniamo troviamo degli strascichi di natura sessuale.” Bacco ci racconta anche di comunità chiuse, piccoli mondi segreti dove si celano ricatti, interessi e forse persino la massoneria: “Queste comunità sessuali le disfi e le ricrei in un attimo, allora erano il frutto di tutta una serie di passaparola dove ci potevano essere pure degli elementi di alta massoneria.” La vicenda è molto più complicata di un semplice omicidio passionale: “Per chi indaga o è stato Stasi, impazzito perché magari aveva scoperto che Chiara lo tradiva o qualsiasi sia altro motivo, e in venticinque minuti ha fatto tutto tipo Superman. Oppure c'è tutt'altro.” Bacco sottolinea che la lunga durata delle indagini fa pensare a qualcosa di più ampio: “Anche le indagini hanno dei tempi, quindi, se sta andando avanti da tanto, per me è dovuto ad altro.” E infine, una domanda che pesa come un macigno: “Siamo davvero sicuri che si sta indagando solo su chi ha ucciso Chiara? Oppure durante questa indagine sono usciti dei filoni collaterali su altri tipi di reato che si stanno approfondendo?” Per Bacco, è possibile che la Procura sappia molto di più di quanto riveli: “Noi siamo sicuri che la Procura a un certo punto si alzi e dica ‘abbiamo scoperto chi è l'assassino di Chiara’, oppure ‘guardate che noi l'assassino di Chiara l'avevamo capito già un anno fa chi fosse, però mentre indagavamo sono usciti altri tipi di reati, estorsioni, riciclaggio’.” Dietro la tragedia di Chiara Poggi potrebbe nascondersi un groviglio di segreti e sospetti che la giustizia sembra ancora lontana dallo sciogliere.

COSA C’ENTRA IL RICICLAGGIO CON L’OMICIDIO DI CHIARA?

C’è un intreccio nascosto? Pasquale Bacco apre un nuovo filone, collegando l’omicidio di Chiara Poggi a reti oscure di riciclaggio e corruzione. E mentre ce lo racconta salta la corrente. Lo interpretiamo quasi come un avviso a non andare troppo affondo. Ma noi andiamo avanti, in un mondo in cui la giustizia si muove tra indagini incrociate e strategie che sfuggono ai più. Ci racconta di due esperienze dirette, di inchieste che scavano molto più a fondo di quanto sembri all’esterno: “Su altre indagini sembrerebbe che alcuni studi si occupavano dell'antiriciclaggio in Calabria, molte ditte sono di Gioia Tauro. Potrebbe essere che si inizia a indagare su una cosa e poi escono altre realtà.” L’idea è che dietro all’apparente caso di omicidio si celino trame più ampie: “Ho partecipato in prima persona a indagini della Procura sull’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza sulla corruzione, ed ero microfonato.” Bacco ci spiega anche come funziona il gioco delle indagini, dove spesso le persone più importanti restano fuori dai riflettori: “La maggior parte delle persone dove venivo mandato a fare registrazioni non erano indagate. Quindi di solito gli obiettivi, se vuoi vedere se parlano tra di loro, non si indagano.” Una dinamica che può sembrare paradossale, ma che risponde a logiche precise: “Poi nessuno verrà a dire ‘sì facciamo così sistematicamente’, ma funziona così. Per i non addetti ai lavori può sembrare qualcosa di anomalo, ma in realtà sappiamo che è così.” Dietro il caso di Chiara Poggi, allora, potrebbe non intravedersi solo un omicidio, ma un intrigo di corruzione e indagini parallele che forse spiegano la lentezza e i silenzi.

Chiara Poggi
Chiara Poggi

IL RUOLO DI ANDREA SEMPIO

Bacco apre il sipario su Andrea Sempio, attualmente indagato per omicidio in concorso, raccontando di un monitoraggio che durerebbe da più di un anno e mezzo: “Ragionando con persone che fanno parte di questo mondo, loro lo definiscono un bugiardo seriale. Non si trova nulla di quello che dice. Bugiardo con accenni sadici. Non è che necessariamente sia un reato, una persona può anche essere sadica, l'importante è l'uso che se ne fa.” Ma chiunque resta innocente finché non c’è prova del contrario: “Posso avere una tendenza a commettere omicidi, ma fin quando non li commetto, sono una persona assolutamente libera e innocente.” Eppure, secondo Bacco, l’indagine si concentra ora su di lui, con il suo avvocato Massimo Lovati che si muove su un terreno rischioso: “Mi sembra abbastanza chiaro che in questo momento l'obiettivo è Sempio. Lo sa lui e lo sa perfettamente il suo avvocato che continua a giocare con quello che in Italia non è un reato, perché se lui dicesse chiaramente alcune cose forse potrebbe essere chiamato a dire chi è che gliele dice. Un comportamento atto non tanto a modificare o controbattere quello che viene detto, ma a ridicolizzare l'indagine.” Come quando si sviliscono i fatti con mezze battute e distrazioni: “La foto a dorso nudo con il Fruttolo (riferimento alla colazione fatta da Chiara prima di essere uccisa ndr) e tutte queste cose che ha ‘sognato’, non tendono ad entrare nel merito, ma a sminuire il lavoro che si sta facendo.” Ma l’errore è proprio sotto gli occhi: “È solo un errore quello che Lovati sta facendo, quello di non conoscere bene chi sono gli attori di questa indagine, persone molto decise, a differenza di tanti altri giudici molto meno affascinati e attratti dalla mediaticità.” Un gioco di potere e strategia, con Bacco che ci mette in guardia dal sottovalutare la forza di chi indaga.

LE FOTO DELL’AUTOPSIA

Foto mai mostrate prima. Immagini che parlano da sole. E che, ci dice Bacco, pongono dubbi pesanti sulla ricostruzione ufficiale di quanto accaduto il 13 agosto 2007: “Come le ho avute? Sono foto che girano, è chiaro che facendo questo mestiere si hanno. Come escono i documenti escono anche le foto.” Ma perché non sono mai uscite prima? “C’è sempre stata una sorta di tutela. La foto del volto ci dà delle indicazioni ben precise, e quindi probabilmente molti si sarebbero fatti delle domande.” Secondo Bacco, proprio quelle immagini, mostrano che gli assassini si sono concentrati sul volto, e che non tutti i colpi sono stati dati con la stessa intensità: “A livello del collo c’è una piccolissima lesione, che ci fa capire che è fatta da una mano molto debole. Così come a livello degli zigomi. Questo perché c'è una reazione infiammatoria sottostante che è molto limitata. Quindi vuol dire che il colpo si è limitato alla parte superficiale dei tessuti.” Non solo: anche il naso e gli occhi sono stati colpiti con precisione. Non è qualcosa di accidentale. Non è improvvisazione: “Sul naso sicuramente ci sono stati dei traumi, è stato colpito superficialmente, così come gli occhi. Dove si nota proprio la simmetria delle dimensioni, sulla parte terminale delle palpebre.” Lesioni segnalate dal medico legale, Ballardini, dopo l’autopsia ma solo in modo freddo e tecnico. Senza attribuire loro il giusto peso: “Le nomina solo. Segnala che c'è un colpo sullo zigomo, qualche trauma sul naso, e tra l'altro queste due piccole lesioni da taglio. Ma va da sé che in quel punto preciso noi abbiamo un'altissima vascolarizzazione. E va da sé che si chiamano zone protette, cioè quando non sono pianeggianti.” Non si tratta di colpi casuali. Dietro quelle lesioni c'è precisione: “Un lavoro preciso e di mano esperta. Il valore di queste foto sta nel fatto che dimostrano che le mani che l’hanno colpita sono almeno due.” E il tempo dell’aggressione sarebbe incompatibile con la versione ufficiale: “A differenza di come si pensa, non può essere accaduto tutto in così poco tempo, perché le lesioni si datano da sole. In alcune abbiamo dei processi edematosi, cioè c'è stato il tempo in vita, quindi con un cuore che batte, di creare una reazione infiammatoria a un livello importante. E poi ci sono delle lesioni finali che sono cosiddette poco vive perché hanno arrestato il battito cardiaco o l'hanno fortemente compromesso.”

Andrea Sempio, indagato per concorso in omicidio
Andrea Sempio, indagato per concorso in omicidio

È NORMALE CHE CI SIA COSÌ TANTA APPROSSIMAZIONE DURANTE LE AUTOPSIE?

Stando a quanto ci ha raccontato Pasquale Bacco l’approssimazione in fase di autopsia è più comune di quanto si pensi. Ed è un problema enorme: “Corruzione c'è stata o no questo chiaramente non possiamo dirlo, approssimazione assolutamente sì.” Bacco parte proprio da chi ha firmato la prima perizia: “La domanda che farei a Ballardini è: com'è possibile che alle lesioni sugli occhi non sia stata data una maggiore importanza?” Anche sulla questione dell’orario della morte, determinante per la condanna di Alberto Stasi, le versioni non coincidono. E a pagare è solo la verità: “Ballardini deve ragionare su questo, la Procura lo smentisce perché lui, e di questo bisogna dargliene atto, parla delle undici e la Procura sposta l’orario della morte un'ora e mezza prima.” C'è poi una domanda ancora più scomoda: com’è possibile che non si siano accorti che le mani che hanno colpito Chiara erano diverse? Due, secondo Bacco, le ipotesi possibili. E nessuna è “rassicurante”. “O l'ha considerato un caso abbastanza facile, un caso risolto, anche perché erano trascorsi due giorni e non c'era il clamore di oggi, oppure forse qualcuno gli ha fatto notare che era stata opera di una persona sola, e che la Procura aveva già individuato chi potesse essere l’assassino.” Le pressioni sugli specialisti ci sono. E non sono nemmeno troppo sottili: “Le pressioni le riceviamo noi medici legali, inutile negarlo. Come il carabiniere o l’inquirente che dice che si è innamorato dell'idea “secondo me è così, se scriviamo così forse è meglio”. Poi c'è chi te lo fa in maniera più chiara, chi invece in maniera meno chiara.” Il punto è che la verità, spesso, si perde nei meccanismi imperfetti della macchina giudiziaria. O peggio ancora, nelle sue distrazioni. “Questa cosa è gravissima. Ma fa parte di questo mondo, come di tutti i mondi. Quello che vorrei far capire alle persone è che a volte l'errore è molto più banale di quello che si possa pensare. Può anche capitare che chi sta indagando deve andare in vacanza con l'amante e la vuole chiudere subito.” L’illusione di una giustizia perfetta, incorruttibile e concentrata solo sulla verità, per Bacco è semplicemente un mito: “Noi viviamo sempre con l’idea di questa società fatta di grande moralità, di incorruzione, ma non è assolutamente così. Magari mentre sto leggendo la perizia del medico legale mio figlio che sta in America mi scrive qualcosa di importante, o l'amante mi manda una foto particolare.” Dietro ogni firma, ogni perizia, ogni indagine ci sono delle persone. Con i loro limiti. E con le loro paure: “Chi fa le indagini sono uomini. Non è che uno non ha pietà per i cadaveri, però entra nella routine. Poi bisogna dire che ci sono medici legali che sono molto più coraggiosi e altri molto di meno, perché a volte dalle nostre perizie si decide anche la condanna o meno di soggetti che possono far paura.”

CHE FINE HA FATTO IL TAMPONE DI CHIARA POGGI?

C’è un dettaglio che in un'indagine per omicidio non dovrebbe mai passare inosservato. E che invece, nel caso del delitto di Garlasco, sembra essere sparito nel nulla. “Io sono convinto che il tampone c'è. Chiedo a Ballardini dov'è il tampone che ha fatto in gola. Partiamo dal presupposto che in gola non ci metto la garza. Non esiste. Il tampone si fa col tampone. Che fine ha fatto? Non dico che l'ha nascosto lui. L'hanno perso?” Bacco non accusa, ma non fa nemmeno sconti. E pur definendo Ballardini “un bravissimo medico legale”, la distanza tra le due posizioni è netta. Soprattutto su un punto: le procedure. “Lui è un medico legale serio e ha fatto il tampone. Poi che ci siano le contaminazioni nelle camere autoptiche è la regola. Sono dei magazzini, molto spesso non ci sono le mattonelle o l'intonaco, il tavolo autoptico è a tre metri dal water, dentro c'è di tutto.” Quello che succede davvero nelle camere mortuarie? Altro che ambienti sterili. “Addirittura in alcune stanze autoptiche ci sono anche più tavoli, perché poi c'è il discorso che il cadavere non può essere inserito nel frigorifero, né può essere fatta l'autopsia se non passano almeno 24 ore, perché il cadavere tecnicamente si potrebbe risvegliare. Sembra una follia, però è così.” La contaminazione della garza usata come tampone è una scelta procedurale che non lo convince: “Il fatto che ci sia una contaminazione sulla garza ci sta, ma il tampone si fa con un tampone che poi viene messo in un liquido per essere conservato. Ma Ballardini non si era reso conto che quella garza, che tra l'altro non era neanche sterile, si fosse contaminata?” Se il tampone non è stato fatto nel modo giusto, o se è stato mal conservato, allora non è solo un errore tecnico: è una falla che può compromettere tutto. “Noi medici legali, proprio perché lavoriamo in camere autoptiche così strutturate dove raramente fanno le pulizie, sappiamo quali sono le procedure che dobbiamo seguire, e quali sono i momenti in cui dobbiamo stare estremamente attenti. E poi come è stata conservata questa garza? In un fazzolettino?”

La famiglia di Chiara al suo funerale
La famiglia di Chiara al suo funerale

L’OBIETTIVO DELLA NUOVA INDAGINE È IL DISCREDITO DELLA MAGISTRATURA?

“Credo che ci sia la volontà di porre rimedio a un errore. Una magistratura che, sì, processa sé stessa, ma che almeno in questo caso ha dimostrato di saperlo ammettere.” Ma Garlasco, ci avverte, non è un incidente isolato. È solo un sintomo di un sistema malato. “Ci sono falle evidenti nella giustizia italiana.” Il problema? Sta anche nei tecnici chiamati a giudicare. E nei meccanismi che li scelgono: “Soprattutto andrebbe rivista la nomina dei tecnici e dei periti.” Perché c’è un nodo che nessuno vuole sciogliere: il conflitto d’interessi. “Bisognerebbe eliminare quel conflitto che troppo spesso riguarda i consulenti tecnici d’ufficio.”

LA NOMINA DI CRISTINA CATTANEO

No, Pasquale Bacco non si nasconde dietro la diplomazia, e sul nuovo incarico affidato a Cristina Cattaneo alza un punto interrogativo che pesa. “Per l'ennesima volta è stata nominata la dottoressa Cattaneo. Non è strano che si nominino sempre gli stessi?” Riconosce le sue competenze, ma il punto non è la bravura. Il punto è il meccanismo. “La Cattaneo è bravissima, ma in Italia ce ne saranno altri mille più bravi di lei. La nomina è completamente a discrezione di chi indaga.” E qui la parte più delicata del sistema: la relazione tra chi indaga e chi deve fornire i dati su cui basare quelle indagini. “Quando diventi la lunga mano della giustizia, quello che devi essere capace di fare è non assecondare la mano. Quello è il problema.” Un corto circuito tra fiducia e indipendenza, che per Bacco rischia di diventare la regola. “Non è positivo che siano sempre gli stessi ad essere nominati, perché si crea quel rapporto che non si deve creare tra il magistrato e il medico legale, o il consulente.”

I CRIMINOLOGI HANNO UN RUOLO VERO?

Criminologi? Bacco ci mette subito in chiaro una distinzione fondamentale: “Queste figure tecnicamente non esistono, ho sentito Garofano definirsi biologo forense, ma lui sa benissimo che sono ruoli che fanno parte della difesa. È chiaro che se io vedo una persona tutti i giorni in televisione, in determinati casi posso dargli il mandato. Con il giudice collabora il medico legale e la genetica, per la valutazione di quelli che sono eventualmente tamponi oppure l'anatomia patologica.” Per Bacco, la realtà processuale si basa su figure ben definite e riconosciute, non su personaggi “creati” ad arte dai media. “Queste figure non sono previste nell'ambito di un elemento reale d'indagine, ma che si sono create come avvoltoi. Sarà anche concesso, ma deontologicamente non riesco a comprendere come sia possibile andare in una trasmissione televisiva, nel ruolo di consulente tecnico di parte, a discutere di quel caso.” Per lui, la distinzione tra consulenti tecnici e figure mediatiche è netta e imprescindibile. “O sei una cosa o sei l'altra. Anche per chi ti guarda è molto ingannevole come concetto, è indirizzare l'opinione pubblica verso una cosa dove io sono un consulente. Bisogna dire chi si difende.” Le figure costruite dai media, secondo Bacco, non hanno alcuna base scientifica e spesso creano confusione. “Da un punto di vista realmente scientifico hanno pochissimo valore.” E a volte l’egocentrismo prende il sopravvento, al punto da toccare confini surreali. “Va bene la criminologia, il problema è che a volte mi sono trovato in situazioni con la criminologa che mi voleva spiegare com'è strutturato il Dna. Io non mi permetterei mai di entrare nella testa di uno psicologo forense, ma c'è molta confusione e tanto egocentrismo.” Sarebbe importante separare i ruoli reali: “Chiariamolo, quelle sono figure televisive e non hanno un valore.”

I genitori di Chiara Poggi
I genitori di Chiara Poggi

COSA SUCCEDERÀ ORA NEL CASO DEL DELITTO DI GARLASCO?

Non ci sono dubbi sugli sviluppi attorno all’omicidio di Chiara Poggi secondo Bacco: “Certamente non ci sarà un'archiviazione e non ci deve essere un'archiviazione, perché dobbiamo credere nella giustizia. Quindi ci deve essere una sentenza chiara che spieghi precisamente tutto quello che non è stato fatto nella prima indagine. La gente ne ha diritto.” Il percorso giudiziario deve chiarire ogni dettaglio ancora oscuro. “In questo momento tutto fa pensare che ci sarà l'arresto di Andrea Sempio. Se fosse stato tutto così semplice l’indagine si sarebbe già chiusa.”

ALBERTO STASI, QUALORA DOVESSE VENIR FUORI LA SUA INNOCENZA, OTTERRÀ UN RISARCIMENTO?

Il tema del risarcimento per Alberto Stasi apre un capitolo delicato e controverso, come ci spiega Pasquale Bacco. “Lo Stato, per quando riguarda l'ingiusta detenzione, potrebbe riconoscergli un massimale di circa 520 mila euro, più o meno.” Stasi ha trascorso dieci anni in carcere, ma questo non cancella, agli occhi di Bacco, alcune contraddizioni del suo percorso. “Ha fatto tanti errori. Ha detto cose che poi ha rinnegato, cose chiaramente non vere, questo sarebbe in qualche modo una scusante della condanna, quindi ne avrebbe molti di meno.” Il risarcimento non è solo una questione economica: si apre la possibilità di rivendicare danni fisici e altre complicazioni. “Poi sul quando è un altro discorso ancora più complesso. Lui potrebbe far causa per danno biologico, cioè l'ingiusta detenzione mi ha causato dei danni fisici.” Bacco evidenzia anche una contraddizione paradossale nel risarcimento alla famiglia Poggi: “La cosa più comica è il risarcimento che hanno avuto i genitori di Chiara, che lui sta pagando un po' per volta. Il problema è che i Poggi non sarebbero tenuti a restituire tutto, perché non l'hanno chiesto loro, ma l'ha determinato lo Stato che ha ordinato a Stasi di risarcirli.” La questione rischia di diventare una beffa ulteriore. “Quindi tutta la parte spesa loro potrebbero evitare di riconsegnarla. Certamente lo Stato qualcosa dovrebbe farla. Stasi per me non è colpevole per l'omicidio di Chiara, ma non è detto che non sia colpevole per altro.”

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