Alessia Pifferi era capace di intendere e di volere quando ha abbandonato la figlia Diana al suo destino. Lo ha messo nero su bianco il dottor Elvezio Pirfo, il perito nominato dalla Corte d’Assise di Milano per indagare lo stato psichico dell’imputata che deve rispondere di omicidio aggravato. “Non essendo dimostrabile né una disabilità intellettiva, né un disturbo psichiatrico maggiore né un grave disturbo di personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere”. E allora è evidente. I mostri sono più vicini a noi di quanto possiamo immaginare. E, purtroppo, possono indossare i panni di una madre. Quelli di Alessia Pifferi. Lo avevo capito subito e ne avevo già spiegato le ragioni. Alessia Pifferi era perfettamente lucida quando abbandonava sua figlia di soli 18 mesi al suo infelice destino. Malvagia. Senza scrupoli. Assassina. Ha lasciato morire la sua piccola Diana. Lo ha fatto senza sporcarsi le mani e senza guardarla in faccia. Ma lasciandola in condizioni di morire. Una donna meschina, vile e diabolica. Che ha camaleonticamente cambiato atteggiamento una volte reclusa nel carcere di San Vittore.
Ma non ha potuto nascondere la sua vera natura di fronte a chi è stato chiamato a periziarla. La decisione di abbandonarla è stata prima un pensiero e poi un fatto. Alessia sapeva che Diana sarebbe morta se non avesse mangiato e bevuto. Per questo, forse per lavarsi la coscienza, le ha lasciato il biberon accanto al lettino. Magari, deve aver pensato, poteva badare a sé stessa. Peccato che persino i bambini quando giocano con i bambolotti sanno che per sopravvivere devono essere accuditi. Già, accudimento. Una parola totalmente sconosciuta ad Alessia. O almeno sconosciuta rispetto a quelli che non percepiva come i suoi bisogni. Diverso il discorso se rapportato ad Angelo Mario. Delle cui velleità si interessava più del dovuto. Cena vista mare, viaggi a bordo di limousine pagate con i soldi del finto battesimo organizzato per sua figlia, rinnovo del guardaroba con vestiti fatti di lustrini e paillettes. Una vita effimera di una madre noncurante. Una madre che mai aveva voluto sua figlia e che ne ha barattato la vita e l’affetto in cambio di una settimana di caldo con l’amante di turno.
Lo aveva già fatto, del resto. E lo aveva già fatto perché lei aveva sempre rifiutato Diana. Anche in gravidanza. Per questo l’ha partorita in un bagno nascondendone l’esistenza al compagno di turno fino a poche settimane prima del parto. Dunque, come dicevo, ha camaleonticamente cambiato strategia. Non solo in carcere dove ha cercato di passare come affetta da un deficit cognitivo. Ma anche nell’ultimo periodo di vita di sua figlia. Quando da ostacolo l’aveva trasformata in merce di scambio. Come quando elemosinava soldi per celebrare un battesimo che non ci sarebbe mai stato. Alessia Pifferi merita l’ergastolo. Lo stesso che ha inflitto alla sua bambina di soli diciotto mesi.