È scontro storico-politico sull’Alfa Romeo, e in particolare sulle conseguenze della sua cessione a Fiat sull’industria italiana, tra il ministro del Made In Italy Adolfo Urso e l’ex presidente del Consiglio e dell’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale), Romano Prodi: il rappresentante del governo Meloni ha indicato in Prodi il responsabile della situazione del nostro Paese, con una sola casa automobilistica (peraltro a ben vedere non proprio “di casa” da tutti i punti di vista) a differenza di altri Stati europei.
“Il grande errore della politica delle auto – ha detto Urso nell’ambito del 38° convegno dei giovani imprenditori di Confindustria a Capri – [fu] quando il presidente dell'Iri di allora decise di vendere l'Alfa Romeo alla Fiat e non di accogliere l'investimento della Ford. Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un'unica casa automobilistica mentre gli altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre-quattro-cinque. Lì sta il grande errore della politica italiana e ha un nome e cognome: Romano Prodi”.
Nella sua risposta, arrivata tramite una nota, Romano Prodi si dichiara “stupito per la lapidaria sicurezza” di Urso: “Sono quindi costretto a rinfrescare la memoria del ministro – scrive Prodi – su quel tratto di storia industriale del nostro Paese. Il mio obiettivo non è mai stato vendere alla Fiat l'Alfa Romeo: non sono mai stato un monopolista. Presi invece contatti con tutti i possibili acquirenti e solo la Ford si mostrò interessata. Le trattative, magistralmente condotte dai tecnici di Finmeccanica, approdarono ad una richiesta, da parte della Ford, di colloqui con me. Quando il loro piano fu pronto avvisai Alex Trotman, presidente di Ford Europa, che una volta reso pubblico tutti in Italia, sotto la spinta della Fiat, avrebbero reagito, dai sindacati ai sindaci agli imprenditori. E così fu”.
E ancora: “La Ford, nonostante questo – prosegue Prodi – aveva deciso che non avrebbe offerto un solo dollaro in più. La Fiat si fece avanti mettendo sul tavolo più denaro e offrendo di comperare anche tutte le azioni, a differenza della Ford che, come aveva promesso, non rilanciò. A quel punto Finmeccanica non aveva alternative che vendere al miglior offerente, secondo gli obblighi di legge. La successiva gestione che la Fiat ha fatto dell'Alfa non ha raggiunto nessuno degli obiettivi proclamati, così come avevo previsto e – conclude l’ex presidente di Iri e del Consiglio dei ministri – l'Alfa ha perso continuamente quote di mercato”.