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Anzaldi contro i giornali: “Perché criminalizzare il padre di Di Pietro dei The Borderline? È barbarie”

  • di Alessio Mannino Alessio Mannino

20 giugno 2023

Anzaldi contro i giornali: “Perché criminalizzare il padre di Di Pietro dei The Borderline? È barbarie”
L’ex parlamentare di Italia Viva, Michele Anzaldi, punta il dito contro la “gogna mediatica” contro il padre di Matteo Di Pietro, uno dei ragazzi dei The Borderline indagati per l’incidente di Casal Palocco a Roma in cui è morto il piccolo Manuel. “Perché riprendere il video, mostrandone l’identità, in cui il papà guida? E perché ritirare fuori una vecchia storia giudiziaria finita con un’archiviazione?”. Per Anzaldi i giovani indagati non hanno fatto che “emulare il modello di Chiara Ferragni, che è fare i soldi con i social contando i follower. E tutti i nostri figli sono sui social e contano i follower”

di Alessio Mannino Alessio Mannino

“È giusto che il padre, che non ha nulla a che fare con l'incidente di Casal Palocco, finisca così su tutti i giornali? Questa è corretta informazione?”. A domandarselo con un tweet è Michele Anzaldi, ex deputato di Italia Viva, a proposito di Paolo Di Pietro, padre di Matteo, lo youtuber indagato per omicidio stradale per l’incidente a Casal Palocco, costato la vita a Manuel Proietti di 5 anni. In un video, pubblicato dalla social crew The Borderline e ripreso, anche per immagini, dai giornali, si vede infatti il papà in compagnia del ragazzo che guida senza cintura di sicurezza pigiando sull’acceleratore. Come scrivevamo su queste colonne online l’altro giorno, episodio che può risuonare come un inquietante presagio. Approfondendo la questione oggi con MOW, Anzaldi è dell’avviso che sia deontologicamente scorretto, da parte delle testate giornalistiche, “mettere alla gogna” un padre che “non c’entra con quanto avvenuto, che è una tragedia immane”.

Michele Anzaldi
Michele Anzaldi

Non c’entra sul piano legale, il padre, certamente. Ma non è rilevante capire le origini, anche familiari, della tragedia?

Partiamo dal fatto che questi ragazzi emulavano, alla fine il modello Ferragni (che ha partecipato a Sanremo, vorrei ricordare), cioè fare soldi con i social, creando anche società. Tutti i nostri figli contano i follower. Ora, a Roma si dice: l’ora del coglione tocca a tutti. Hanno fatto una cazzata, ma facendo una cosa abbastanza comune.

È una cosa comune una challenge, una sfida, di 50 ore dentro una Lamborghini?

Sì, è una cazzata come lo è la sfida, che so, a chi mangia più pizza. Ma non è come girare con una pistola con il colpo in canna, che anche se non la vuoi usare, è chiaro che può scapparci il morto. Perciò dico che bisogna mettere i contorni alla vicenda.

I contorni?

Ripeto, hanno fatto una cazzata, ma non è come girare con una pistola.

Un semplice caso di umana stupidità. Assolviamo i social, quindi?

Fosse per me, non ci sarebbero neanche, perché sono la barbarie. Io li uso come una lavagna. Ma i commenti sono barbarici. Non se lei ha visto il film Jeeg Robot.

Sì, e dunque?

Eh, lì si vede bene questa ricerca di aumentare continuamente i follower. Ora, questi stavano guidando, non giravano con una pistola.

Questo è chiaro, ma arriviamo al padre.

Allora, qui si vuole criminalizzare questi ragazzi. Li si vuole decapitare, stile Rivoluzione Francese.

Matteo Di Pietro, il fondatore dei TheBorderline
Matteo Di Pietro, fondatore dei The Borderline

Addirittura.

Prima si diceva che chi era alla guida era drogato, ora si scopre, lo diceva Enrico Mentana, che forse aveva fumato uno spinello il giorno prima. Comunque, si va a cercare un video del padre, che non c’entra nulla, che guidava col figlio senza cintura, che al massimo è una sanzione amministrativa.

Ma il video lo hanno messo loro, cioè la crew del figlio.

Sì, ma perché tu giornale devi rendere visibile l’identità del padre? E addirittura vai a fare la ricerca nel casellario giudiziario di cosa ha fatto, e trovi che il padre ha avuto un processo per danno erariale finito con un’assoluzione.

Archiviazione, era cassiere della Presidenza della Repubblica, e poi la Corte Costituzionale ha annullato i verdetti di condanna della Corte dei Conti per un vizio di forma.

E allora perché si cita? Non solo, ma viene citato pure il nome di Gaetano Gifuni (segretario generale del Quirinale con i presidenti Scalfaro e Ciampi, ndr), che è un padre della patria. Ma perché?

Mi perdoni, restiamo sul padre. Non era interessante mostrare un episodio che comunque c’entra con la modalità del fatto, e che può dare un esempio di come il padre ha educato il proprio figlio?

Ma a me non pare un indicatore di cattiva educazione. E non stiamo parlando di ragazzi che spacciano. Uno sta alla Bocconi.

Possono esserci gli stupidi, o peggio, anche alla Bocconi.

Prima di tutto c’è un processo in corso, bisogna vedere come finisce. Ma intanto abbiamo creato dei criminali. E perché tutto il quartiere, anzi l’Italia, deve sapere che quello è il padre, che ha avuto quel processo? I giornali dovrebbero impedire questa deriva, perché hanno un direttore, un vicedirettore, un comitato di redazione, e c’è pure un Ordine dei Giornalisti.

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