Ma in che paese contraddittorio viviamo? Dove vengono tolti i figli alle famiglie che li crescono in un modo che sentiamo diverso dalla “normalità”, ma li lasciamo a chi ha evidenti difficoltà nel gestire anche la propria di vita, figurarsi quella di un bambino. Eppure è così che va. Ci si accanisce sempre dove fa troppo comodo, invece di intervenire concretamente dove c’è più bisogno. Questo è lo specchio di quanto accade nel nostro paese, e ci sono due casi di cronaca recente che ce lo dimostrano in pieno. Da un lato una famiglia anglosassone che vive in un casolare isolato nei boschi abruzzesi, che sta crescendo i loro bimbi a totale contatto con la natura. Un caso, questo, che ha suscitato l’interesse dei servizi sociali, tanto da rendere addirittura possibile un’azione da parte del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila. Catherine Birmingham e Nathan Trevallion vivono insieme ai figli all’interno di un’ex casa colonica senza gas, acqua ed elettricità. Una casa alimentata dai pannelli solari, e con un camino come unico mezzo di riscaldamento. I bimbi, una di otto anni e due gemelli di sei, non vanno a scuola ma studiano a casa, con un insegnante che segue la loro istruzione. Ma come mai la vita di questa famiglia è diventato un caso mediatico? A causa di un’intossicazione da funghi. Da qui un ricovero in ospedale che ha portato all’attivazione dei servizi sociali, secondo cui questo modo di vivere non sarebbe adatto a dei bambini, tanto che ai genitori potrebbe essere sospesa la responsabilità genitoriale, e di conseguenza i bambini potrebbero essere affidati altrove. Il caso finisce in tv, ma la gente non ci sta, e decide di prendere le difese di questa famiglia. Infatti è nata una petizione online per difendere e lasciare la podestà genitoriale dei figli alla coppia.
Una petizione che ha già raggiunto le sette mila firme. I genitori, dal canto loro, hanno inviato una lettera al giudice che si occupa del caso: “Non commettiamo alcun reato nei confronti dei nostri figli crescendoli in un ambiente naturale con acqua pulita, un posto caldo e sicuro dove dormire, mangiare e giocare. Un sistema di toilette a compost, sicuro ed estremamente comune in tutto il mondo per il risparmio idrico, e la loro crescita sociale con persone che condividono i nostri valori, mentre vivono costantemente la società attraverso gite e uscite settimanali a negozi, parchi, amici e vicini". Quindi perché continuare a rompere il cazzo a questa famiglia, che vive in totale tranquillità, mentre altri bambini vengono lasciati in situazioni di reale pericolo? È il caso della tragedia avvenuta a Trieste, dove una madre ha ucciso il figlio di soli nove anni tagliandogli la gola con un coltello da cucina. Una famiglia, composta da genitori separati, seguita sia dai servizi sociali che dal Tribunale. Non solo, la donna era anche in cura in un centro di salute mentale. Il bambino era affidato al padre, mentre la mamma era autorizzata a trascorrerci del tempo insieme. L'infanticidio è avvenuto proprio in uno di questi momenti. È stato il padre del piccolo a contattare il 123, dal momento che non riusciva a rintracciare la donna che avrebbe dovuto riconsegnarli il bambino. All’arrivo dei carabinieri il piccolo era già morto da ore, mentre la donna si era ferita alle braccia con lo stesso coltello. E cosa fa più paura, una famiglia che cresce i figli a stretto contatto con la natura, o chi lascia che un bambino continui a frequentare una madre evidentemente instabile? La risposta è nei fatti, e ci insegna di cosa dovremmo preoccuparci davvero. E sicuramente non sono dei bimbi che studiano da casa…