Avevamo lasciato Vladimir Putin in una Russia isolata sulla scena internazionale sull'orlo del fallimento, con i suoi soldati impantanati in Ucraina, senza più munizioni e carri armati, costretti a ripiegare sotto i colpi dell'avanzata nemica. I giornali, i nostri si intende, raccontavano poi di un Cremlino a un passo dall'essere schiacciato dalle sanzioni occidentali, del crescente malcontento popolare russo, di un'economia surriscaldata. Putin, insomma, aveva le ore contate. Non solo perché aveva sbagliato ogni calcolo possibile e immaginabile sul campo di battaglia, ma anche per via delle sue decine di presunte malattie mortali evidenziate da indizi più o meno evidenti captati da analisti di mezzo mondo (il nostro, si intende). Oggi - per darci un ordine temporale dopo il ritorno al potere di Donald Trump negli Stati Uniti - scopriamo non solo che il leader russo non è poi così isolato. Ma che in Ucraina lo Zar sta continuando a giocare la sua partita, mentre in campo internazionale stringe le mani di tutti i leader - persino quella di Trump – a eccezione di quelli europei. Dopo aver smentito una volta la narrazione occidentale (“la Russia fallirà con le sanzioni!”) il buon vecchio Vlad sembrerebbe essere pronto a mettercela nel cu*o di nuovo.
Qui nessuno è filo russo e nessuno ha tatuato il volto di Putin sull'avambraccio. Nonostante questo iniziamo a farci qualche domanda: ma non è che abbiamo sbagliato qualcosa sulla Russia? Forse più di una. In un contesto del genere spunta dal niente un curioso libro scritto da un controverso scrittore, tanto amato quanto odiato dall'opinione pubblica italiana. Lui è Nicolai Lilin e il suo nuovo volume, appena pubblicato da Piemme, si intitola: Putin atto secondo. Come lo Zar si è ripreso la scena internazionale. In effetti è proprio quello che ci voleva per capire come, dall'altro lato della barricata, raccontano le gesta di Mosca e del suo presidentissimo. Peccato che nessuno nel giro dei media abbia parlato o dedicato spazio a questo libro (a proposito: chissà come mai, noi un'idea ce la siamo fatta...) molto contro corrente. Un libro che, di fatto, demolisce pezzo per pezzo la narrazione occidentale sul Putin isolato, abbandonato da tutti, costretto a vivere isolato nel suo ufficio del Cremlino. Piaccia o non piaccia, il leader russo non è un pazzo. È un leader che sta seguendo uno spartito ben preciso, una strategia, una missione con determinati obiettivi. Il fatto che non stia perdendo non dovrebbe giustificare fior di esperti a mistificare la realtà. Al contrario, dovrebbe spingerli a chiedersi perché. Perché, per esempio, Putin non ha ancora perso in Ucraina? Perché la Russia è ancora in piedi?
Ma soprattutto, cosa vuole Putin? Davvero intende fare la guerra all'intera Europa? Lilin sostiene che lo Zar abbia ben altri pensieri per la testa: ridare peso alla Russia nel mondo; recuperare zone d'influenza; indebolire l'egemonia occidentale; costruire un ordine multipolare con Cina, Brics, Asia Centrale e chiunque non si riveda nei valori Usa+Ue. La guerra in Ucraina, secondo l'autore, è solo uno strumento di questa strategia più ampia, un modo per riaffermare la centralità russa e testare la determinazione dell'Occidente, senza trasformarsi in un conflitto totale contro l'Europa. Putin agisce calcolando costi e benefici, sfruttando debolezze altrui e manipolando le percezioni internazionali, con l'intenzione di riaffermare il ruolo di Mosca come grande potenza e di plasmare un ordine globale che favorisca i suoi interessi strategici. Forse, indipendentemente da Lilin, bisognerebbe capirlo per analizzare in maniera migliore un leader che tanto stupido e pazzo, forse forse, non è...