La destra si vuole intestare la battaglia contro l’antisemitismo per strizzare l’occhio a Israele? A guardare dalle “truppe” meloniane che affiancavano il conduttore di La7 David Parenzo - come ha riportato Dagospia - nel parterre della presentazione del libro della moglie, Nathania Zevi, il pensiero si pone. Zevi, 39enne giornalista del Tg1, ha recentemente pubblicato un libro, Il nemico ideale, in cui si collegano attivamente le critiche a Israele dopo l’escalation di Gaza in seguito agli orribili attentati di Hamas del 7 ottobre e la percepita crescita dell’intolleranza anti-ebraica in Occidente. O, come esplicitamente sottolineato da Zevi, del ritorno dell’antisemitismo anche in Europa. La platea che ha accolto Zevi il 17 gennaio scorso al Maxxi di Roma ha fatto riferimento alla destra liberale e conservatrice in tutte le sue forme. Sul palco, il nome di maggior peso culturale era quello dell’editorialista del Corriere della Sera, in tribuna spiccava la presenza del patriarca de Il Foglio, Giuliano Ferrara. Due figure portavoce del più intransigente occidentalismo e sostegno al governo di Tel Aviv contra mundo, nell’attuale conflitto. Paolo Mieli e Ferrara sono comunque uomini ritenuti “bipartisan” per la loro storia. Molto più ampia la platea meloniana. sul palco e in platea.
Primo fra tutti a far gli onori di casa Alessandro Giuli, già validissima voce di Tempi scelto dal governo per presiedere il Maxxi. Al fianco di Zevi e Mieli, sul palco, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, da tempi in prima linea a favore di Israele. Il quale, a giugno, parlando dell’antisemitismo, ha ricordato: “Ne esiste uno anche di sinistra”, e Roberto Genovesi, direttore di Rai Libri, che Dagospia ha elencato tra i giornalisti di Viale Mazzini più vicini a Giorgia Meloni.Tra gli astanti, l’ex presidente della Regione Lazio Francesco Starace, direttore del quotidiano di destra Il Secolo d’Italia, tra i più importanti house organ della destra sociale. En passant, la Pisana guidata oggi dal meloniano Francesco Rocca patrocinava l’evento assieme, ovviamente, al Maxxi stesso. Intravisto nel pubblico anche Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Cultura della Camera. Una presenza notevole che, al di là della boutade di apertura, certamente non è usuale per un evento avente come relatrice la signora Parenzo, a cui peraltro sono stati visti diversi altri partecipanti non certamente organici al mondo meloniano, dal consigliere regionale renziano Luciano Nobili all’ex conduttrice di Agorà Serena Bortone. Ma l’operazione culturale che lo schema della Rai “meloniana”, patrocinatrice del libro di Zevi, del ministero di Sangiuliano e dell’area della destra culturale promuovono è evidente: mettere il cappello sulla lotta all’antisemitismo, consolidare i legami con Israele e abbattere sul campo un totem spesso usato contro il mondo sovranista italiano, ovvero il presunto continuum tra Fdi e la sua galassia e aree con simpatie antisemite di sorta.
Nulla di nuovo sotto il cielo: già il Movimento Sociale Italiano fece dello strenuo sostegno a Israele un grimaldello per accreditarsi nei salotti della politica e agli occhi di mondi come quello filostatunitense. Ma una notevole dinamica se confrontata col fatto che giovedì 17 gennaio il tema Israele è stato toccato anche da Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, che ha ammonito il governo a non armare Tel Aviv nella sua guerra a Gaza. Suscitando le critiche del governo, che ha dichiarato di non averne fornite, e della mitologica “galassia riformista” che si riunisce, con più tessere che voti, a orologeria quando c’è da storcere il naso sulle posizioni della segretaria. La quale, a ben guardare, non dice nulla di particolare: adombra la prospettiva che Israele possa aver commesso crimini di guerra, cosa che anche le cancellerie di Usa e Regno Unito non escludono; invita alla de-escalation; opera un sostegno alla soluzione negoziale a due Stati. In quest’ottica, le critiche alla posizione di Schlein giunte dalla minoranza dem e l’evento del Maxxi vanno nella stessa direzione: creare un consenso generalizzato per consolidare l’assioma secondo cui una critica a Israele sarebbe un automatico assist alle forme, ovviamente inaccettabili, di nuovo antisemitismo. E, dal fronte della destra, operare una cavalcata culturale per ricordare che nel campo politico italiano esiste anche un antisemitismo di destra. Dal 7 ottobre, grande interprete di questo schema è stato in particolare Mario Sechi, direttore di Libero, che il 12 ottobre a Otto e Mezzo parlando dei bombardamenti israeliani ricordava: “quando Churchill decise di bombardare Dresda e Berlino sapeva bene delle vittime civili. Ma in guerra per vincere spesso è necessario fare di tutto per spazzare via chi semina orrore". A novembre, il suo quotidiano ha intervistato Noemi di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha affondato sulle critiche a Israele provenienti da sinistra: “ C’è una parte della sinistra che da sempre mette sullo stesso piano sia Israele che la Palestina, ma purtroppo non può essere così. Non è possibile avere una posizione equidistante perché qui c’è in gioco anche il futuro dell’Europa“.
Da ultimo, sempre la testata di Sechi dopo l’assalto degli antagonisti al padiglione della Fiera di Vicenza dedicato a Israele, episodio assolutamente deprecabile, ha scelto la via della sua consueta sobrietà, titolando il 20 gennaio: “La Sinistra a caccia di ebrei”. In questo climax retorico, parlare della guerra tra Israele e Hamas, grande partita geopolitica che riguarda il mondo intero, è sempre più difficile. Ma può creare strane convergenze culturali e parallele, come quella tra pensatori e uomini di cultura filoisraeliani di diversa ascendenza e settori occidentalisti dell’attuale maggioranza per mettere all’angolo una “sinistra pro-cessate il fuoco” sempre più consolidata nell’opinione pubblica. Il tutto con conseguenze imprevedibili in un dibattito pubblico in cui le grandi questioni globali e quelle locali si sommano in un’amalgama difficile da districare.