Lunedì mattina, #Rummo in tendenza su Twitter (pardon, X!). Che succede? Tutta "colpa" di Matteo Salvini che, nel weekend, è andato a farsi un giro nel pastificio del noto marchio, postando un reel della gitarella sui propri profili social. Apriti cielo! Quellichebentwittano non ci stanno, gridano al boicottaggio di massa, nonostante i messaggi accorati dei dipendenti che pregano tutti di darsi una calmata: non vogliono perdere il lavoro. E non lo perderanno, chiaro. Assurdo però vedere il più fiero rappresentante della Destra aggirarsi per una fabbrica di sabato mattina e i pasionari di sinistra auspicare la chiusura di quella stessa fabbrica dal divano di casa. Così, via alla shitstorm contro Rummo, per mera questione di "principio". Che, in questo caso, fa evidentemente rima con follia.
"Il profumo non vi arriva però alla faccia di quelli che vogliono la farina di insetti, vermi, grilli e cavallette, a quelli che a Bruxelles combattono la dieta meditarranea, viva la nostra pasta! Qua fanno, pastificio Rummo, 800mila confezioni di pasta al giorno ed è straordinario. Evviva l'Italia! Evviva la nostra qualità!". Così dice Matteo Salvini, cuffia in testa, in un reel che ce lo mostra in primissimo piano durante la visita al pastificio. Propaganda sovranista a parte, un po' poco per augurarsi la chiusura di un'intera azienda. O no? Al massimo, possiamo sorridere immaginando, in quel di Bruxelles, gente che imbraccia scimitarre per "combattere" contro la dieta mediterranea, in favore di insetti, grilli e altre piaghe d'Egitto da ficcare sulle tavole d'Europa.
Ma ecco arrivare, inevitabilmente, un fitto stuolo di "debunker" che, confezione Rummo alla mano, mostra al mondo la bruciante verità: i Paesi di coltivazione da cui proviene il grano del marchio sono l'Italia, sì, ma anche l'Australia e l'Arizona. Non si può parlare, quindi, di eccellenza nostrana. Non al 100 %. Le frange più puriste, tra quelle sovraniste, si spingono quindi a sostenere che sarebbe meglio acquistare La Molisana che coltiva, invece, su territorio nazionale (dalle parti dell'Abruzzo, pare). Anche a Destra, dunque, si crea una piccola spaccatura.
Perfino quando ricevono appelli disperati da parte dei lavoratori Rummo, quellichebentwittano si mostrano da una parte comprensivi, ma dall'altra totalmente intransigenti, certi di marciare sul giusto cammino. "Noi lavoratori non abbiamo nessuna colpa - scrive in privato un ignoto milite stakanovista - facciamo parte di una grande eccellenza in una piccola relatà dove il lavoro già scarseggia. I social possono fare molto male, non possiamo pagare per una scelta sbagliata".
Per fortuna, qua e là, si trova anche gente ragionevole: c'è chi fa notare, per esempio, come Benevento, località in cui si colloca il pastificio Rummo visitato da Salvini, sia la terza provincia più povera d'Italia, con reddito pro capite che arriverebbe a malapena ai 14mila euro annui. Dichiarare di voler boicottare l'azienda per motivi ideologici, dunque, è battaglia particolarmente imbecille.
Inoltre, ci sarebbe da valutare un altro aspetto: quanto si credono importanti quellichebentwittano, come possono pensare di poter provocare la cessata attività di un'azienda che ha chiuso il 2022, dato più recente a pubblica disposizione, con un fatturato di 170milioni di euro? Se la scelta di chiamare Salvini per una visita in loco può essere discutibile, forse i pasionari dell'occhio sinistro, invece di far (dannosa?) caciara, potrebbe chiedersi dove fosse la loro Elly Schlein questo weekend? Dall'armocromista o a inseguire qualche schwa non perfettamente approntata? Il lavoro è lavoro e dovrebbe essere, almeno da che ci risulti, priorità per chi guida la Sinistra come per chi la sostiene. W la pasta, dunque. Tutto il resto è solo hashtag al pomodoro.