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Carolina Reaper, quando
la challenge “letale” è promossa
dal brand e non dalla Gen Z
(e rilanciata da Open)

  • di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

6 settembre 2023

Carolina Reaper, quando la challenge “letale” è promossa dal brand e non dalla Gen Z (e rilanciata da Open)
Si pensa che la Generazione Z, in quanto a sfide sciocche o pericolose, sia assolutamente autonoma e faccia tutto da sé. E invece non è sempre così. Ieri molti siti, Open in primis, ci informavano della tragedia di Harris Wolobah, il 14enne americano morto a causa (così parrebbe) della letale Carolina Reaper, la patatina più piccante al mondo. Premesso che la causa della morte di Harris è ancora tutta da (attentamente) valutare, risulta stridente che sia proprio Paqui, il brand che la commercializza, a promuovere senza remore la challenge a cui Harris, come del resto tanti altri TikToker, ha partecipato. Di più, Paqui distribuisce le patatine in confezioni che, data la potenza del prodotto, ne contengono un solo esemplare. Con la morte, la Grim Reaper, stampata sulla busta e…

di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

Ieri mattina Open (e ora anche altri siti) riportava una notizia decisamente forte che si presterà senza alcun dubbio ad ulteriori approfondimenti: “Usa, 14enne muore dopo aver mangiato “la patatina più piccante del mondo” in una challenge su TikTok”. Una notizia, quella della morte di Harris Wolobah, studente e atleta di un liceo in Massachusetts, che si presta a varie considerazioni, innanzitutto una: può una singola patatina regolarmente in commercio (il brand è quello di Paqui, marchio texano che promuove le sue patatine come “le tortilla chips dal gusto migliore”), pur consumata senza un’immediata assunzione di liquidi (questo recita il regolamento della sfida), mandare un ragazzo di 14 anni, perdipiù atleta, al creatore? Poiché siamo tutti diversi e la nostra salute è qualcosa di unico, potrebbe anche essere, ma qui toccherà a medici e avvocati analizzare tutto nei minimi dettagli, visto che la causa della famiglia ai danni di Paqui è dietro l’angolo.

Harris Wolobah
Harris Wolobah

C’è però un altro aspetto che emerge; un aspetto solo sfiorato da Open, che in chiusura di articolo afferma: “L’anno scorso, un rappresentante di Paqui ha dichiarato allo show 'Today' che l’azienda “prende molto sul serio la sicurezza e ha lavorato duramente per garantire che i nostri prodotti siano adeguatamente e chiaramente etichettati con informazioni sugli allergeni e sulla sicurezza”. E ha aggiunto: “È nostro intento che i consumatori raccolgano questa sfida con una piena comprensione di cosa si tratta e se è appropriata per loro”. Ciò che Open, però, soprattutto in apertura di articolo (“[…] One Chip Challenge, sfida virale che consiste nell’ingerire la tortilla piccante prodotta dal marchio Paqui dal 2016”), non determina a chiare lettere è che la One Chip Challenge (in essere dal 2016, mentre quella, stando a Open, sembrerebbe solo la data di nascita di quel tipo di tortilla) è stata sempre lanciata da Paqui medesimo. Paqui, pur avendo in seguito cambiato proprietà, è sul mercato dal 2008. La sfida, che anche quest’anno ha puntualmente riproposto, è enfaticamente pubblicizzata sul sito ufficiale del brand, nonostante in passato diversi TikToker abbiano avuto bisogno di cure mediche dopo aver ingerito una patatina Carolina Reaper senza bere nulla subito dopo. Una sfida molto popolare negli States, visto che varie celebrities (fra tutti Alexandra Ocasio-Cortez e Shaquille O’Neal) hanno già raccolto l’invito di Paqui.

Se quindi la sfida non è nata spontaneamente da quella Gen Z con troppo tempo da perdere online, non bisogna tanto chiedersi perché i ragazzini di oggi siano così “vuoti” o attratti dal superfluo (ma inserite qui, a piacimento, qualsiasi tipo di analisi che associ la Generazione Z alla diffusissima cultura della challenge), bensì quanto un mercato, fuori controllo, sia libero di proporre ai suoi utenti “qualsiasi cosa”. Se la pubblicità, in passato, era già stata vista dagli apocalittici come una forma di corruzione, cosa sarebbe allora una challenge – a quanto pare non così indolore – proposta da un brand che commercializza le tortillas incriminate in buste che ne contengono, tanto sono piccanti, un unico esemplare? Una tortilla molto più potente di qualsiasi prodotto a base di jalapenos, distribuita all’interno di un pacchetto a forma di bara con il Grim Reaper (la grande falciatrice, ossia la morte) stampata sopra. Ok, tutta scena, tutta enfasi, ma qualcosa stona, soprattutto nel momento in cui la “letalità” della patatina (anche qui, sul pacchetto, si parla di “deadly”) viene collegata a una sfida che, inevitabilmente, porterà alcuni (e qui certamente entrano in scena i più giovani) non solo ad obbedire al mandato (non bere!), ma anche ad affrontare la sfida senza alcuna prudenza o cautela (se esistono prodotti senza glutine per individui che, appunto, non tollerano il glutine, si può supporre che l’assunzione di una tortilla simile debba prevedere, a monte, la buona salute del soggetto che consuma il prodotto). Sul retro della confezione, tutti i dettagli: “Questa patatina è fatta con il pepe più piccante del pianeta, il Carolina Reaper, ed è stata creata per dare il puro piacere del calore e del dolore. I soggetti che la mangiano possono attendersi una perdita, a breve termine, della parola, seguita da “estreme volgarità” (sic), respiro affannoso, funzioni aumentate dei seni nasali, e visione offuscata a causa del calore”. Il finale, citando anche i Blue Öyster Cult, ma al contrario, è: “Fear the Reaper”. Un avviso che Harris Wolobah non ha preso troppo sul serio. O forse il mercato, gli Stati Uniti, non hanno preso troppo sul serio.

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