Il caso dei giornalisti Nello Trocchia e Sara Giudice, rispettivamente inviato del quotidiano Domani e reporter di Piazzapulita, entrambi accusati di stupro da una collega, sta facendo molto discutere. I due, che hanno una relazione sentimentale, sono stati infatti accusati di violenza sessuale, aggravata dall’uso di alcool e/o droghe, dopo una serata trascorsa insieme a una collega in un pub a Trastevere, dove però, dopo alcune effusioni – si parla di “baci consensuali” tra la presunta vittima e Sara Giudice all’interno di un taxi e la proposta di un rapporto sessuale a tre – la situazione sarebbe degenerata. I fatti risalirebbero in realtà a oltre un anno e mezzo fa e nel marzo 2023 sarebbe arrivata la denuncia ufficiale della donna nei confronti di Nello Trocchia e Sara Giudice. La notizia però, è emersa solo negli ultimi giorni, anche dopo che il quotidiano La Verità ha rivelato l’inchiesta della procura di Roma sul caso, dove al momento il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione. Tra le numerose polemiche, come chi accusa la presunta vittima di aver raccontato falsità e difende la versione di Trocchia e Giudice, cosa sia accaduto realmente quella notte, non è ancora del tutto chiaro. Tuttavia, proprio il direttore de La Verità Maurizio Belpietro si chiede: Ma “lo stupro è meno stupro se a essere accusati sono giornalisti?”, aggiungendo “Il Me too non vale per gli indagati ‘amici’”?
Belpietro fa in particolare riferimento al fatto che, rispetto ai tanti casi di Me Too negli Stati Uniti, dove accuse di stupro sono emerse anche a distanti di vent’anni, o anche ai casi che riguardano invece l’Italia, ma che coinvolgono comunque volti noti, accuse tanto gravi nei confronti di due giornalisti famosi, hanno avuto, al contrario, una rilevanza mediatica molto minore: “Se un politico venisse indagato per stupro sono certo che la notizia rimarrebbe segreta per non più di mezza giornata. Lo stesso dicasi nel caso in cui a finire iscritto nel registro della Procura fosse il figlio di un onorevole o di qualche potente” scrive Belpietro su La Verità, facendo forse riferimenti ai casi di accuse nei confronti di Grillo e La Russa junior, aggiungendo “invece, se a essere denunciato per un reato odioso come la violenza sessuale è un giornalista, per di più di sinistra, i fatti a quanto pare dovrebbero essere tutelati dalla privacy”.
Belpietro sottolinea infatti come l’intera vicenda risalga a oltre un anno fa, ma sia rimasta finora segreta: “Entrambi sono stati accusati da una giovane collega di stupro, con l’aggravante dell’uso di sostanze alcoliche o droga. La notizia risale allo scorso anno, ma nessuno fino a ieri ne ha saputo nulla, nonostante i due giornalisti, marito e moglie, siano abbastanza noti. La Procura ha chiesto l’archiviazione e la presunta parte offesa si è opposta” dove ovviamente “spetterà al giudice per le indagini preliminari decidere se chiudere il caso oppure predisporre un supplemento d’inchiesta o, addirittura, ordinare il processo.” Ma dove comunque, rispetto al clamore generale che simili accuse provocherebbero se gli interessati fossero politici o persone vicine al centrodestra “ai cronisti si è esaurita la penna”, dato che si tratta di due colleghi giornalisti, spesso impegnati, tra l’altro, in inchieste a tema politico.
Un altro caso menzionato è poi quello di Andrea Giambruno, ex compagno di Giorgia Meloni e giornalista Mediaset che lo scorso anno era stato duramente criticato per i suoi commenti, piuttosto volgari nei confronti di una collega in studio durante dei fuori onda. In quel caso si trattava, appunto, solo di commenti, parlando di un ipotetico threesome; ma essendo Giambruno il compagno della premier (all'epoca), la notizia è ovviamente e inevitabilmente finita su tutte le prime pagine, chiedendosi, giustamente, se il compagno de Presidente del Consiglio possa lasciarsi “scappare” simili esternazioni. “Tra persone consenzienti ognuno è libero di fare ciò che vuole”, scrive Belpietro ma “un ‘threesome’ che a quanto risulta non è mai avvenuto, ma su cui Andrea Giambruno aveva scherzato in un fuorionda tv con una collega, il caso è finito in prima pagina ed è costato anche una separazione tra il collega (di destra) e il presidente del Consiglio. In quel caso, la privacy non poteva essere invocata” concludendo che “il riserbo, anzi l’autocensura, vale infatti solo se il collega è di sinistra”.
Certo, vista la delicatezza del caso, è opportuno che siano avvocati e giudici a occuparsene, determinando se l’accusa sia davvero infondata – come dichiarato da Nello Trocchia e Sara Giudice – o meno. A colpire è però la parzialità effettiva nel trattare la notizia, come se in casi di stupro o presunta violenza, ci fossero schieramenti politici e vittime “meno vittime”. La giornalista che ha accusato Trocchia e Giudice potrebbe anche aver inventato tutto, ma se così non fosse, sarebbe un reato piuttosto grave e, dato che i due accusati in primis si occupano di raccontare fatti scomodi attraverso le loro inchieste, sarebbe giusto raccontare la verità, anche in questo caso.