La destra americana piange uno dei suoi volti più riconoscibili: Charlie Kirk, 31 anni, attivista conservatore, fondatore e Ceo di Turning Point Usa, ucciso in una sparatoria mentre teneva un dibattito alla Utah Valley University. A confermarne la morte è stato Donald Trump, che con lui aveva condiviso alcune delle battaglie più controverse degli ultimi anni. Un guerriero delle idee? Kirk non era solo un organizzatore, ma anche un simbolo. Ancora molti ricordano le sue lacrime la notte della vittoria di Trump nel 2016, quando dichiarò che “un nuovo capitolo di speranza per l’America si era appena aperto”. Con Turning Point Usa, aveva dato vita a una rete che univa fede cristiana, patriottismo e un’attiva opposizione all’agenda progressista. Il suo stile diretto, spesso provocatorio, lo aveva reso tanto amato quanto odiato. Con i dibattiti pubblici “Prove Me Wrong” e il suo podcast, aveva toccato temi tabù: dalle sparatorie nelle scuole americane al ruolo dei transgender nelle cronache di sangue.

L’attacco nello Utah e l’ombra europea
Mercoledì sera, mentre rispondeva a un giovane studente proprio sulle sparatorie legate a individui transgender, Kirk è stato raggiunto da un colpo mortale al collo. L’episodio ha riportato alla mente un altro caso tragico: quello di Irina, giovane immigrata ucraina, salita su un treno in Europa e mai scesa viva, anch’essa colpita al collo. Due destini paralleli che molti leggono come segni di una battaglia spirituale, uno scontro epocale tra bene e male che va oltre la politica. Un uomo di circa sessant’anni era stato inizialmente fermato, ma rilasciato poche ore dopo. Restano dunque le domande su mandanti e responsabilità, mentre l’Fbi e il Dipartimento di Giustizia hanno aperto un’indagine federale. Il caso Kirk non riguarda soltanto la destra americana: mette in discussione il futuro stesso della libertà di parola. Se i campus universitari erano già teatri di scontri ideologici, la sua morte rischia di segnare un punto di non ritorno. Molti osservatori temono che altri volti noti possano diventare bersagli: Candace Owens, voce femminile della destra afroamericana, e Tucker Carlson, ex volto di Fox News oggi simbolo mediatico del trumpismo internazionale.

La narrativa democratica
Parlando con amici democratici americani, anche loro colpiti dalla tragedia, emerge un punto chiaro: quando mai l’estrema destra americana ha ucciso esponenti Lgbt, Blm o democratici? L’unico argomento portato dai progressisti resta l’assalto del 6 gennaio 2021, ma è un fatto che in quella giornata non ci furono omicidi di attivisti di sinistra da parte di repubblicani. Al contrario, le statistiche degli ultimi anni mostrano episodi crescenti di violenza armata legati a individui transgender. Tra i più noti: Nashville, marzo 2023 – Audrey Hale, ex studente transgender di una scuola cristiana, uccise 6 persone, tra cui tre bambini. Colorado Springs, novembre 2022 – Anderson Lee Aldrich, identificato come “non-binary”, aprì il fuoco in un locale LGBT, provocando 5 morti e oltre 20 feriti. Aberdeen, Maryland, settembre 2018 – Snochia Moseley, 26 anni, transgender, sparò sui colleghi in un magazzino uccidendo 3 persone prima di togliersi la vita. Questi casi, spesso minimizzati dai media progressisti, sono stati invece al centro delle denunce di Kirk, che proprio su questo tema stava discutendo quando è stato colpito a morte. Donald Trump lo ha definito “un guerriero della verità”, ma la morte di Charlie Kirk non lascia solo dolore: lascia una frattura aperta nel dibattito pubblico americano ed europeo. È la prova che la guerra culturale si è spinta oltre i confini delle idee, trasformandosi in uno scontro fisico e – per alcuni – spirituale. La sua ultima apparizione europea, a Oxford, lo aveva visto denunciare la “crisi identitaria dell’Occidente” e difendere le radici cristiane come pilastro della libertà. Oggi quelle parole risuonano con forza nuova, come un testamento politico e personale.