L’arresto di Cecilia Sala, avvenuto il 19 dicembre a Teheran ma comunicato solo il 27 dicembre, sta interessando moltissimi. Dai giornalisti ai politici, e non solo, in molti stanno esprimendo solidarietà alla giornalista che da nove giorni si trova nel carcere di Evin, alla periferia della capitale iraniana, dove vengono rinchiusi dissidenti e cittadini stranieri sospettati di avere rapporti con l’opposizione al regime. Al momento il motivo dell’arresto non risulta chiaro e, anzi, inizierebbe a delinearsi l’ipotesi della cosiddetta “diplomazia degli ostaggi”, a seguito dell’arresto (il 16 dicembre) di un cittadino svizzero-iraniano, Mohammad Abedini, ricercato negli USA e fermato dalla Digos in Italia, all’aeroporto di Malpensa. A parlare di quanto accaduto a Cecilia Sala, con una serie di storie su Instagram, è Giuseppe Flavio Pagano, fotografo ed ex giornalista, attualmente social media strategist delle biblioteche comunali di Firenze.
Pagano, molto attivo su temi riguardanti la geopolitica e la Palestina, ha ricondiviso il post di Chora Media sull’arresto di Cecilia Sala e ha scritto: “Ci mancava pure la sua ‘santificazione’ con un arresto a Teheran. Rimandatecela in Italia prima che ne facciano biopic stile Oriana Fallaci”. E, sempre su Instagram, ricondividendo una foto con la frase “Free Cecilia”, che sta ormai da ore facendo il giro del web, ha scritto: “La macchina del cringe si è già attivata. Ovviamente sentiremo parlare di archetipi vuoti come ‘libertà di informazione’ con il faccione ammiccante della Sala, quando ieri è sembrato per tutti normale bombardare un furgono della stampa a Gaza con cinque giornalisti dentro, e non spendere mezza frase”. E sempre nelle sue storie su Instagram ha continuato: “Prima che parta la fiction collettiva che ritrae Sala come la nuova Oriana Fallaci, vi rinfresco io la memoria sui ‘coraggiosi reportage di Sala’, scritti da Tel Aviv. Tipo la famosa storia del primo missile piombato su un ospedale a Gaza che non era di Isrl ma di Hamas. Una fake news. O ancora la storia del tunnel di Hamas sotto gli ospedali di Gaza, che poi serviva per giustificare ex post i bombardamenti isrl. Detto ciò Sala ha il diritto di tornare in Italia a scrivere i suoi articolacci per Il Foglio senza le manette di Teheran, così come io ho il diritto di scrivere le mie stories senza avere la Digos alla porta”. E ha concluso: “La dialettica ci piace praticarla senza ricorrere alle guardie o ai soggiorni premio in galera. Se proprio dovete strapparvi le vesti, fatelo per gli oltre 200 cronici e fotografi uccisi a Gaza”.
Il fotografo, inoltre, ha anche repostato alcune storie di Selvaggia Lucarelli, che ha repostato una sua storia scrivendo: “Il faccione ammiccante della Sala. Lo ha scritto davvero. Oggi poi”. Pagano ha così replicato, sempre attraverso le sue storie su Instagram: “Nuovo livello sbloccato: la Lucarelli che fa il call out. Selvaggia cita solo quello che gli conviene di un ragionamento molto ampio, dove il problema non è Sala, ma l’opinionismo liberal che si ricorda della libertà di stampa quando pizzicano un italiana in Iran, ma che vive sonni tranquilli con 200 giornalisti morti a Gaza. Il problema è il doppio standard: detto questo non mi pare di aver gioito per il suo arresto. Anzi”. E ha aggiunto, pubblicando un articolo de La Repubblica dal titolo “Selvaggia Lucarelli contro Tasnim: ‘Dispiace che i razzisti non le affittino casa’. E posta video in cui la tiktoker calpesta la bandiera israeliana”: “Lucarelli ha il vizietto del call out, generalmente verso persone che hanno spalle meno forti (non è il mio caso). Un po’ come quando additò sui social una ragazza italo-egiziana perché aveva bruciato una bandiera di Israele (che roba Contessa!). Vai a fare la morale alle fette di pandoro!”.