Chiara Ferragni e i suoi soci rallentano (ma fermeranno?) la crisi di Fenice, la società che gestisce i suoi brand. L’assemblea ha dato il via libera all’aumento di capitale, operazione cruciale per evitare il tracollo dopo un 2024 disastroso sul piano economico e d’immagine. Sisterhood e Alchimia hanno votato a favore della manovra, mentre Pasquale Morgese, azionista di peso con il 27,5%, ha detto no e potrebbe addirittura impugnare la decisione.
Tra il 2023 e il novembre 2024, Fenice ha bruciato oltre 10 milioni di euro, azzerando il proprio patrimonio. Il 2023 si è chiuso con ricavi ancora dignitosi (tra gli 11 e i 12 milioni, rispetto ai 14,3 del 2022), ma il vero crollo è arrivato nel 2024: fatturato ridotto a meno di 2 milioni e una voragine nei conti. Il motivo? Il pandoro-gate. Lo scandalo del dolce solidale non solidale ha lasciato macerie, allontanando pubblico e partner commerciali. L’aumento di capitale, pari a 6,4 milioni, dovrebbe rivitalizzare temporaneamente la società, con Sisterhood pronta a coprire anche le quote che gli altri soci non dovessero sottoscrivere.
L’assemblea ha visto un’ampia maggioranza approvare il piano di salvataggio, con una sola importante opposizione, quella di Pasquale Morgese. L’imprenditore, socio dal 2014 con il 27,5% delle quote, ha votato contro bilancio e aumento di capitale, annunciando che potrebbe addirittura impugnare le delibere. La frattura con Ferragni e Alchimia sembra ormai insanabile, e il rischio di una battaglia legale all’orizzonte è più che concreto.

Dopo quattro mesi alla guida, Claudio Calabi ha centrato l’obiettivo minimo: evitare il fallimento immediato. Con il via libera alla ricapitalizzazione, Fenice può ora contare su 200 mila euro di capitale e su un piano di rilancio che resta avvolto nella nebbia. Il brand Chiara Ferragni ha ancora appeal? Gli investitori continueranno a crederci?
Il nome Ferragni pesa ancora, ma senza una strategia chiara e senza riacquistare la fiducia del mercato, questa potrebbe essere solo una tregua temporanea. E se Sisterhood ha dovuto metterci la faccia (e i soldi) per tenere Fenice a galla, ma nulla è davvero cambiato. La sfiducia di uno dei soci storici è ancora importante, soprattutto perché indice di fragilità, a prescindere dal peso (evidentemente non altissimo) in sede di assemblea. Quale sarà il prossimo passo?
