Perché la bellezza oggi fa così paura? Perché se una ragazza che si sente bella - magari senza ricorrere a punturine e botox - vuole liberamente partecipare a un concorso di bellezza viene sistematicamente colpevolizzata? La bellezza va bene solo se è ancella di qualcos’altro - è bella ma sa anche cantare. In quel “anche” c’è tutto il paradosso dei nostri tempi, dove i social scoppiano di video di beauty care, le giornaliste tv mostrano corpi usciti da Playboy, ma il nemico è Miss Italia con i suoi costumi interi. In società diverse dalle nostre, sulla bellezza femminile viene messo il velo. Noi, da circa un decennio, usiamo il velo dell’ipocrisia, che non è detto sia meno invasivo, anzi. Addirittura ci si spinge a dire che la bellezza non esiste, buttando giù nello scarico del water secoli di indagine filosofico-estetica. Per parlare di questo e di altro incontro una donna che la bellezza femminile l’ha premiata e l’ha anche difesa, quando necessario. Patrizia Mirigliani, patron di Miss Italia (o oggi sarebbe meglio dire patronessa), mi accoglie nella sua casa romana, che però di romano ha poco o nulla. In un’altra vita ho lavorato nel mondo delle fiction tv alla vaccinara, ricordo meeting di lavoro in terrazze di uomini romani convinti che Cristo si fosse fermato a Tor Vergata, e che se proprio avessero dovuto pensare a un luogo esotico avrebbero citato Ostia Lido; Patrizia è invece una donna internazionale, capace di pensare e immaginare il mondo oltre Chiasso – una rarità, in un Paese autoreferenziale fino al parossismo. Qua e là, i ricordi di una vita raccontano un passato glorioso, quando ancora si pensava che il male avesse ben altre forme rispetto a quelle di un concorso di bellezza: dal Telegatto vinto da suo padre nel 1996, al Tapiro ricevuto dallo stesso Enzo Mirigliani per essersi opposto alla miniserie di Dino Risi, allo scatto che la ritrae insieme a un giovane Donald Trump.

Patrizia Mirigliani, chi è la prima ex miss che le ha scritto dopo che è andato in onda il documentario di Netflix?
Nessuna.
Ha avvertito ingratitudine?
No, nel senso che non ho ricevuto nessun segnale dalle mie tante ex miss sul documentario. Capita che durante l'anno ogni tanto ci sentiamo. Ribadisco il concetto espresso più volte sui giornali: Miriam Leone è una donna di carattere importante, un'attrice brava. Non è più venuta a Miss Italia, dall'anno della sua elezione non l'abbiamo più vista, anche se quando ne ha parlato, mi risulta ne abbia parlato bene. Quando è stata eletta ho detto a mio padre: “Dobbiamo aiutarla, facciamo un sacrificio, rinunciamo a qualcosa di economico per lanciare questa ragazza”. E lui cosa mi ha detto?
Cosa?
“Tu sei troppo romantica”. Mio padre era realista, mi diceva “non ti innamorare troppo: ogni anno c'è una corona nuova per una ragazza”. Questo è il senso. Quindi non mi aspettavo che qualcuna di loro mi chiamasse. Chi è molto legata a noi è Denny Mendez, perché ha rappresentato un cambiamento: l'Italia che elegge la prima miss di colore. Era il 1996, siamo finiti sulla copertina del Time.
Nel documentario si capisce come Miss Italia rappresenti ancora un ascensore sociale per le ragazze che vengono dalla provincia italiana, e che vogliono emergere. Lo è ancora nonostante oggi esistano i social?
I social non sono l'alternativa a Miss Italia o a Sanremo. Non possono esserlo, perché il talento di una persona, parlo di talento in relazione alla bellezza nell’accezione di presenza scenica, devi vederlo in presa diretta. I social sono pieni di persone che non sono sé stesse, che girano video un milione di volte prima di pubblicarli, che usano filtri. È una realtà che non esiste, non la demonizzo, la uso anch'io per comunicare ai giovani. Anche Giulia Salemi, una nostra ex miss, è diventata poi una grande influencer.
Aldo Grasso ha scritto sul Corriere: “Si può discutere se possa essere ancora un sogno, nel 2025, diventare Miss Italia. Ma perché non sognarlo, se l’obiettivo è la libertà di autodeterminazione della donna?”. Miss Italia è sinonimo di autodeterminazione?
Assolutamente sì, perché le donne uscite da Miss Italia e sono diventate famose, sono donne che hanno dimostrato di avere delle caratteristiche importanti. Altre si sono fermate alle prefinali, non sono andate oltre. Per esempio Diletta Leotta.
Quindi una Chiara Ferragni, se avesse partecipato?
Non sarebbe arrivata neanche alle prefinali. Quando l'ho vista a Sanremo, mi sono detta: “Lei non sarebbe passata”. Si vede che è tutto costruito. Sui social, se io dico una cosa, la leggo, la rileggo, la cambio, mi faccio aiutare dai consulenti di comunicazione. Quando sei in diretta mica puoi tornare indietro. Sui social ognuno può costruirsi il personaggio che preferisce. Lo studia a tavolino. Ma quanti personaggi usciti dai social hanno trovato la loro dimensione nel mondo dello spettacolo?
Pochissimi, forse.
Mentre a Miss Italia arrivavano le ragazze vere. Sì, è vero: vengono dalla provincia. Vent’anni fa abbiamo avuto una miss che non aveva mai preso un aereo, e forse neanche un treno in vita sua. Per lei abbiamo fatto My Fair Miss.
Ha dichiarato che la prima volta che ha visto il documentario non ci ha dormito la notte. Cosa intendeva dire?
Io non sono un'attrice, sono una donna normale.
Abituata comunque a gestire il concorso, alle luci della ribalta, della televisione.
Sì, ma ci sto con un po' di imbarazzo. Mi sono rivista e mi dicevo: non so se mi piaccio. Ma non dovevo piacermi per forza, ero lì per raccontare. All'inizio mi sono arrabbiata molto per il racconto del territorio, quell’aver insistito molto su aspetti folkloristi di alcuni agenti regionali. Ci sono rimasta male, ma poi mi sono detta: il territorio è questo. Signori cari, illuminati, intellettuali che siete intorno a noi a pontificare, l'Italia è questa. Prendetene atto.

A dare retta a questi intellettuali e soprattutto a queste intellettualesse illuminate, sembra infatti che la bellezza non esista, che gli esseri umani, insomma, siano diventati incapaci di provare emozioni per la dimensione estetica. Il Paese reale mostrato nel documentario dimostra il contrario.
Il dilemma che Gerry ha posto all’inizio del documentario è vero. Gerry diceva: “Una fa Miss Italia, perché è bella”. Sennò si taglia la caratteristica principale, che è la bellezza.
A un certo punto iniziò la moda delle domande alle miss, quella parata surreale di banalità, con donne costrette a pontificare sul nulla. Il sottotesto era: la bellezza è una colpa, dimostrate di essere intelligenti o sparite. Perché in Occidente si ha così tanta paura della bellezza, oggi?
Non me lo spiego, è vergognoso. La stessa premura non la abbiamo con gli uomini: cioè non incolpiamo gli uomini di essere belli, nel cinema o sui giornali, oppure nelle fiction. Nessuno attacca il mondo maschile sulla bellezza. Il mondo femminile invece è stato attaccato, secondo me, da quando la bellezza è diventata un veicolo di libertà. Chi viene a Miss Italia viene per una sua scelta, non c’è nessuno che obbliga le concorrenti.
Nel 2011, dichiara nel documentario, “stava arrivando l'uragano di un certo femminismo”, e quindi decide di togliere il bikini e mettere il costume intero. Questo “nuovo femminismo” può essere ancora fermato o siamo condannate al burqa dell'ipocrisia?
La gente si è stufata. Di quello che è successo nel mondo, soprattutto con il #MeToo, in Italia se ne è fatto un calderone politico dove ci è finito tutto. Non capendo che c'è una grande differenza tra un concorso che non ha mai avuto scandali e che ha difeso le donne e le ha portate all’indipendenza e al successo, da qualcos'altro che invece non aveva senso. Perché togliere Miss Italia? Perché improvvisamente uno deve essere colpevole per aver parlato di bellezza e di promozione della bellezza? Oggi le donne, in alcuni programmi tv, possono essere le potenziali fidanzate di qualche zoticone, che vanno a fare i giochini, a fare la parte delle cornute. È questa è l'immagine della donna che si vuole promuovere?
È la stessa cosa che accade, forse in maniera meno evidente, nei cooking show. Sono ormai piegati a un dualismo estetico evidente: la donna che cucina nel suo tinello, Benedetta Parodi su tutti; l'uomo, lo chef, il giudice che pontifica. E lì dove sta la rappresentazione della donna?
Io in tv vedo una rappresentazione delle donne scomposta, squilibrata. Prendiamo Affari tuoi: ogni sera, tra le concorrenti c’è qualcuna che ha partecipato a Miss Italia. Ma i casting come li fanno?
Tra i criteri di ammissione immutati a Miss Italia c’è l’essere nata donna. Sappiamo che oggi c’è un enorme dibattito su cosa significhi essere donna. In teoria io e lei non siamo donne, ma “persone con le mestruazioni”. Nel considerare solo donna chi ha le ovaie, lei si sente più reazionaria o rivoluzionaria?
La questione delle persone transgender quell'anno è stata molto sentita e molto montata. Erano partite le selezioni da tre mesi e c’era un regolamento. Cosa faccio, cambio il regolamento per allinearmi a un concorso a cui non sono affiliata, Miss Universo? Ragioniamoci: questo Paese è pronto? Ma soprattutto sono pronta io? Queste sono cose serie, devi essere consapevole della tua scelta e portarla avanti in maniera coerente. Non per fare scoop. Basta vedere cosa è accaduto a Miss Olanda. Oggi la vera rivoluzione è la normalità.
Un aspetto che emerge dal documentario, ma che non viene spiegato, erano tutti quegli uomini, perlopiù tiktoker, nati donna, e che hanno voluto iscriversi al concorso in forma di protesta. Ma si sono iscritti veramente?
Ma va! Si sono proposti solo due ragazzi. Non dico che non aprirò mai ai transgender, ma che non è il momento per me. E non lo voglio fare come pretesto per accontentare una parte che magari lo fa solo perché va di moda, come tutte le cose che arrivano dagli Usa. Poi noi non siamo più affiliati a Miss Universe, come nell’era Trump.
Ha conosciuto Donald Trump?
Sì, quando era il proprietario di Miss Universe, appunto. Ero a New York e questo amico comune, che era vicino di casa di Trump, mi ha detto: “Visto che siete colleghi, ho detto a Donald di scendere così lo incontri”. Avevano organizzato una cena per me. Lì si cena alle cinque. Donald è sceso da sopra, ci siamo conosciuti. Questa è la famosa foto che abbiamo fatto insieme.
E come è stata accolta?
È stato molto carino. In Italia che tu sia la patron di Miss Italia non gliene frega niente a nessuno, ma all'estero, a New York per esempio, mi si è aperto un mondo di italiani eccellenti, che mi ha accolta con un amore, con un affetto e un rispetto che in Italia non ho trovato. “Miss Italia nel Mondo” era un concorso che aveva voluto mio padre e che aveva un grande seguito perché era la storia degli italiani, anche di quelli che non vivono più in Italia.

Miss Italia nel Mondo esiste ancora?
No. La Rai ha abbandonato anche quello. Pensare che Miss France va in onda su Tf1 e anche Miss Germania su Rtl.
A proposito di Rai, in una recente intervista ha dichiarato: “Datemi una rete e vi solleverò il mondo”. Su che rete vedresti Miss Italia 2025?
Mi piacerebbe che la Rai mi facesse un'offerta perché trovo ingiusto quello che è successo nei confronti di tante ragazze che ancora continuano a credere a Miss Italia.
Ma lei perché ama Miss Italia?
Perché mi ha ridato vita. Mio padre mi voleva dentro Miss Italia da anni. Io me ne sono fregata e sono andata a vivere undici anni a Trento per costruirmi una famiglia. Poi arriva la diagnosi di tumore al seno. Finisce la storia con il padre di Nicola. Quando arriva questa malattia provvidenziale, un giorno mi trovo alla stazione di Trento, accompagnavo mio figlio che andava a sciare con i Leprotti e penso: “Me ne devo andare, qui muoio”. Chiamo mio padre e gli dico: “Mi permetti di sbagliare e non mi rompi le palle?”.
E ha rotto davvero le palle a suo padre?
Durante la mia infanzia io sono sempre stata la mascotte del concorso. Salsomaggiore era un mondo incantato, fatto di ragazze tutte principesse, con i loro diademi in testa, di grandi attrici in giuria, come Monica Vitti. Poi a 17 anni ho chiesto a mio padre che senso avesse tutto questo. Vivevo a Trento in quegli anni, c’erano le barricate, la sociologia, Mauro Rostagno, Renato Curcio. E mio padre mi rispose, ridendo, “Sei polemica. Lo scoprirai”.
E poi?
Mi ha portata con lui ai Telegatti, era la prima volta che lo accompagnavo a un evento mondano al di fuori di Miss Italia. Erano gli Oscar della televisione. Mio padre scende dalla macchina, c’è un lungo tappeto rosso, e una signora gli dà in braccio il suo bambino. Io mi dico: allora mio padre è un uomo importante. In sala, Fabrizio Frizzi, che presentava, annuncia il premio per “un uomo che ha reso grande la televisione, e per i suoi ascolti, altissimi”, Mio padre si gira verso di me e fa: “Ma io non so nessuno”. In quel momento l’ho assolto.
Perché è scappata a Trento allora?
Perché sono più una donna riflessiva. Forse sarei stata una giornalista, una psicologa. Non ero la donna col pelo sullo stomaco che va lì e spacca il mondo. Consideravo Miss Italia un tempio, il fulcro della femminilità e del rispetto. Quando sono tornata volevo raccontare questo: sono entrata con una tale enfasi, volevo dire alle donne che si devono curare anche se sono giovani, volevo parlare loro di libertà.

Nel 2012, ben prima del #MeToo, ha aperto il concorso alle curvy. Tutti felici?
Per me era fondamentale che una donna taglia 44 o 46 salisse sul palco con tutte le altre concorrenti, non in una categoria distinta. Ero felicissima. Uscirono paginoni sul Corriere della sera. Facciamo le prove, le ragazze salgono tutte sul palco, ma arriva un dirigente Rai che sentenzia: “Via le grasse dal palco”. Era l’anno in cui Azzolini era capostruttura Rai.
Per Miss Italia 2025 ci sono novità?
Stiamo riflettendo se permettere alle ragazze di tornare a sfilare in bikini. Bikini sì o bikini no, siamo sempre sotto il fuoco incrociato delle critiche.
Quindi siamo ancora all’ombelico di Raffaella Carrà nel 1971, a decidere se scoprirlo o meno?
Esatto (ride, ndr).
Adesso dorme la notte?
No, continuo a non dormire.
