Chiara Francini ha calcato il palco del Festival di Sanremo. Fisico favoloso, occhioni immensi, attrice, donna adulta, che forse si sente incastrata in una strada a metà, tra l'adolescenza e l'essere una "donna grande"; non è la sola: come dice una mia amica mettendo le stesse camicie a quadri di venticinque anni fa: "Noi siamo quelle, figlie di Avril Lavigne". Eh già. "Non sappiamo cosa siamo, sappiamo solo cosa non siamo", direbbe Balto e ripete la mia amica. Ecco, io ci descriverei così: una generazione di tante piccole Balte. La Signora Francini ha parlato delle aspettative che il mondo ha nei confronti delle bipedi umane, di quello sguardo pieno di violenza che ti rivolgono gli altri (come se avessero il diritto di farlo) quando timidamente ad alta voce ammetti che non vuoi figli o che ancora non ne hai avuti. E nemmeno sai se li avrai mai. "Donne a metà, quelle che non sgravano." Come capisco questo discorso. "Micol nella vita puoi sbagliare tutto, tranne il padre dei tuoi figli." Parole della mia biondissima vicina di casa sessantacinquenne. E io sbaglierei senza pensarci un secondo, ne sono certa. "Avrei tanto voluto diventare bisnonna Micol". Mia nonna Alda me lo ripete da anni; di recente però una svolta: "Sai vedo i figli delle mie amiche. Hanno già divorziato tutti. Un po' capisco la tua difficoltà". Classe 1938, sono certa che questa donna (figlia di una delle prime donne divorziate della storia del nostro paese) non si sarebbe mai aspettata di ammettere che il "problema" non sono solo io. Un bellissimo monologo quello della Chiara, che tutte quelle che lo hanno ascoltato hanno capito, recepito profondamente e sono certa, che sia stato interiorizzato con angoscia e amarezza a prescindere dall'avere o no figli. La Signora Ferragni la prima sera ha parlato del "non sentirsi mai abbastanza" e al netto della diversità di spessore del testo tra le due conduttrici, anche quel punto lì noi l'abbiamo colto. Perché sei femmina e italica, quella robaccia non puoi non sapere che cazzo è.
Ho due sorelle, nove e quindici anni e per il loro futuro sono onestamente preoccupata. "Non è un paese per donne" chiosava stamattina l'Instagram. Ma dai? Inaspettato. Non vorrei però soffermarmi né sulle mie esperienze né sulle sensazioni che ho provato ad ascoltare la Francini, ma sull'altra polemica: "L'hanno mandato in onda alle due di notte. L'unico monologo che valeva la pena ascoltare alla nove di sera". Considerazione vera, ma solo a metà. Chi sostiene questo ha ragione ma non conosce le dinamiche televisive, dell'intrattenimento e di Sanremo. E ignora come sia il pubblico che ha permesso alla squadra di quest'anno di sbaragliare tutto e tutti. Trovo già miracoloso che sia stato fatto un discorso senza retorica, approssimazione e perbenismo in quel contesto. Amadeus ha fatto quello che ha potuto, ne sono certa. E sono sicura che se avesse davvero potuto essere libero di fare quello che voleva, avrebbe lasciato a quelle parole più spazio.
Ma non poteva e onestamente lo capisco anche. Chi vuole sentire, dopo cena, prima di Paola e Chiara, una serie di verità così segnanti? Chi è pronta ad ascoltare la descrizione di un proprio fallimento in prime time? Vi immaginate poi le patetiche e raglianti reazioni delle "pancine d'Italia"? Queste fanatiche della maternità e dei rapporti tossici? Vi immaginate questa donna con le spalle larghe e una ferita del genere aperta, parlare anche a loro Io no. Se fossi stata un'autrice del festival l'avrei protetta. Avrei protetto il programma, che rischiava di venire appesantito da un pezzo del genere e avrei tutelato lei, che si è esposta più di quanto non abbiano fatto le altre tra parole a volte giuste ma troppo semplici e altre piene di banalissima retorica. Solo chi è davvero interessato al Festival riesce ad arrivare incolume alle due di notte. Un sopravvissuto dei siparietti, delle pubblicità, degli ospiti con poco da dire etc. E quello in realtà è l'ascoltatore giusto per quello che aveva da dire la Francini: sopravvissuti. Perché ragazzi voi questa cosa dovete capirla una buona volta: se sei femmina, se hai passato i trenta, senza figli, senza l'avere in programma d'averne e senza la sicurezza di fare la cosa giusta mettendo al mondo qualcuno, tu questo sei: una sopravvissuta. O una Balta, una roba meticcia a metà. Alle "donne di razza", a quelle che hanno saputo scegliere e che la loro scelta te la fanno pesare, prima o poi vorrei fare chiedere una cosa: io sono libera di essere il cazzo che voglio, quando voglio e come voglio, perché ancora non ho deciso in qualche vestito stare e in effetti non sta scritto da nessuna parte che il vestito che una donna può indossare nella vita debba essere solo uno. Voi che avete scelto solo un cardigan e dei mocassini, come state a vedere un armadio mezzo vuoto? Non affannatevi a rispondere, qualunque sia la vostra scelta, vi sentite come noi: non abbastanza.