Ci sono voluti 2000 anni per far dire alla Chiesa che scopare fa bene alle coppie? Metto in forma interrogativa la frase che ho sentito o letto in giro online. In effetti potrebbe sembrare così, dal momento che il sesso è diventato un argomento tabù soprattutto negli anni Sessanta del Novecento, quando la Chiesa divenne il principale avversario morale della cosiddetta “rivoluzione sessuale” (salvo poi affiancarsi pure a una buona fetta di femminismo che con la rivoluzione sessuale preferì tagliare i ponti; si legga, per esempio, The Case Against Sexual Revolution di Louise Perry, pubblicato da Polity Press). Famigerata l’analisi di Benedetto XVI sull’epidemia di pedofilia e condotte sessuali perverse per colpa dei movimenti libertini del XX secolo. Ancora più famosa l’argomento blando e banalotto usato da una parte della Chiesa per criticare l’omosessualità (Dio li fa maschi e femmine e l’orientamento sessuale è finalizzato alla procreazione). Insomma, la Chiesa ci ha messo del suo per passare per bigotta. Invece era solo saggia e l’ultima nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, Una caro, prova a fare chiarezza. Alla guida del gruppo di lavoro c’è il cardinale Victor Manuel Fernàndez, il prefetto del Dicastero e un “uomo progressista”, cioè vicino a Francesco, che lo ha scelto per questo ruolo. Ma la matrice della nota risulta meno azzardata di quanto sembri se si tiene in considerazione ciò che nei titoli e nelle riprese sui social è quasi sempre sfuggito: non si tratta di una nota dottrinale sul sesso, ma sulla monogamia, cioè sull’unione esclusiva del matrimonio di coppia.
Sintetizziamo brevemente quando si dice, a proposito di sesso, nel documento. L'unità matrimoniale è collegata al fine unitivo della sessualità, che non si limita alla procreazione ma arricchisce e rafforza l'unione esclusiva e il sentimento di appartenenza reciproca. Il verbo “unirsi” indica una stretta sintonia fisica e interiore. L'unione matrimoniale include la dimensione sessuale e corporea insieme alla donazione volontaria d'amore, e il frutto di questa unione fa diventare i due una carne sola nell'abbraccio fisico e nell'unione dei cuori. Secondo Bonaventura, il matrimonio raggiunge la sua pienezza nella consumazione attraverso l'unione carnale, perché solo allora i coniugi diventano veramente una sola carne e il corpo di uno è dato pienamente al corpo dell’altro. Sant'Alfonso de Liguori considera i rapporti sessuali (il "debito coniugale") come uno dei fini intrinseci essenziali del matrimonio, insieme al vincolo indissolubile. Presenta anche il piacere come fine lecito. Alice von Hildebrand sottolinea che la tenerezza dell'affetto tra i coniugi è fondamentale e voluta dal Creatore stesso. Dove regna la tenerezza, la concupiscenza si allontana. Il Concilio Vaticano II afferma che gli atti sessuali nel matrimonio, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che significano e arricchiscono vicendevolmente gli sposi nella gioia e gratitudine. Paolo VI nell'Humanae Vitae sottolinea che l'atto coniugale, per sua intima struttura, unisce profondamente gli sposi mentre li rende capaci di generare nuove vite. Esiste una connessione inscindibile tra significato unitivo e procreativo. Giovanni Paolo II sviluppa il concetto del significato sponsale del corpo nella sua mascolinità e femminilità, rivelando che l'essere umano è stato creato per donarsi all'altro e solo in questo dono trova il vero significato della sua esistenza. Giovanni Crisostomo sottolineava che la continenza esagerata nel matrimonio poteva mettere a rischio l'unità matrimoniale, riconoscendo l'importanza dell'aspetto relazionale che si esprime anche nell'unione sessuale. Giovanni Crisostomo considerava che l'unità del matrimonio, con la scelta di una sola persona, porta a liberare le persone da uno sfogo sessuale sfrenato senza amore né fedeltà, orientando adeguatamente la sessualità. Fine.
Quindi vi diranno che la cosa più importante in tutto questo discorso è la tolleranza verso il sesso a fini non preocreativi. Tutto vero, la novità è evidente se si tiene conto che la nota ha un valore importante in termini comunicativi. Il sesso non è solo finalizzato a fare bimbi. Ma il sesso non è, di base, una gran goduria, a cui si aggiunge un significato supplementare, quello della procreazione. Il piacere, per semplificare, e l’atto di fare figli, sono due facce di una stessa forma di unità, che non è né puramente fisica né puramente spirituale, ma tiene conto di tutte e due le dimensioni dell’essere umano. Si veda la nota 70 in proposito: “San Paolo VI, terminato il Concilio e riprendendo le sue riflessioni sul matrimonio, esprime una profonda preoccupazione in merito ai temi del matrimonio e della famiglia. Anche se nell’Humanae vitae egli desidera sottolineare il significato procreativo del matrimonio e degli atti sessuali, allo stesso tempo vuole mostrare che quel significato è inseparabile dall’altro: quello unitivo. Infatti, egli afferma che «per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce profondamente gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite». In questo contesto, riafferma il valore della reciprocità e dell’esclusività che richiama la comunione d’amore e il perfezionamento vicendevole. C’è una «connessione inscindibile» tra i due significati degli atti sessuali: «Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e l’ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo nella paternità». Per cui, se diciamo che il significato unitivo è inscindibile dalla procreazione, dobbiamo dire allo stesso tempo che la ricerca della procreazione è inscindibile dal significato unitivo, come ha chiarito successivamente San Giovanni Paolo II: «la donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e frutto della donazione personale totale»”.
Insomma, non si tratta di fare sesso a volontà, così come non si tratta e non si è mai trattato, tranne in qualche setta, di produrre in serie decine di figli come fossimo conigli. Il punto è, chiaramente, bilanciare le due pulsioni, sessuale e spirituale, individuale e di specie, attraverso un tipo di legame che crei complicità, esclusività, che doni significato alle azioni, un significato talmente alto, talmente profondo, talmente fondante, che può conferire valore all’atto sessuale in sé. Amare è scegliere e il frutto della scelta non è mai repressivo, non è mai limitante. Se mai serve a incanalare il desiderio, a renderlo maturo. È la differenza tra la fame e la cucina. Non si tratta, quando si fanno buoni piatti, di digiunare, di non provare piacere nel mangiare, ma di mangiare e apprezzare l’equilibrio. E così come puoi mangiare ogni tanto del burro, certo l’amore fisico non farà male, di tanto in tanto, alla coppia. Purché questo si accompagni, appunto, alla fedeltà.