Ci vuole talento politico per vestire bene i panni del governatore e del pizzaiolo. Il rischio, come è successo altrove, è altrimenti quello di sembrare più un pizzaiolo che un governatore. Luca Zaia, che esce dalle Regionali portato in trionfo dalla Lega non salviniana, gongola per i risultati ottenuti. Probabilmente, se si fosse candidato per la Regione, avrebbe vinto di nuovo. Quindici anni sono abbastanza, tuttavia, per garantirsi la fama di leader di buon senso e concreto, che sa, tuttavia, indossare la giacca. Pratica, quest’ultima, che resta difficile non solo ai salviniani (e al più salviniano di tutti, Matteo Salvini, che da tempo pare rappresentare solo se stesso, stanno proprio male).
Brutto a dirsi, ma Zaia è il Conte del centrodestra, solo con più talento. Per questo, secondo un sondaggio di cui scrive Il Foglio, se Zaia guidasse la Lega otterrebbe pure i voti di una parte del campo largo, esattamente come l’ex premier potrebbe ottenere, secondo un sondaggio su Youtrend, le preferenze di una buona parte degli attuali elettori del Pd. Zaia, però, ha dalla sua anche altro. Se Conte è, tra i papabili di sinistra, l’unico ad aver avuto una esperienza concreta di governo (in area Pd bisogna arrivare alla terza e improbabile scelta, Silvia Salis, sindaca di Genova), Zaia incarna l’uomo abile e concreto, il politico che fa, rara creatura. 200 mila preferenze non sono tante, sono tantissime, sono un trionfo, e Zaia ha in mano tutte le carte che sceglierà di prendere dal mazzo, un po’ come se il mazzo fosse girato e ogni carta scoperta e a sua disposizione. In fondo, come ricorda al Corriere, per mantenere fede al patto con i veneti ha rinunciato alla poltrone in Europa e fino a primavera non si saprà se sceglierà di correre per Venezia o no. Intanto, dice, si dedicherà più al partito. Quello di Salvini, per ora...
Allarghiamo il focus al centrodestra. Quante volte e da quanti anni si sente ripetere che Giorgia Meloni è l’unica vera leader italiana ma è al contempo sprovvista di una classe dirigente decente. Il problema della giacca e della cravatta, in altre parole, non è solo della Lega, ma anche di Fratelli d’Italia. Finora il governo ha goduto della credibilità internazionale grazie a Giorgia Meloni, leader del futuro, papabile nuova conservatrice europea (lontanissima, neanche a dirlo, dalla più liberale e iconica Margaret Thatcher), ma ora che la destra è andata istituzionalizzandosi, alla maniera che Marco Tarchi auspicava mesi fa sul Fatto quotidiano per il Rassemblement National di Marine Le Pen, la premier avrà bisogno non di populisti, ma di persone che sappiano indossare abiti per adulti e sappiamo parlare come adulti. Insomma, che possano affiancarla. Tajani, nonostante il volto bonario alla mastro Ciliegia e poca capacità di contare fino a dieci prima di parlare in pubblico, qualcosa riesce a fare, ma Zaia, be’, Zaia potrebbe essere il collante necessario tra politica locale e nazionale utile non solo al Partito, ma all’intera coalizione di governo che si appresta, come è evidente, a governare per altri cinque anni.
Un’ultima nota, dal sapore quasi berlusconiano. Zaia ha capito prima di altri il modo di trattare con i giornalisti e, soprattutto con i The Journalai. Accetta lo scherzo, la battuta, sta al gioco. È simpatico, umano, maturo, un papà che non ti obbliga a tornare a casa alle dieci ma che, qualora avessi un problema, non esiterebbe un attimo a vestirsi a venirti a prendere. È questa l’immagine che dà e alla gente piace, indipendentemente da qualsiasi polemica ideologica. E su questo dovrà basarsi un nuovo centrodestra capace di attrarre, oltre al rispetto internazionale, la stima umana, civile, bonaria, “paesana”, dei cittadini.