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Perché Salvini frena sul ddl consenso? Forse teme l'inciucio Meloni-Schlein sulla legge elettorale? E come mai Mattarella riceve Zaia in Quirinale? Ecco tutto quello che sappiamo

  • di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

  • Foto: Ansa

26 novembre 2025

Perché Salvini frena sul ddl consenso? Forse teme l'inciucio Meloni-Schlein sulla legge elettorale? E perché Mattarella riceve Zaia in Quirinale? Tutto quello che sappiamo
Colpo di scena: Mattarella riceve Zaia in Quirinale. Sarà prassi, ma questo evento ha il suo peso simbolico in un momento delicato, perché Salvini nel frattempo fa dietro front sul ddl consenso. Per Paolo Grimoldi, leader del Patto per il Nord, se la Lega fa la schizofrenica sulla legge per il femminicidio, è solo per evitare l’inciucio Meloni-Schlein sulla legge elettorale

Foto: Ansa

di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

Mentre nelle piazze si sollevano cartelloni con su scritto “io sono marea” al Quirinale va in onda il colpo di scena. Sergio Mattarella ha ricevuto in udienza Luca Zaia. Per chi apprende la notizia in direttissima, pare un evento di portata epocale, dato che Mattarella, al momento non sembrerebbe aver ricevuto altri governatori di regione uscenti. In verità, chi era presente sostiene che questo rientrerebbe nella prassi, dato che ieri il Presidente della Repubblica si trovava a Padova per i settantacinque anni dei Medici con l’Africa Cuamm. Era presente anche Zaia, il quale ha avuto modo di domandargli un’udienza, e Mattarella ha accettato. Molti però si stanno domandando se quest’incontro non possa rappresentare, in verità, una consacrazione politica da parte della massima autorità dello Stato. Se sì, per cosa? “Questa notizia, in qualche modo, non può non legarsi al risultato ottenuto in Veneto” commenta il leader del Patto per il Nord, Paolo Grimoldi. “Ci fosse stato Matteo Salvini al posto di Zaia i voti incassati dalla Lega sarebbero stati dieci volte minori. Ora, invece, l’ex governatore può giocare una partita tutta sua perché ha un ventaglio di possibilità di fronte a sé molto varia, ma se solo avesse fatto pesare di più le sue perplessità nel Congresso Federale di qualche mese fa, ora ci sarebbe lui al posto di Salvini. Evidentemente non c’è stata la determinazione, il coraggio, di porre la questione. La Lega a questo punto è il partito del Ponte di Messina e lo sarà per i prossimi 4-5 anni. Purtroppo, per il futuro di questo partito, non vedo nessuna speranza di rimonta, nonostante l'ottimo risultato di Zaia, e ricordiamolo, suo e soltanto suo”.

Luca Zaia Ansa
Luca Zaia all'apice Foto Ansa

Tutto questo accade in un momento molto particolare. La notizia dell’incontro del Doge con Mattarella è freschissima, giunta a distanza di appena ventiquattr’ore dalle parole della leghista Giulia Bongiorno a proposito del Ddl Consenso, frenato in particolare dagli uomini del Capitone. Secondo Grimoldi “La Lega di Salvini premier è ormai diventata una forza politica inaffidabile e schizofrenica. Sulla legge per il femminicidio alla Camera prima hanno votato a favore e poi al Senato si son detti contrari. Cambiano idea su tutto, ogni giorno”. Il fatto che questo accada a ridosso delle elezioni in Veneto è sintomatico. Certamente, la Lega può riprendere fiato, ma ora, ubriaco d’ossigeno, Salvini fa la voce grossa con Meloni e tuona “io esisto” attraverso il “pizzino” in punta di penna della Bongiorno, che da un lato si dice a favore dell’iniziativa legislativa proveniente dal centro-sinistra, dall’altra dice di comprendere l’esigenza di alcune modifiche del Ddl Consenso, sperando che tutto si possa risolvere “nel giro di poche settimane”. La premier, sorda da un orecchio, ci sente molto bene dall’altro e afferra la velina di Salvini. “Perché dovrei farti un favore se tu non mi dai nulla in cambio?”. La legge sul femminicidio vale tanto quanto, ad esempio, l’intesa sul candidato in comune per la Lombardia e anche se ci si avvicina al Natale, non è tempo di regali. “Non conosco il retroscena”. L’unico sospetto che dice di avere Grimoldi è che, sulla base di questo accordo tra Meloni e Schlein, “possa esserci anche un eventuale dialogo sulla legge elettorale, che effettivamente potrebbe mettere Salvini con le spalle al muro. Forse è questa la ragione di questa sua mossa sul ddl”. Ovviamente in tutto questo Elly Schlein s’è infuriata, e ha pure minacciato Meloni - “rispetti il patto!” - anch’ella ringalluzzita dal “successo” in Puglia e in Campania. Ma cosa c’è di interessante in tutto questo? Beh qualcosa li accomuna un po’ tutti quanti, questi personaggi. Come personaggi in cerca di autore, questi leaders, Salvini, Schlein, Meloni, sono tutti alla disperata ricerca di qualche pastore o sceriffo che torni a guidarli sulla retta via.

Matteo Salvini Ansa
Matteo Salvini nell'ora più buia Foto Ansa

A partire da Salvini in Veneto, dove tutti i voti raccolti dalla Lega sono un risultato personale di Luca Zaia, che s’è preso più di duecentomila preferenze. Qualora il Doge scegliesse di andarsene dalla Lega, magari di rivolgersi ad un centro-destra più moderato cosa potrebbe accadere? Non succede, ma se succede? Salvini non può restarsene appeso ad un filo, non può permetterselo. E allora come insegna Sun Tzu, quando sei debole mostrati forte, quando sei forti fingiti debole. Ora mostra i muscoli e fa la voce grossa perché la Lombardia è una partita esistenziale per la Lega. E fa la voce grossa perché a proposito alla sconfitta di successo in Campania, il più fedele tra i Fratelli d’Italia, se va bene, si permette di dire “siamo partiti tardi”, ma la verità è che da quelle parti ha vinto un personaggio che era sparito dai radar perfino dei suoi, Roberto Fico, non certo Pico della Mirandola! Fdi, qui, avrebbe dovuto dimostrare di sapersi muovere con una mano dietro la schiena, e invece non l’ha fatto. Qui Meloni ha perso la bussola. E non è che a sinistra le cose stiano molto diversamente. La Schlein che s’infuria per il ddl consenso è la stessa entusiasta del campo largo in Puglia, grazie al quale assorbe i residui dei 5stelle agonizzanti di Conte. Il campo largo, conviene, certo! Ma solo al Pd. Ma soprattutto, la Schlein che s’infuria e fa la voce grossa, un po’ come Salvini, è la stessa che si entusiasma per la vittoria di Decaro e non si preoccupa minimamente del fatto che la prima domanda che i giornalisti gli hanno rivolto è “si fermerà qui?”, come a dire, “sarà lei a prendere il posto della Schlein?”. Decaro ha tanto lavoro da sbrigare, ora, e non si sbottona, “un segretario c’è, ed è Elly Schlein”. Ma dietro a tutti questi operai della politica, che siano essi di Fdi, Lega, Pd, manca a ciascuno un architetto o un ingegnere che indichi loro la via da seguire, dato che incessantemente costruiscono, mattone su mattone, un edificio storpio che presto si vedon costretti a buttare giù per poi ricominciare da capo. Il Pd forse, qualora di “complotto” al Quirinale davvero si sia trattato, se n’era accorto, ma ad ogni modo è troppo tardi, perché ora, come per Hezbollah da Israele, il piano è stato decapitato. E intanto la Lega di Salvini, più schizofrenica che mai, per ora, su questo argomento tace. Chissà ancora per quanto.

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