Le regionali in Veneto sono all’orizzonte e saranno un bel banco di prova per capire dove andrà a sbattere la testa la Lega, trafitta da più laceranti problemi non del tutto innocui. Anche perché Zaia, che si è messo di traverso al partito di Salvini, è destinato a comparire come capolista in tutto il Veneto e a seconda di come andranno queste elezioni, capiranno un po’ a tutti chi è che comanda in Padania e potenzialmente anche altrove. Prima del recente congresso federale in via Bellerio, convocato in fretta e furia dopo il tracollo di Vannacci in Toscana, non si sapeva se Zaia vi avrebbe preso parte, ma alla fine, quello a non partecipare è stato proprio il generalone, il capro espiatorio dei risultati pessimi ottenuti. Nel congresso, infatti, proprio di lui si è discusso, e dunque era necessaria la sua assenza, cosicché si potesse parlare liberamente non solo della Toscana, ma pure delle sue iniziative intraprese in totale autonomia. Tutte responsabilità che a cascata si riversano su Matteo Salvini, sempre più in difficoltà, tanto da esser costretto a fare mea culpa a proposito di aver scelto Vannacci come cavallo di battaglia, di fronte a quella piccola fronda di leghisti confluiti nel Patto del Nord, pur sempre una minoranza benché suggestiva per l’immaginario che evoca e in qualche modo influente data la sua vicinanza al sempre più determinante Doge, Luca Zaia. Inoltre, se avete seguito le ultime ospitate in televisione del generalone, avrete notato che adesso viene attaccato anche dagli stessi presentatori vicini al centrodestra che fino a qualche tempo fa gli lisciavano il pelo come nuovo rampollo della politica leghista. Segnali che “la pacchia è finita”? Forse.
Addirittura personaggi semi-sconosciuti ai più come la bersagliera pinerolese Stefania Bardelli, ormai ex sodale di Vannacci, parrebbero aver recepito l’antifona. La signorina, infatti, avrebbe guidato ammutinamento verso l’ex generale insieme con i suoi, ormai ex pure loro, seguaci. Dopo aver organizzato in totale autonomia dal partito locale incontri istituzionali e quant’altro, la Bardelli avrebbe annunciato per il 15 novembre un’uscita pubblica con Marco Rizzo, ottenendo come risposta da Vannacci un silenzio imbarazzato. Da qui la bersagliera Bardelli ha così trovato la scusa perfetta per abbandonare Vannacci e sabato prossimo sarà nel pomeriggio a Treviglio, in provincia di Bergamo a un’assemblea del Patto per il Nord di cui sopra. Certo, questo è solo un esempio, ma un ex generale non sarebbe tale se non avesse un piano B. E’ noto che Vannacci abbia interesse a coltivare una rete politica parallela a quella della Lega, e vicina alla destra extra-parlamentare che fermenta in questi tempi tra piazze organizzate all’ultimo momento e personaggi improbabili che gravitano nell’orbita dell’iracondo sindaco di Terni, Stefano Bandecchi. Come scritto sul Dubbio il 23 ottobre, attorno ai team vannacciani si muove un sottobosco politico ben più ramificato di quanto non si possa credere. Vannacci, infatti, prima del congresso federale si sarebbe dato appuntamento a cena con i responsabili delle cellule di Milano, Busto Arsizio e Verona, invitando alla tavolata anche i promotori del think tank “il Talebano”, laboratorio della destra radicale precedentemente legato a personaggi come Vincenzo Sofo, ex leghista e oggi europarlamentare di Fdi, marito di Marion Maréchal. Il congresso federale di via Bellerio proprio per tutto questo, ma non solo, è stato in qualche modo un punto di svolta. L’impressione è che qualcosa si sia mosso, inoltre, su impulso di tutte le infezioni che stanno divorando la Lega dalla periferia della sua rete politica e che rischiano di raggiungerne il cuore. Per sopravvivere, dunque, la Lega è forse sul punto di amputare un arto in gangrena?
La proposta di Zaia di una Lega confederale sul modello della Cdu tedesca, composta da una branca per il Nord e una per il Sud, sembra giungere proprio in questo senso e con un tempismo interessante. Ma sarà sufficiente a isolare il fallimento nel caso andasse in porto l’idea? Attualmente fanta-politica, ma è anche vero che le elezioni in Veneto saranno certamente un catalizzatore di varie reazioni chimiche, mettendo in luce vari dossier sin’ora rimasti inabissati. Uno di questi casi è quello di Angelo Ciocca. Vannacci, candidandosi alle europee nella circoscrizione nord-ovest ha di fatto penalizzato l’ex eurodeputato leghista, che questa volta non è riuscito a guadagnarsi la riconferma a Strasburgo e dunque non ha potuto usufruire dell’immunità parlamentare nell’inchiesta sul “sistema Pavia”, da cui è peraltro ha avuto origine la riapertura del caso di Garlasco. Ciocca, rinviato a giudizio dalla procura della repubblica di Pavia è accusato di istigazione alla corruzione, corruzione e falsità ideologica in merito alle vicende che avrebbero interessato il comune di Vigevano. Secondo l’accusa, nel novembre 2022, Ciocca e un imprenditore edile locale avrebbero offerto circa 15mila euro ad una consigliera comunale affinché si dimettesse, in modo da far cadere la giunta di centro-destra in comune. Il processo avrà inizio il 4 dicembre e al tempo stesso, lo “sfortunato” Ciocca compare nei fascicoli della Procura di Brescia a proposito del cosiddetto “sistema Pavia” come persona “attenzionata” per possibili rapporti con magistrati e carabinieri. E’ un caso di cui si è già scritto in questo periodo, ma presto si tornerà a parlarne con più vigore.
E questo sarà un colpaccio per la reputazione della Lega alle prese con il Veneto, se pensiamo che anche a sud il caso dell’alleanza politica tra la Lega e la nuova Dc siciliana di Totò Cuffaro rischia di avere ripercussioni molto pesanti oltre che sulla reputazione del partito, anche sulla credibilità di Salvini e del progetto di Ponte sullo Stretto, dato che Totò Zasa Zasa Cuffaro, secondo i pm, avrebbe ricercato opportunità politiche, occupazionali e risorse economiche proprio nella “grande opera” così rafforzare il suo potere e il proprio sistema clientelare. Dopo il rinvio a giudizio di Cuffaro e di Luca Sammartino, il braccio operativo di Matteo Salvini in Sicilia, la Lega ha fatto dietrofront sull’alleanza politica con la Dc per le prossime elezioni, rinnegandola. La prova che spesso la toppa è peggio del buco. Così si tratteggia la trama delle ferite che attraversano da capo a fondo, la Lega di Salvini, ma l’incognita su quale fine farà il generalone Roberto Vannacci rimane tale. Dopo le elezioni si sveleranno le carte che ancora rimangono coperte. Il Capitone nel frattempo ha ribadito che Zaia “non andrà in pensione” e che se lo vorrà potrà essere valorizzato anche a Roma, “continuando a difendere i veneti anche a livello nazionale”. Cosa vuol dire? Che Zaia dopo le elezioni potrebbe prendere il posto di Vannacci come vice di Salvini? E’ certamente troppo presto per fare previsioni del genere, e una manovra del genere non si fa così da un momento all’altro. E’ vero, però, che un cambiamento prima o poi dovrà arrivare, e sarà abbastanza radicale, per quanto possibile.