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Pluribus, la nuova serie ideata dal creatore di Breaking Bad, è perfetta se ti sembra di essere sempre circondato da idioti

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

8 novembre 2025

Pluribus, la nuova serie ideata dal creatore di Breaking Bad, è perfetta se ti sembra di essere sempre circondato da idioti
Da Vince Gilligan, creatore di 'Breaking Bad' e 'Better Call Saul', arriva una nuova serie, 'Pluribus'. Sbarcata di fresco su AppleTv+, i primi due episodi disponibili sono una bomba. Se hai l'impressione di essere circondato, ogni giorno, da una massa di idioti che 'pensano', dicono e fanno sempre le stesse cose, sappi che potresti non avere torto. Nella narrazione, accade per via di una sorta di virus alieno che ha contagiato l'intera umanità rendendola incredibilmente stupida. E chi non si allinea, è un pazzo che deve essere indotto a far parte di questa 'mutazione' in individuo addormentato, parte di un 'tutto' di massa. Siamo di fronte al ritratto di un futuro distopico o alla fotografia del nostro beota presente?

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

'Breaking Bad', 'Better Call Saul' e ora 'Pluribus'. C'era grande attesa per il nuovo progetto del papà dei primi due titoli, capisaldi della serialità mondiale, Vince Gilligan. E le due puntate d'esordio, di fresco disponibili su Apple Tv+, risollevano le già altissime aspettative della vigilia. La trama è presto detta: una scrittrice di best-seller rosa di infima qualità, Carol Sturka (l'attrice Rhea Seehorn) scopre in maniera tanto improvvisa quanto traumatica di essere rimasta tra i pochissimi sulla Terra immune a una sorta di virus alieno (?) che ha trasformato l'intera 'umanità in un'unica intelligenza (si fa per dire, ndr) di massa. Da un secondo con l'altro, tutti si mettono a parlare all'unisono, hanno gli stessi pensieri, ideali, si concepiscono non più individui ma come un gigantesco 'noi'. Carol si ritrova sola, o quasi, in questa situazione surreale e non ha idea di come fronteggiare tale strambissima apocalisse. Potrà trovare un modo per ripristinare la 'normalità? Dopotutto, converrà davvero ripristinarla? Le 'nuove' persone che circolano ora sul globo terracqueo avranno pure rinunciato al proprio cervello e di loro non sono rimasti che gusci vuoti, megafoni atti alla ripetizione di parole e concetti vuoti. Ma sono anche gentili, disponibilissime, vegetariane, stracolme di buoni sentimenti: gente che non si metterebbe mai, per esempio, a inventarsi una guerra. Un'umanità addormentata, ma paciosa e concorde, dunque, potrebbe essere la soluzione a ogni male del mondo? 

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Mentre la tv le parla per convincerla a diventare come tutti gli altri, Carol si mostra sempre più incazzata. Solo che non può. Le emozioni forti, in una parola il dissenso, non sono gradite all'intelligenza di massa: provocano migliaia se non milioni di morti in ogni parte del globo. Il battito d'ali di un neurone, insomma, causa danni inestimabili. Queste le regole del nuovo 'risorgimento', del progresso, del futuro. Ma siamo poi convinti di essere davanti al ritratto di un futuro distopico? A occhio, il nostro presente non sembra poi così lontano da questa precisa fotografia di idioti prodotti in serie, tutti uguali e senza l'ombra di una opinione che sia anche solo vagamente personale. Ripetono ciò che sentono dire più spesso, come del resto è sempre accaduto, nel tempo, grazie alle pubblicità, alla tv, ai mezzi di comunicazione in generale. Coi social, ovvio, la situazione non può che essersi ingigantita a dismisura. 

Basterebbe aprire X per rendersene conto: ci sono una decina di argomenti, i trend, del giorno. E di quelli si discute. Di quelli si discute, anche animatamente, per farsi notare, per mostrarsi dalla parte giusta (o da quella sbagliata) della storia. Ma quale 'storia'? Il nuovo disco di Giorgia che fa tanto commuovere tutti quanti, Elodie che si esibisce live desnuda e sensuale, il politico che si centuplica lo stipendio alla faccia nostra, cosa succede nella casa del 'Grande Fratello', le sorti di questa o quella squadra di calcio. Qualsiasi di questi 'trend' ha a che fare, pure minimanente, con la nostra vita di ogni giorno? Impatta per davvero sul nostro quotidiano, sulla qualità dell'esistenza che ci tocca vivere? No. Ma sembrano importantissimi, mica se ne può fare a meno. Perché? Perché è ciò di cui parlano tutti. Ed eccola qui, hic et nunc, l'unica intelligenza che in 'Pluribus' spaventa quanto l'apocalisse. Le persone già oggi non pensano. Perché vogliono diventare virali, perché devono difendere il proprio idolo, perché hanno altro da fare ed è più semplice ritrovarsi imboccate che principiare una discussione auto-concepita. Si vorrà mica passare per scassamaroni? Non è educato. 

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Chi, su qualunque argomento, ha un pensiero (differente) viene giocoforza bollato come pazzo. O non rilevato. Sui social leggo ogni giorno, anzi ogni minuto, le cose peggiori scritte da masse di persone che seguono i personaggi 'giusti', sposandone i bei messaggi di 'inclusione', 'empowerment femminile' ecc ecc, salvo poi sbranare chiunque si arrischi a non apprezzare il cantante, l'attore o perfino il concorrente da reality che hanno erto a ragione di vita proprio per via di quei bei messaggi.

I 'bei messaggi', qualcosa di candido e condivisibile con cui non si può che essere d'accordo, stanno oggi alla base di qualunque tipo di comunicazione mediatica, specie se volta alla vendita. Così come hanno cominciato a fare i brand, oramai da qualche annetto, così anche i personaggi celebri o gli aspiranti tali non sono né vogliono farti comprare un prodotto (musica, film, beveroni detox). No, 'tu' non acquisti il paio di jeans di quel brand perché ti piacciono o 'sono di moda': li acquisti perché quel brand ha tanto a cuore l'inclusione, la salvaguardia degli animali, i diritti delle donne e/o via dicendo. È davvero così, te lo 'dimostra' con ogni pubblicità e #adv. E la promozione, è noto, non mente mai.

Siamo già diventati una società globale di buoni(sti) che ha abdicato al proprio cervello per 'scegliere' ciò che è giusto. Solo che 'ciò che è giusto' non proviene qualsi mai da una decisione personale, bensì da quello che fanno e dicono tutti. Perché, come noi, lo hanno sentito gridare più forte da qualcun altro: un politico perentorio, un'influencer tanto gentile che ci 'porta con sé' tutti i giorni nella sua vita, insomma da un qualsiasi megafono di cui siamo portati a fidarci senza fare troppe domande perché è lì che tira il vento e se ci sta già così tanta gente, non può essere la direzione sbagliata. Opporsi fa parte del medesimo circo perché comporta innanzitutto il discutere dello stessa tema, pur sempre vuoto di significato, del giorno. E poi scatena la reazione dei 'giusti', rimpolpando il trend e rendendolo ancora più visibile a un numero sempre maggiore di utenti che, in questa maniera, pur non interagendo, si formano un'opinione. È sbagliato criticare Elodie per come si (s)veste in scena. Si tratta di un atteggiamento retrogrado e patriarcale in cui nessuno, eccezion fatta per quelli 'di destra' (sì, siamo arrivati a svuotare di significato anche le fazioni politiche, ndr), si vorrebbe riconoscere. Ne consegue, dunque, che a prescindere dai brani della cantante e dai gusti personali, chiunque non apprezzi Elodie sia matematicamente contro tutte le donne e le loro libertà individuali. Questo è il frutto del marketing a sfondo politico-sociale, come del marketing delle emozioni: la storia triste, il dramma del personaggio famoso raggiunge tutti al cuore. E allora tu non compri più un disco, non vai più a vedere un film, no: supporti lui (o lei), la sua famiglia, senti il dovere morale di 'stargli vicino'. Anche perché quella è la parte giusta della storia, lo dicono tutti. Se non lo fai, se non ti interessa, sei uno stronzo. O un pazzo (comunque senza cuore). Intanto, nessuno si chiede come mai la comunicazione, soprattutto quella commerciale, sia diventata una sorta di intervista cuore a cuore, di dialogo o monologo sulle fragilità personali di enormi milionari che ci piangono in faccia (per alzare il fatturabile). Dall'esterno, però, è evidente come e quanto funzioni, in termini economici (e di hype). Chi non si lamenta, non è in trend. E quindi passa inosservato a prescindere dalla qualità di ciò che propone - non è più questo il punto, non importa a un'anima.

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'Pluribus' fotografa la distorsione del presente, spacciandolo per futuro distopico. Con grande suspance e, grazie al cielo, non senza affilata ironia. Tutto questo non può che entusiasmare chi è rimasto, in qualche maniera, fedele a se stesso, provando orrore verso 'la massa' che, da gregge di pecoroni addormentati, si muove fino ad armarsi per questioni tanto futili solo perché è ciò di cui parlano tutti. E, quindi, non possono che essere importanti. Se se ne lamenta un'influencer da milioni di follower, vuol dire che il tema, fossero anche le doppie punte, non può né deve essere ignorato. Non lo ignorano i media in primis, dando largo spazio allo sfogo della nuova eroina del giorno che dichiara di battersi contro qualcosa, spesse volte inventato di sana pianta per ottenere il famigerato quarto d'ora non più di celebrità, ma di visibilità. Spesse volte, può bastare per coprire almeno un anno e oltre di lavoro 'vero'. Ma questo è un pensiero da stronzi, ferirebbe la sensibilità di tutti. Quindi, non si può dire, figuriamoci twittare. E l'assenza di dissenso e/o il dissenso soffocato, vituperato dai più conviene sempre. A qualcuno.

'Pluribus', stando alle prime due puntate d'esordio, è una serie che si preannuncia capolavoro non soltanto per trama, regia e recitazione, ma per le riflessioni che la visione di questa umanità di sopiti replicanti potrebbe generare. Serve davvero il contagio di un qualche 'virus' forse alieno o ci stiamo già avviando verso quella precisa direzione? Intanto, se ogni giorno pensi di essere circondato da idioti, potresti non avere torto. Per tutti gli altri, per i 'Pluribus', sogni d'oro: sweet dreams are made of this, who am I to disagree? 

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