Sul delitto di Garlasco ha scritto un messaggio, pubblicato su X, limpido e conciso: “Non capisco perché Alberto Stasi non abbia mai accusato Andrea Sempio e si sia fatto condannare in silenzio. E ancora oggi non lo accusi!". Una frase recuperata da Libero il 21 maggio scorso. La macchina di Garlasco, però, da quel 21 maggio ha proseguito a marciare, generando ulteriori voci, mezze verità, mezze bugie. E Carlo Taormina, l’autore di quel post su X? Al celebre avvocato di mille battaglie abbiamo chiesto qualcosa di più.
Avvocato, ritiene che i silenzi di Stasi siano una nota particolarmente stonata all’interno di questo groviglio pavese?
Quando penso a Garlasco, penso all'essenza delle cose. E l'essenza delle cose dimostra che non c’è ombra di dubbio che Chiara Poggi sia stata uccisa da una sola persona. E che Chiara Poggi sia stata punita, con la morte, per suoi determinati comportamenti. Quindi si è trattato di un delitto che non ha nulla di premeditato, un omicidio d’impeto. L’assassino aveva contatti con Chiara, ma cosa ha scatenato la sua violenza?
Ecco, cosa?
L’assassino era “di famiglia”, una persona conosciuta dai Poggi. Quindi mi è sempre parso strano che nessuno sapesse nulla di Sempio. Badate bene, io non ritengo però che ci sia un concorso di più persone, ritengo appunto che la scintilla mortale sia scoccata durante una conversazione tra l’omicida e Chiara. Credo anche, però, che nessuno, nel corso di un processo, possa stare zitto – come zitto è rimasto Stasi – se ritiene di essere innocente. Ti fai dieci anni e non coinvolgi mai nessun altro? Non è possibile, su. Io dico che Sempio non è l'assassino, perché non doveva punire Chiara, ma…
…Ma chi poteva avere interesse a punire Chiara?
L'unico era Alberto Stasi. Semmai penso che Sempio sia il movente dell’omicidio e questo è il tema su cui sarebbe necessario confrontarsi. La causa scatenante è Sempio, ma solo uno ha ucciso Chiara e questa persona è Stasi. Se Sempio avesse avuto interesse nei confronti di Chiara Poggi, l'ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata quella di ammazzarla.

La suggestione di Fabio Anselmo
Fabio Anselmo, l’avvocato di battaglie epocali (Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi), è uomo posato, di estremo senno. Difficile farlo sbilanciare. Però su Garlasco qualcosa ci ha detto. “Parlo non per conoscenza diretta dei fatti – e poi se fossi ben informato potrei parlare solo nelle sedi deputate –, ma per anni di esperienza sul campo. Devo ammettere – afferma Anselmo – che iter processuali così tormentati non sono una novità per me. E ciò che ora sta emergendo da Garlasco non mi sorprende affatto. Non mi sorprende che qualcosa di poco chiaro possa provenire dal substrato sociale che oggi gli inquirenti sono tornati ad indagare. E neppure i depistaggi".
Cosa invece non accetta di questa vicenda?
Di questo caso, ma anche di tanti altri casi, non tollero più il voyeurismo. Sia chiaro, ogni caso giudiziario è uguale solo a sé stesso. Io ho vissuto situazioni complicatissime (il processo per l’uccisione di Stefano Cucchi) che, almeno in partenza, non parevano così intricate. E invece ci sono voluti 15, 16 anni per ottenere giustizia. Saremo arrivati a una ventina di gradi di giudizio, capisce? Ebbene, lungi da me paragonare le due vicende, ma cosa hanno in comune, purtroppo, il caso Cucchi e Garlasco? Un eccessivo voyeurismo mediatico. E per voyeurismo non intendo, genericamente, la scabrosità di alcuni elementi dati in pasto all’opinione pubblica, bensì quei dettagli assolutamente ininfluenti rispetto alla vicenda in oggetto. Dettagli gratuiti, marginali. Il processo mediatico è necessario, persino indispensabile, per la nostra democrazia. Ma la morbosità, il voyeurismo, non devono far parte di questo pacchetto. Io, peraltro, stigmatizzo fortemente la tentazione di mettere il bavaglio alla stampa, tentazione evidente per questo governo. Sostengo ciò che afferma il professor Glauco Giostra: bisogna garantire il pluralismo delle faziosità. E il rimedio alla faziosità – sostiene sempre Giostra – non è la censura, bensì favorire ancor di più la libertà di stampa.

