Più di vent’anni alla guida di “Chi l’ha visto?”, trasformandolo da programma cult sulle persone scomparse a presidio costante di indagini e casi di cronaca nera che hanno segnato l’Italia. Federica Sciarelli, intervistata dall’edizione 7 del Corriere della Sera, racconta un mestiere che si nutre di ostinazione e resistenza, ma che negli anni ha visto cambiare anche il pubblico, sempre più attratto dalla cronaca nera come forma di intrattenimento: “Persino quando porto giù il cane le persone mi chiedono che ne penso” dice a proposito del delitto di Garlasco e dell’omicidio di Chiara Poggi. “Come mai avete questa ossessione? Il caso è importante, può aprire tante porte, ma non è sano pensare dalla mattina alla sera agli omicidi. Prima c’erano la velina e il calciatore, oggi incontro solo gente che vuole fare il criminologo. Finito di lavorare, io chiudo tutto e vado sui pattini”. Un approccio, il suo, che non cede mai alla fascinazione morbosa. Sciarelli spiega di assorbire il dolore dei familiari delle vittime e trasformarlo in determinazione: “Uno lascia un biglietto in cui scrive che non riesce a comprare i regali di Natale ai figli e si vuole andare a buttare di sotto: che fai, non lo cerchi? Io assorbo il dolore e lo trasformo in ostinazione”. Ed è con questa ostinazione che ha affrontato alcune delle battaglie più importanti, a partire dalla sua svolta professionale con il caso di Elisa Claps. “Mi sono presa querele, articoli contro. Ma avevo studiato il caso ed ero certa che Danilo Restivo l’avesse uccisa. La andavano a cercare in Albania, Slovenia, dicevano di averla vista in un monastero. Chiesi il permesso alla madre e al fratello di iniziare a chiamarlo omicidio con occultamento di cadavere. Quando trovarono il corpo in chiesa, dopo diciassette anni, lo schema di pensiero finalmente è cambiato”.

Poi allarga lo sguardo anche ai femminicidi, che restano una costante nel suo lavoro: “Le donne subiscono, sperando che la situazione cambi. Ma il primo schiaffo è uno schiaffo di troppo. Non c’è paura della pena: sanno che li aspetta il carcere, ma l’odio nei confronti delle donne è più forte. Le ragazze sono sempre più libere e intraprendenti. È come se questi uomini, incapaci di stare al passo, te la volessero far pagare”. Il programma, dice, è stato anche strumento per incidere a livello legislativo, come nel disegno di legge sugli scomparsi: “Se vai a denunciare il furto di un motorino si fa subito: perché se a sparire è una persona devono farti aspettare 48 ore? Abbiamo insistito su questo e sull’incrocio del dna dei cadaveri non identificati e di chi è sparito. E continuiamo a dire di non parlare di allontanamento volontario: è successo anche con Giulia Cecchettin. Se si parte male con le ricerche, poi è tutto in salita”. La conduttrice ricorda anche l’inchiesta di Villa Pamphili, con la tragedia di Anastasia e della piccola Andromeda, due vite spezzate dalla violenza e dall’indifferenza. “La madre di Anastasia, in Siberia, era convinta che lei stesse con un bell’americano che lavorava nel cinema. La ragazza si faceva foto davanti a case meravigliose, invece vivevano per strada. Nonostante le difficoltà abbiamo scoperto la tragica fine di Anastasia e Andromeda. Quest’uomo andava in giro ubriaco, con la bambina in evidente stato di maltrattamento, e non è stato fermato. Le segnalazioni c’erano: le forze dell’ordine avrebbero dovuto metterla in sicurezza”.