Diciotto anni dopo l'omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco torna al centro della scena giudiziaria e mediatica. I periti saranno infatti chiamati ad analizzare nuovamente, in contraddittorio tra le parti, il materiale biologico raccolto nel 2007, per confrontarlo con i profili genetici di numerosi soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nella vicenda.
Nel dettaglio, verranno rivalutati i risultati degli esami genetici già effettuati, e messi a confronto con il Dna di Andrea Sempio, Alberto Stasi, dei familiari di Chiara Poggi, e di altre persone vicine alle due cerchie: Roberto Freddi, Mattia Capra, Alessandro Biasibetti (amici di Sempio), Marco Poggi, Marco Panzarasa (amico di Stasi), le gemelle Paola e Stefania Cappa, e infine carabinieri e soccorritori intervenuti sulla scena del crimine.
Un’attenzione particolare sarà rivolta alle impronte rilevate nella villetta di via Pascoli. Si tenterà infatti di isolare tracce genetiche anche dalle «para adesive», usate per raccogliere impronte da superfici lisce. Su 60 impronte totali, 35 verranno analizzate: si tratta delle tracce evidenziate sul portone d’ingresso, sulla porta a soffietto che conduce alle scale della cantina, e su quelle di cucina, tinello, corridoio, bagno e garage. A queste si aggiungono quelle trovate sulle ante della cucina e sul sistema d’allarme.

Resta invece incerto il destino dell’“impronta 33”, repertata sulla parete vicino al corpo della vittima e attribuita ad Andrea Sempio: non sarebbe stato ancora rintracciato l’intonaco "grattato", né la provetta contenente la soluzione in cui la polvere era stata disciolta per i test, rendendo difficoltosa un’eventuale verifica della presenza di sangue.
Ulteriori ricerche di Dna verranno condotte anche su alcuni oggetti domestici, in particolare il contenuto del sacchetto della spazzatura: «il the freddo, due vasetti di yogurt, un piatto di plastica, l’incarto in plastica dei biscotti, la scatola dei cereali». Saranno analizzati anche la porzione insanguinata del tappetino del bagno e il cucchiaino trovato sul divano. Non verranno invece esaminati altri due cucchiaini, visibili in una foto agli atti ma mai repertati, che si trovavano nel lavello della cucina, mentre le stoviglie della sera precedente erano ad asciugare sul mobile.
Nel frattempo è partita la nuova analisi della disposizione delle tracce di sangue (Bloodstain Pattern Analysis, o Bpa), con l’obiettivo di fornire una ricostruzione alternativa del delitto. Un nuovo sopralluogo nella villetta, realizzato con laser, scanner e droni, consentirà la ricostruzione tridimensionale dell’abitazione dei Poggi. Sarà il comandante del Ris di Cagliari, Andrea Berti, a provare a «rileggere» macchie e schizzi di sangue, per ridisegnare la dinamica dell’omicidio del 13 agosto 2007, verificando anche se Chiara provò a difendersi e cercando di dare una collocazione a tre misteriose gocce di sangue rilevate davanti al divano.
Si tratta delle stesse tracce che, all’epoca, vennero definite nella relazione Bpa del Ris di Parma «di non facile contestualizzazione», ipotizzandone l’origine in una fase precedente all’aggressione mortale, iniziata con i colpi alla testa nell’ingresso di casa. Un primo colpo che, secondo la ricostruzione, “poi di fatto sfuma”.
Una lettura differente fu proposta dai consulenti della famiglia Poggi, che nella simulazione video del 2009 ipotizzarono che le tre gocce derivassero da un gocciolamento di sangue dalle mani o dall’arma dell’aggressore, nel momento in cui Alberto Stasi si sarebbe seduto per un attimo sul divano, tra i primi colpi inferti all’ingresso e quelli successivi nel corridoio.
A confermare che quelle tracce erano anomale è anche un altro documento: la consulenza biologica del Ris di Parma del 2007, che le definiva «di particolare interesse investigativo perché isolate dalle rimanenti proiezioni ematiche».
In attesa dei nuovi risultati, questi elementi riaprono interrogativi mai del tutto sopiti su uno dei casi di cronaca più controversi della giustizia italiana. Una ricerca della verità che, a quasi vent’anni dai fatti, continua a mettere in discussione certezze che si credevano acquisite.
