Un messaggio criptico, pubblicato su Facebook poco prima della sua morte, torna oggi al centro dell’attenzione. È quello lasciato da Michele Bertani, amico di Andrea Sempio, il giovane coinvolto – e poi escluso – nelle indagini per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco. A gettare nuova luce sul caso è il settimanale Gente, in edicola da giovedì 12 giugno, che ha rivelato la possibile decrittazione di quella frase enigmatica pubblicata da Bertani nel 2016, poco prima del suo suicidio.
Il messaggio apparso sul profilo Facebook di Bertani recitava una strofa dei Club Dogo:
"La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà”.
Un testo apparentemente casuale, ma che nascondeva – secondo quanto ricostruito – un messaggio cifrato. Eliminando le lettere maiuscole dalla frase, rimangono le lettere minuscole: "a eria' ta elle oe he euno sa". Convertite in caratteri dell’alfabeto ebraico, formano una frase che, tradotta in italiano, significa:
"C’era una ragazza lì che sapeva".
Non è l’unico dettaglio inquietante. Michele Bertani su Facebook usava un nickname criptico: "Mem He Shin", che nella mistica ebraica e nella Cabala è associato al Quinto nome di Dio, simbolo di protezione e conoscenza profonda. Un riferimento esoterico che apre nuovi interrogativi sulle intenzioni e sulle conoscenze di Bertani.
Ma non finisce qui. Il settimanale Gente ha portato alla luce un ulteriore elemento potenzialmente rilevante: nel 2007, anno del delitto, Bertani avrebbe avuto accesso a un’auto nera, una Volkswagen Golf immatricolata nel 2004, simile a quella vista da un testimone nei pressi dell’abitazione dei Poggi la mattina dell’omicidio.

Il testimone in questione, Marco Muschitta, aveva riferito a verbale:
"Entrato in via Pascoli ho visto una macchina in sosta sulla sinistra, macchina di cui non ricordo il modello, di colore scuro (vale a dire nera, o grigio scuro o blu). Se non sbaglio la macchina era in sosta in un piccolo spiazzo che c'è sulla sinistra proprio per parcheggiare le auto. L'auto era parallela alla strada, mi sembra che il muso fosse rivolto verso via Pavia. L'auto era una media, non piccola né grossa. Non ho visto persone".
Lo stesso Muschitta ritrattò la dichiarazione il giorno stesso, rendendola non attendibile agli occhi degli inquirenti. Ma per anni si è parlato erroneamente di un SUV, mentre oggi, grazie a una foto postata dallo stesso Bertani in quegli anni, si riapre la pista dell’auto media di colore scuro.
Il quadro che emerge è quello di una rete di elementi oscuri e rimossi, che getta nuove ombre sull’omicidio di Chiara Poggi e sulla condanna, ormai definitiva, di Alberto Stasi. Il post criptico di Bertani, le simbologie cabalistiche, la possibile connessione con una vettura vista sulla scena del crimine: tutti dettagli che, se confermati, potrebbero cambiare la percezione pubblica di uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi vent’anni.
