Il discorso con occhi lucidi e le giuste pause è, sì, impostato, ma anche sincero. Chiaramente dover parlare di un tema così delicato non è cosa da lasciare al caso. Il palco è quello de Le Iene, Elena Di Cioccio è la protagonista del monologo di martedì 28 marzo 2023. E arriva la confessione: “Ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva”. Oggi i giornali non parlano d’altro. La notizia, di per sé, dovrebbe destare un interesse tutto sommato moderato. Essere sieropositivi oggi non è la cosa più sconvolgete che potreste sentire. L’aspettativa di vita è quasi la stessa e non sei contagioso. A essere contagiosa, sembrerebbe suggerire il monologo, è semmai l’ignoranza: “Se volete continuare ad avere paura io lo accetto. Però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico, l’ignoranza”. Applausi. No, la testimonianza non arriva inaspettatamente. Il 4 aprile 2023 uscirà il libro di Elena Di Cioccio, Cattivo sangue. Un tentativo commerciale che si inserisce a pieno nel filone popolarissimo “Ti insegnano a non splendere. E tu splendi”. Nulla da dire in proposito. Questi libri vanno perché la gente li legge e non perché ci sia qualcuno a imporli. C’è chi è sinceramente interessato ad ascoltare la storia di fragilità e ferite di Elena Di Cioccio e chi no. Nessuna delle due parti è in torto. Principalmente, il motivo per cui nessuna delle due parti è in torto è che si tratta di libero mercato. Io possono scegliere cosa leggere e cosa no, semplicemente spostandomi su un altro tipo di offerta. Lei e gli altri autori non se la prenderanno a male, perché ci saranno moltissimi altri italiani che compreranno il libro, portandoli a guadagnare e – speriamo – decretando il successo editoriale di questa nuova confessione con il cuore in mano. Una confessione che arriva comprensibilmente dopo 21 anni, visto che 21 anni fa il tabù era ancora particolarmente presente.
Il timing sembra perfetto, comunque. Altri autori hanno lavorato nel mondo letterario, anche con libri molto riusciti come Febbre di Jonathan Bazzi – a cui è seguito, ahimè, un pessimo mucchio di pagine chiamato Corpi minori. Altri si sono dati, dopo carriere di tutt’altro genere, all’autobiografia, al parlare di sé. Come se ne valesse la pena. E, in effetti, per molti è così. Ecco spiegato il successo di molti libri che di letteratura non hanno nulla, di scientifico (e psicoterapeutico) neanche, ma che sono appendici ordinate di una rivista di svago al femminile. Elena Di Cioccio arriva con un libro e una confessione in un programma popolarissimo in un momento in cui tutto questo funziona, s’ha da fare. Una carriera alla quale si può, legittimamente, accostare una storia fuori dai riflettori, che umanizzi la professionista o, più semplicemente, catturi l’interesse altrui, anche di chi, per esempio, non è mai stato interessato alla sua attività professionale. Il libro (e il monologo) si rivelano così dei magneti pubblicitari incredibili, in grado di ampliare l’audience e alimentare la presenza sulle scene dell’autrice. Elena Di Cioccio ci ha preso. È l’ennesima vittoria del capitalismo. Pensare che sia qualcosa di negativo è non solo un pregiudizio, ma un pregiudizio fortemente ideologico. Che una confessione sincera diventi motivo di profitto su più fronti non dovrebbe essere un problema. Possiamo vendere tutto e di fatto già lo facciamo. Le nostre lacrime, il nostro dolore, il nostro sesso, ogni cosa. Il mercato risponde bene, per ora (e più di prima), a certe tematiche e si alimenta un circolo virtuoso in grado di generare domanda e offerta ma, soprattutto, guadagni. Elena Di Cioccio dovrebbe essere diversa? Avrebbe potuto, certo, per esempio chiudendo il libro in versione epub e regalandolo sul suo sito e sui suoi social. Ma perché mettersi a nudo senza poter compensare lo sforzo con un ritorno in futuro? Perché il ritorno, se il libro andrà bene, ci sarà. Fingere che non sia importante è ipocrita. Di soldi si parla. E di spettacolo. Piuttosto, dovremmo smetterla di condannare queste operazioni. Cosa c’è che non va nel costruire intorno a degli eventi della propria vita il proprio successo? Che Le Iene siano un’ottima vetrina, soprattutto per parlare di certe cose, è noto. Pubblicare con un grande editore, poi, fa il resto. La strategia di marketing c’è, che le lacrime siano finte o vere. Magari Di Cioccio può non viverla così, ma i fatti dipendono raramente dalle nostre interpretazioni. Evviva Elena Di Cioccio. Evviva il Capitalismo.