New York si colora di rosso per lo storico comizio di Donald Trump al Madison Square Garden, la più famosa arena del mondo. Proprio qui, nel cuore di Manhattan, dove si sono esibiti i più grandi artisti e dove lo sport viene celebrato ogni giorno, Trump ha scelto di chiudere simbolicamente la sua corsa verso la Casa Bianca. È un abbraccio simbolico tra due entità complementari. New York ha creato e consacrato Trump come uomo d’affari, di successo, e Trump ha lasciato un’impronta indelebile sulla città, cambiandone lo skyline e costruendo alcune delle aree e degli edifici più iconici. Per anni, l’ex presidente è stato sinonimo di New York: la città che non dorme mai, proprio come lui, che lo ha celebrato e amato cosi tanto. Poi, nel 2015, inizia la sua ascesa in politica, trasformando l’uomo simbolo di una metropoli in una figura controversa e polarizzante. Un’icona, per alcuni un eroe e per altri un mostro.
Ma il 27 ottobre verrà ricordato come un giorno storico per Trump e per New York city. Per le strade del centro di Manhattan migliaia di persone in festa con cappellini rossi Maga, sciarpe, bandiere. Sono i Trump supporters, spesso indicati come terroristi domestici: in fondo uomini e donne di ogni estrazione ed etnia che chiedono solo una vita decorosa e la possibilità di tornare a sognare un futuro migliore. Nell’aria si percepisce quel senso di unità e di guarigione che tanti hanno invocato in questi ultimi tempi, seppur nei fatti continuando ad infuocare la retorica politica. Indossare un cappellino Maga negli anni passati significava, nel migliore dei casi, dover fare a pugni con qualcuno per strada. Si veniva ingiuriati, perseguitati, cacciati via dai negozi. Oggi non c'è più quell’atmosfera, ne quel rischio.
Ci sono voluti 8 lunghi anni e tanta sofferenza per rivalutare quest’uomo e raggiungere questa nuova consapevolezza. Ci sono voluti 4 anni di amministrazione Biden-Harris per comprendere che Donald Trump, in fondo, non rappresenta nessuna minaccia per la democrazia. Che l’America, e il mondo, vivevano una condizione migliore quando lui era il Commander in Chief nell’Oval Office. Nessuna guerra, inflazione al 1,4%, disoccupazione ai minimi storici, immigrazione illegale ridotta del 91%, indipendenza energetica con riduzione dei costi dell’energia, riforma fiscale con taglio delle tasse, riforma penale. Oggi pare che la gente abbia capito. Dopo ore d’attesa fuori dal Madison Square Garden in 20 mila fortunati riusciamo ad entrare nel palazzetto. La gente è serena e composta: non spinge nemmeno. Intorno a me persone di ogni etnia e di ogni estrazione. Ci sono delle ragazze musulmane che indossano la hijab. C'è Sam, un uomo di colore avvolto nella bandiera di Trump. E poi tanti ebrei osservanti; un gruppo di coreani che vivono a New York da 10 anni. Una famiglia di rumeni naturalizzati americani che hanno seguito il processo legale per ottenere la cittadinanza: c’è Giulio uno studente di Roma che aspetta la sua green card. La lista è lunga e ognuno rappresenta una comunità. È l’immagine di quell’America di cui tanto parlano i democratici ma che oggi non sono più in grado di rappresentare. Quell’America che ha scelto di sostenere Donald Trump. Arriviamo all’ingresso, i controlli di sicurezza sono capillari: vengono sequestrati persino gli accendini. I monitor sulle pareti trasmettono dei video suggestivi dei comizi del presidente: tutto è in tema Maga, ed è un crescendo di emozioni. Prima delle scale mobili per salire ai piani i volontari distribuiscono i cartelli di “Make America Great Again” che in sala compongono una scenografia da brivido.
L’arena è uno spettacolo mozzafiato, avvolta nei colori rosso, blu e bianco della bandiera americana. È un’atmosfera da festa che fa battere forte il cuore, dove la gente canta, balla e condivide speranze per il futuro. L’energia è travolgente, palpabile, un’onda emotiva che ti attraversa e ti avvolge. Ed è proprio questa carica collettiva che definisce il cuore pulsante del movimento popolare: un’esperienza di unità e partecipazione così potente che diventa impossibile non sentirsi parte di qualcosa di più grande. Inizia la musica, si susseguono sul palco decine di ospiti straordinari. Rudy Giuliani, ex sindaco di New York accolto con una standing ovation; Robert Kennedy Jr che come annunciato rivoluzionerà il sistema sanitario; Tulsi Gabbard ex candidata alla presidenza per il partito democratico oggi passata al partito repubblicano e responsabile della “Transition of Power”, qualora Trump vincesse. E poi Tucker Carlson, il giornalista d’inchiesta licenziato da Fox News che entra nel Team di Donald Trump per contrastare la censura e la Cancel Culture. Il palazzetto è totale delirio: ovunque ti giri c'è gente che applaude, che intona dei cori: Usa... Usa… È la volta di Howard Lutnick, il Ceo che negli attacchi dell’11 settembre ha perso 600 dipendenti, che con fede ha ricreato la sua società per aiutare le famiglie delle vittime. Invita sul palco Elon Musk, con cui ha fondato il nuovo dipartimento per la gestione delle finanze. Promettono di tagliare sprechi per 2 trilioni di dollari. Musk viene accolto con un entusiasmo da popstar e lui è visibilmente divertito. Chiede di andare a votare in maniera anticipata per evitare eventuali brogli e introduce la first lady Melania Trump. È una delle rare apparizioni della moglie del presidente, che visibilmente emozionata, incoraggia all’unità con la sua grazia di sempre. È lei che presenta “il 45esimo presidente e il futuro Commander in Chief, mio marito Donald J Trump”.
Trump entra con l’arena in totale tripudio sulle note di “God bless the Usa” - Dio benedica gli Stati Uniti d’America - quella canzone che è diventata la colonna sonora dei suoi “rallies”. Fuori ci sono circa 90 mila persone che guardano il comizio su schermi giganti allestiti per l’occasione. La polizia dichiara che avrebbero potuto riempire il Madison Square Garden tre volte: e questo è un risultato storico. Donald Trump espone le sue politiche in maniera chiara e senza fraintendimenti. Chi vota per lui sa perfettamente che cosa farà e quali saranno le priorità della sua amministrazione, che sarà composta da personaggi di straordinaria intelligenza e capacità. Qualcuno li ha definiti la Trump Avengers Team, guidati da Capitan America Trump! Una squadra di eroi per salvare il paese. E mentre le televisioni di estrazione democratica cercano di sporcare a tutti i costi questo straordinario evento politico paragonandolo a quello che nel febbraio 1939 radunò nello stesso palazzetto una larga rappresentanza di nazisti, sui social media le testimonianze dirette della gente che ha partecipato al comizio newyorkese stanno diventando i più credibili fact-checkers.
La verità sta emergendo con forza travolgente. Le persecuzioni politiche mirate, i processi orchestrati e la campagna di diffamazione implacabile contro Donald Trump – portata avanti nonostante i due tentativi di assassinio – si stanno rivelando un boomerang pericoloso per i democratici. Quella che sembrava una strategia di demolizione politica si sta trasformando in un incentivo a favore dell’ex presidente: più lo attaccano, più cresce il suo consenso tra gli elettori. Gli americani, stanchi delle manipolazioni e della polarizzazione, vedono in Trump una figura che resiste agli attacchi e rappresenta una possibilità di cambiamento rispetto al sistema attuale. La narrativa contro di lui, pensata per indebolirlo, ha finito per rafforzarne l’immagine di leader perseguitato ma determinato, capace di affrontare avversità che avrebbero distrutto chiunque altro. Questa dinamica, in vista delle elezioni del 2024, non solo galvanizza i suoi sostenitori, ma attira nuovi consensi da chi si sente deluso dalla gestione democratica e da un sistema percepito come ingiusto e manipolatorio.