Dopo il caso del tir a Venezia, «Un altro fascista» per Parenzo, che si sente rispondere così dall’ascoltatore in collegamento: «Buonasera pezzo di merda, suca!». Senza perdere tempo Giuseppe Cruciani chiede al “Duce della strada” quali simboli fascisti abbia sul suo camion e lui risponde: «Di Duce ce n’è solo uno e sono io. Nel mio camion c’è la bandiera della Repubblica Sociale Italiana». Parenzo ovviamente incalza: «Io penso che quando questo significa si troverà un domani un tergicristallo rotto non si deve chiedere perché». Ma l’ascoltatore non si lascia intimidire: «Che ci provino! Quando ho visto quel video lì [del tir a Venezia, ndr] io ero in standing ovation, con il saluto romano». E preso dall’entusiasmo dice: «Stiamo tornando», tra le risate sotto i baffi di Cruciani.
«Parenzo stiamo tornando, fattene una ragione, leccaculo». Interviene un altro ascoltatore, Vittorio, che risponde senza mezzi termini al Duce della strada: «Ditegli che può andare a fanculo, ma ci rendiamo conto che una persona che c’ha scritto “Il Duce della strada” può andare liberamente per le strade italiane dopo quello che abbiamo vissuto con il fascismo». Al ché la provocazione di Cruciani: «Cosa dobbiamo fare, allora, togliere la patente a tutti i fascisti?». Ma Vittorio pensa in grande: «No, no, lo sai cosa si può fare Cruciani? Visto che ci sta una nuova legge che nei circhi non si possono più usare gli animali, il Duce della strada ce lo vedo benissimo lì all’interno a fare il mostro, a spaventare i bambini. A prenderlo a frustate sarebbe perfetto». Ed è qui che torna in gioco il “signor Duce”: «Merdaccia, mettiti tu e Parenzo a guidare il camion, a portare le medicine». E Vittorio risponde: «Ti pagano pure troppo», dando il là all’ulteriore provocazione di Cruciani: «Ma lavora dalla mattina alla sera». E in una serie quasi incomprensibile di insulti, il siparietto va a scemare.