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E ora? Con la pace finisce il movimento? O aspetta una guida alla sua altezza?

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

11 ottobre 2025

E ora? Con la pace finisce il movimento? O aspetta una guida alla sua altezza?
Il movimento è morto. W il movimento. Con la firma dei trattati di pace è tutto finito? Per noi è appena incominciato. Strange days come ritornello interiore: dalla memoria di Seattle ’99 e di No Logo a Gaza come innesco, il “movimento” si è dissolto in slogan e feed senza breviari di carta. Perché dentro c’è tutto: Centri sociali e cattolici, volontari e antagonisti, black bloc e destra, odiatori di Netanyahu e odiatori di Hamas, odiatori della sopraffazione fisica, mentale, economica, attivisti per il clima, per l’alimentazione etica, ebrei ortodossi ed ex militanti del fronte della gioventù storicamente propal, ma senza una guida davvero intellettuale. Contro il silenzio del wi‑fi, tornate al rumore del 56k: leggete Pynchon, Gibson, Sterling, Stephenson. Siate il bug del sistema.

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

“Strange days”, ho queste due parole in mente e le canticchio su un ritornello a metà tra Running Up The Hill di Kate Bush e Missing degli Everithing But The Girl; probabilmente è una di quelle canzoni che esistono soltanto nella mente di chi le pensa e che fioriscono nel nostro orecchio interno mettendo le radici chissà dove. Nell’aria sento odore di Seattle, 1999, WTO. Ci siamo fatti vecchi. Lo consigliamo: un ettaro di terreno, alcune galline per le uova, pannelli solari, un orto. Off Grid si diceva una volta in un sogno di libertà. Fuori dal mondo. Il nuovo ascetismo: siamo stanchi del mondo. Siamo vecchi. I nostri orizzonti hanno abbandonato la vita e si spingono con felicità oltre la morte. Ma abbiamo visto il “movimento”, e siamo rimasti sintonizzati. La parola “Gaza” è stato l’innesco. Ma un occhio allenato vedeva in trasparenza ingiustizie e disagi tutte occidentali. Sulla Flotilla convergevano, in un transfert mediterraneo, gli aiuti che si vorrebbero dare a chiunque. Anche al pianto affamato di quel bambino che squarcia il pomeriggio in quelle case popolari piene di parabole in una nazione che la guerra non conosce se non per sentito dire. Ho visto padri disperati organizzare rapine per comprare pane e latte. Ho visto madri prostituirsi per comprare un sillabario (che bel termine abbandonato, reca in sé un patetico che dà la misura e il valore delle parole). C’era una felicità nell’atmosfera, come se vibrasse alla stessa frequenza della nostra anima eccitata. Avevamo finalmente chiaro chi era il nemico: il commercio, l’ultima filiera del capitalismo che partiva dalla schiavitù e viaggiava sulle ali del brand. Oggi quel nemico ha avuto un nome diverso: Gaza. Da un lato più tragico, da un lato più infido: come se le persone morissero esplose o affamate soltanto in quella striscia. Soltanto per quello. Soltanto per mano di quelli. Come se al di fuori del medioriente la normalità fosse acquisita e pacifica. Nel momento stesso in cui il trattato di pace è stato firmato il “movimento” si è come disciolto dall’interno. Afflosciato. Svuotato. Non ho visto gioire il movimento per l’obiettivo raggiunto. Era prevedibile. Gaza era l’innesco.
 

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Matrix. Zion Party

Giravamo tutti con un libretto in mano, nel 1999. Sgualcito. Tascabile. No Logo, di Naomi Klein. Dietro quella massa di persone c’era un libro. Stampato. Di carta. Come un breviario. Non ho visto un libro nel 2025. Ho visto un disagio profondo, innescato dalla parola Gaza, che si è liberato in un movimento informe, tentacolare, in cui la politica (tutta la politica) ha infilato a forza discorsi di una bassezza provinciale, liti da condominio, o da social. Da follower e da hater. Improvvisi flash, slogan, poche parole appiccicaticce buone per un articolo di giornale. Post. Non libri. Cosa vi aspettavate, dunque? Nel 1999 l’umanità era altrettanto varia e composita. E, se devo dirla tutta, anche più bella. Le sneaker erano sneaker e non erano “vintage” perché erano “dentro” il loro tempo. Oggi, che le sneaker sono tutte uguali e somigliano a ferri da stiro, lo “stile” viene definito “vintage”. Da un lato è vero: lo stile lo abbiamo lasciato alle spalle. Dall’altro, quell’aggettivo, sancisce definitivamente un “non ritorno”. “Vintage” vi condanna all’ “imitazione”. Non siete più “veri”. Per questo vi afflosciate. Ma non si può essere “veri” se non c’è un libro dietro. Non si può avere “stile” attraverso la frammentazione dei social. Non si può avere “identità”. Siete vintage. Noi, invece, siamo semplicemente vecchi. Oggi viaggia tutto sul suono del silenzio. Dalle informazioni wi fi alle auto elettriche. Noi avevamo quel noise elettrico alla Kraftwerk dei modem a 56 kbit/s. Le informazioni avevano un loro peso specifico. La nostra capacità di calcolo veniva inserita negli slot manualmente, compravano ram, ci pungevamo le dita. Oggi siete attraversati da una informazione invisibile che vi schiaffeggia il cervello senza che ve ne rendiate conto. Dio che voglia di un libro. E di una Mustang degli anni Settanta con la marmitta spappolata. Torniamo ad adesso. Eravate brutti, scomposti, confusi, ineleganti, brandizzati, alla mercé di concetti bolsi. Volevate “sensibilizzare” ma era ovvio che ove la pace fosse arrivata sarebbe stata dettata dalla cosa più insensibile in natura: il denaro. (E’ un elemento naturale, una creazione dell’uomo. Così come il nido è una creazione di un uccello). Però eravate lì. E adesso che il denaro, con il suo ciuffo rosso e la sua Trump Tower, ha mostrato tutto il suo potere vi sentiti umiliati, confusi, demotivati. Vorrei tranquillizzarvi: il mondo è destinato a peggiorare. Siete contenti?

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Banksy, Mona Lisa con Bazooka. Sparate Arte.

Le differenze sono una ricchezza. C’erano allora come ci sono adesso. Centri sociali e cattolici, volontari e antagonisti, black bloc e destra, odiatori di Netanyahu e odiatori di Hamas, odiatori della sopraffazione fisica, mentale, economica, attivisti per il clima, per l’alimentazione etica, ebrei ortodossi ed ex militanti del fronte della gioventù storicamente propal, specisti, antropocentrici, mistici, laici, preti, preti spretati, eretici, eccentrici, spogliarelliste, monache fuggite dalla clausura, gattari, oltreumani, prepper, nomadi, monadi, ragionieri del catasto, scioperati e manager, milanesi e napoletani, rocker e neomelodici. Nel 1999 il nostro look seguiva il nostro stile. Eravamo organizzati in tribù. Oggi siete una massa informe. Ma coltiviamo speranze. A patto che voi iniziate a leggere. Dovete trovare libri che vi ispirino, non leader che vi guidino. Dovete trovare il vostro “stile”. Organizzarvi in tribù per marciare meglio insieme. Noi di MOW due libri ve li avevamo consigliati. Adesso ci credete? Thomas Pynchon, Rodrigo Nunes, Moreno Pisto con Resistenza intellettuale, ma anche tutto il cyberpunk del principio, William Gibson di Neuromante e di Luce Virtuale, il Bruce Sterling di Atmosfera Mortale, il Neal Stephenson di Snow Crash. Iniziate da questi, ci ringrazierete.
 

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Certo, anche noi siamo stati cancellati dal denaro. Chi si è fatto prete. Chi è diventato esseno. Chi fa l’immobiliarista. Chi scrive sui giornali.
Ma vi guardiamo. Siamo vecchi, ma non siamo vintage. Sì, resta l’impressione che sia soltanto una una di quelle canzoni che esistono soltanto nella mente di chi le pensa e che fioriscono nel nostro orecchio interno mettendo le radici chissà dove. Ma nell’aria sento odore di 1999. Una essenza millenarista. Il millennium bug. Siate il bug del sistema.

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Strange Days
https://mowmag.com/?nl=1

Tag

  • Donald Trump
  • movimento
  • pace Gaza

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