Ganzo, superganzo, oltre Gonzo. Da Ganza, cioè da Gaza, sta partendo, ma è già partito, un “movimento”. La mia protesi all’anca di titanio, come un’antenna, capta segnali: c’è una convergenza astrale; un romanzo, un film, un saggio; cosa volere di più per un nerd, telogo, surfista, avanti con gli anni. “Vineland” di Thomas Pynchon, il mio romanzo-crush, e nel frattempo al primo posto degli incassi al cinema “Una battaglia dopo l’altra” (da Vineland liberamente tratto) metatarantiniano (temete i pazzi, potrebbero essere profeti) e nel contempo l’apparizione della nuova “bibbia” movimentista di questo ‘nuovo’ movimento movimentoso: “Né verticale né orizzontale”, di Rodrigo Nunes, appena pubblicato da quei monellacci delle edizioni Alegre, che sì, è un libro del 2021, ma, con Naomi Klein oramai fuori dai trend (pecché non sei andata sulla Flotilla, pecché!), si appresta a diventare il testo di riferimento (come “No Logo” fu per i “No Global”) di tutte le nuove ribellioni perché esse non nascano già vecchie. Sì, quello che stiamo vivendo oggi è stato non solo auspicato, ma profetizzato, e la realtà sembra allinearsi con questi colorate ed esplosive “visioni”. Il potere di “ingaggio” social della Global Sumud Flotilla, le divisioni e i litigi mentre i droni svolazzano come avvoltoi sulle barche, fotografi traditori che diventano quasi editorialisti su La Verità mentre “Il Manifesto” urla al “traditore”, all’”instabile”. Ma è come se avessimo già letto e visto e sentito tutto, e al contempo come se avessimo già la fine di questa sceneggiatura, di questo storytelling. Un romanzo, un saggio, un film, la nuova Triade illuminata anti-illuminati, lo scintillante tridente contro il Potere e il suo evidente dilettantismo e provincialismo (dove sei, Federico II, dove sei Impero!): il potere sembra più confuso che mai, si affida alle varie propagande che a loro volta vengono smentite dai fatti, che però somigliano alla propaganda, in un corto circuito in cui, attenzione, il cosiddetto “popolo”, la cosiddetta “gente”, ha superato il punto di non ritorno, quel momento critico in cui ancora il Sistema sostiene se stesso senza collassare e i nuovi schiavi, lontani dalle logiche che alimentano guerre e industrie d’armi e patti commerciali e confini e ideologie, arriva a dire basta. Forse siamo davvero in presenza di un punto di svolta, di un turning point, di un plot twist, e saremo qui a vedere se come nel ‘68 sarà zittito a forza di droghe e viaggi in India o se la stessa gente che oggi infiamma gli animi si spaventerà dell’incendio appiccato rintanandosi negli appartamenti odorosi di cavoli in una normalizzazione già vista, o se ancora, imparando dagli sbagli del passato questo “movimento” saprà barcamenarsi dagli attacchi di un Potere oramai indebolito che, davvero, non si capisce di che cosa stia parlando. Perché se il Sistema ha combattuto i movimenti con il Caos, procurando, per opposto, la voglia di un Ordine, oggi si fa strada l'idea folle e salvifica di combattere il caos con ancora più caos: mariti che passeggiano il cane dimostrando pacificamente e mogli che lanciano biberon incendiari, navigatori martiri rasseganti al naufragio o alla prigione e gay col bazooka che sparano ai droni.

Nel 1984 (stesso anno di Stranger Things, gli immaginari di riferimento sono sempre quelli, per noi che abitiamo l’Apocalisse in camicia a scacchi e Converse) Tommy mandò in stampa questa meraviglia, Vineland, appunto (ma si pronuncia Vinland, alla vikinga, o addirittura Vinlund): gli ‘80 che rimembravano i Sixties, gli hippie contro la deriva fascista e corrotta di Nixon, perché GAZA E’ IL NUOVO VIETNAM, per chi ancora non l’avesse capito. Alla sua apparizione, a molti parve che Pinchy avesse descritto i ‘60 ma come sotto anfetamine (al posto degli spinotti d’erba e degli acidi della Cia), e invece, a quarantuno anni di distanza, si capisce che era solo velocità profetica di questo ‘900 sotto speed, e la realtà di oggi è uguale a quelle pagine in cui le storie - e la Storia – danzavano come in un Burning Man globale non globale: beatnik, pacifisti, terroristi, servizi deviati, tibetani, yakuza, collettivi cinematografici e monache dedite alle arti marziali che eccitano non poco chi di cognome fa Cappellani come i preti guerrieri che alzano d’improvviso la tonaca (inquadrature di Sergio Leone) svelando l’assenza di mutandoni e la presenza di pistoloni. Perché questo “movimento”, oggi, come nel romanzo di Pynchon e secondo Nunes, questo è: un postmoderno (ossia un medioevo online) portato alle estreme conseguenze, in cui tutto “deve” mischiarsi con l’altrettanto tutto: per Nunes (come se stesse mettendo in teoria quanto raccontato in pratica da Pynchon in Vinland) non bisogna dividere il “movimento”, men che mai in buoni e violenti, ennesimo trucco del Sistema per farvi litigare, per dividervi, per fratturarvi, al contrario bisogna accogliere tutti dentro ad esso, sostiene Nunes, come un democristiano illuminato dalla luce folle di San Giovanni Battista o come il Cristo che va nel Tempio e spacca tutto: tutti insieme, famiglie con passeggini riempite a molotov, studenti con le katane tarantiniane, gruppi rock con gli amplificatori ripieni di esplosivo, i Rage Against The Machine che si fanno esplodere durante il concertone del Primo Maggio inondando il pubblico di interiora e pezzi di cervello, e casalinghe che si inebriano sui gommoni mentre i droni le bombardano con microcariche nucleari.

E così quelli che sostengono il movimento dal caldo della loro tastiera, quelli che entrano nelle stazioni cercando di fermare i treni, quelli che spaccano le vetrine delle banche, quelli che veleggiano verso Gaza come in un Flotilla Fashion Week (collanine, abbronzatura, il cappellino Kermit di Greta, canottiere con capezzoli a vista, sfigati infoiati che cercano le trombate con le scappate di casa, brutte che puntano sulla lotta politica per rimorchiare, ero veri, skipper che puntano la prua verso l’esercito israeliano, quelli che non hanno niente da perdere e quelli che possono perdere tutti, quelli che preferiscono morire che vedere un altro bambino morto, ebrei inorriditi da Netanyahu, musulmani che non sopportano la vista dei gay, ragazze libere smutandate accanto ai lapidatori di adultere, putiniani e zelenskyani, puttanoni e puritani, sindacati e anarchici, tutti insieme perché non è detto che il mondo debba essere così e oramai la paventata fine del mondo, la paventata Apocalisse, sembra davvero una passeggiata di salute di fronte all’orrore di un Netanyahu che vuole sterminare i Cananei, in una versione 2.0. del peggiore Antico Testamento (un Dio che chiede ad Abramo di sacrificare suo figlio, io, lo prenderei a calci in culo) o di un Hamas che passeggia in pick up con una ragazza morta come trofeo di caccia grossa. Non è il film di Anderson con Di Caprio e star varie, ad essere metatarantiniano, è il nostro presente, dove le tecniche di guerriglia urbana si mischiano a Casarini in veste di chierichetto, e dove si aspettano, in verità, soltanto i Beati Paoli, che riunendosi indipendentemente dai poteri riescano a mettere in piedi una setta di assassini capace di farsi fuori i mostri che sembrano abitare la nostra epoca e di fronte ai quali, forse, il Potere potrebbe incominciare a farsi due domande, così come Pynchon racconta appunto in questo suo capolavoro oggi immerso nella nostra quotidianeità forse al di là di ogni sua aspettativa. E’ questa la nostra epoca. Shakespeariana. Ed è questa la gioia e la grazia, sapere, come il bardo ci disse, ne “La Tempesta” che si aaspetta anche per la Flotilla: “Il tremendo spettacolo che commosse l'anima tua virtuosa fu da me ordinato in guisa, che non una creatura per esso avrà patito, non un capello sarà rimasto leso a nessuno di quanti stavano in quella nave che vedesti affondare testè”. Perché nessuno è veramente morto, in questo romanzo d’appendice che chiamiamo mondo. Non mi credete? Morite, e vedrete.

