Ma qui, con Elly Schlein, forse, ci salta tutto il complottismo letterario di penna e di potere. Anche se… anche se Fulvio Abbate, coniatore del termine “amichettismo”, riferito a una sorta di reptilianesimo editoriale, lo aveva detto: “La Schlein è la quintessenza dell’amichettismo”, e infatti gli “amichetti” oggi, sui social, stanno festeggiando. Festeggia Teresa Ciabatti, festeggia Chiara Valerio, festeggia Michela Murgia, festeggia il “potere occulto”, probabilmente alieno, la uberloggia della pagina scritta, insomma festeggiano quelli che Fulvio Abbate chiama “amichetti” o meglio “amichettisti”, ossia “praticanti l’amichettismo”. Ma qui il ragionamento si complica. Fulvio rimprovera alla Schlein la provenienza da una buona famiglia, che è un po’ il modello – più istituzionale, certo, più moderato – di Giangiacomo Feltrinelli, ma anche l’apoteosi del modello di cena dato dalla moglie di Leonard Bernstein, a Park Avenue, per raccogliere fondi da destinare alla causa delle “Black Panthers”, cena grazie alla quale Tom Wolfe creò il termine “radical chic”. Ma c’è un ma.
Nel caso della Schlein ricchezza e radicalità coinciderebbero, la Schlein sarebbe insieme una pantera nera e la moglie di Bernstein (o la moglie della moglie di Bernstein). Non ci sarebbero né i radicali che si appoggiano alla ricchezza, né la ricchezza che si atteggia in una qualche forma di radicalismo. Ci sarebbe la pura coincidenza, come in Giangiacomo Feltrinelli, e si tornerebbe quindi agli anni Settanta ma con la risciacquatura dei panni nel veltronismo. Ed è qui che sorge la domanda, il dubbio, il controsenso da non dormirci la notte, è qui che lo schema complottaro editoriale può o crollare o dare il meglio di sé. Mi spiego: confrontando la figurina Panini di Schlein, a parte il nome tendenza Kevin (Elly e Walter) non si vedono somiglianze: tanto liquido Walter tanto spigolosa Elly, tanto “la donna è mobile” Walter, tanto “mobile glielo dici a tua sorella” Elly.
Che la sinistra di penna e di governo (adesso di penna e di opposizione) sia l’imitazione dell’imitazione di una imitazione è senz’altro vero quanto un bene: io sono della scuola ascetica, contemplativa, eremitica, e qualunque atteggiamento porti alla “non azione” è una benedizione (alla fine di ogni azione c’è sempre un colpo di pistola, è un sillogismo), che quindi il letterat* di sinistra possa atteggiarsi a una certa radicalità innocua grazie alla Schlein è un’ottima notizia.
Ma mi resta come questa incongruenza nell’essenza dell’amichettismo che Fulvio ha sempre descritto come “veltronismo”, per poi intuire – ma senza ulteriori spiegazioni – che la Schlein fosse amichettista in sé, per così dire. Per cui le cose sono due: o la categoria dell’amichettismo è da riscrivere, oppure la Schlein è Veltroni travestito da donna. Cioè da uomo. Cioè da *.