A partire dal 16 giugno Milano è stata animata da manifestazioni, mostre e incontri a sostegno della comunità LGBTQIA+. Non solo, un tram dal color arcobaleno ha attraversato tutta la città, mentre le fermate della metropolitana e le pensiline di bus e tram hanno ospitato una serie di affissioni, con messaggi che invitano a riflettere e informarsi sulle battaglie che la comunità sta portando avanti per affermare i diritti di tutti. E la frase "l'unico modo di comprendere è conoscere" è diventata una sorta di motto. Il tutto è poi confluito nella grande parata conclusiva del Pride, che ha visto riversarsi per le strade del capoluogo lombardo più di 300 mila persone, con indosso vestiti sgargianti e originali, che hanno sfidato il caldo cocente in nome di questa festa di libertà e orgoglio. Un'edizione particolarmente importante dopo due anni di assenza per via del covid, e che ha rappresentato un’occasione per marciare anche contro la guerra in Ucraina, da qui uno lo slogan “Diritti senza conflitti”. E noi c'eravamo e abbiamo fatto delle domande (anche provocatorie) ad alcuni dei partecipanti.
Il coloratissimo corteo è partito da piazza Duca D’Aosta davanti alla Stazione Centrale, per poi riversarsi lungo viale Monte Santo, per i Bastioni di Porta Nuova, piazza XXV Aprile, i Bastioni di Porta Volta e viale Elvezia, fino all’Arena Civica. La parata, attraversato parco Sempione, è giunta fino all’Arco della Pace. Le strade di Milano, dato il passaggio della manifestazione, hanno subito delle modifiche e deviazioni temporanee alla viabilità, in modo da garantire la sicurezza dei partecipanti. Lungo il percorso, che ha visto celebrare l’amore da chi lo vive senza alcun confine, si è ballato e cantato senza sosta sia sulle note di brani intramontabili del passato, come quelli di Raffaella Carrà nonché grande icona e sostenitrice del Pride, sia sulle hit del momento. Alla sfilata ha preso parte anche una scatenatissima Jo Squillo, che si è unita alle svolazzanti bandiere colorate e ai cartelloni contro ogni forma di discriminazione. In testa al corteo, formato da carri di brand, centri sociali, sindacati e associazioni, le famiglie arcobaleno con i loro bambini scese in piazza per chiedere l'equiparazione del matrimonio, e di essere riconosciute una famiglia come tutte le altre. La parata è stata condivisa in diretta streaming sul canale ufficiale di Milano Pride, che ha così amplificato le voci dei presenti, orgogliosi di dare una visibilità maggiore alla causa, pronti a colorare tutta la città con il loro passaggio. All’Arco della Pace ha poi preso il via l’evento finale della manifestazione: un concerto-cabaret che ha visto la presenza di tantissimi ospiti che si sono alternati sul palcoscenico. A condurre lo show Katia Follesa, Valeria Graci e Pietro Turano, e a seguire Michela Giraud e Pierluca atiMariti. Svariati gli artisti che si sono esibiti come Baby K, Francesca Michielin, Michele Bravi, Emma Muscat, M¥SSKETA, Immanuel Casto, le Karma B, Romina Falconi, Debora Villa e le drag di Drag RaceItalia. Al termine della serata è stato premiato il carro più eco-friendly. Presenti anche il deputato del Pd Alessandro Zan, autore del Ddl contro l'omotransfofia che lo scorso anno è stato affossato dal Senato tra le risate del centrodestra, e il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che aveva già comunicato la sua partecipazione attraverso un post su Instagram.
Il primo cittadino, che è stato accolto con un applauso e con indosso una camicia bianca con il taschino arcobaleno, dal palco del Pride ha detto: “Oggi voglio fare un piccolo annuncio. Abbiamo da ieri riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. È con grande gioia che ho firmato ieri il provvedimento personalmente nel mio ufficio. Dovevo fare la mia parte. Milano deve continuare a essere la capitale dei diritti e dei doveri, anche per il momento storico molto difficile che stiamo vivendo. Vedete che cosa è successo negli Stati Uniti con l'aborto. Ci sarà qualcuno che lavorerà sulle discriminazioni. Invece bisogna riconoscere tutti i diritti, a tutti. Nei fatti. Ho bisogno del vostro aiuto in questo percorso di civiltà". Il Comune aveva già iniziato a riconoscere i figli di queste coppie, ma, come spiegato dal sindaco, c’erano state sentenze avverse e il Parlamento ha dovuto legiferare in merito. Tuttavia la manifestazione non ha avuto il patrocinio del Pirellone, che ha espresso le motivazioni della sua scelta in una lettera indirizzata all'associazione Arcigay: “La Regione Lombardia condivide l’importanza di iniziative dedicate a promuovere coesione, parità̀, sensibilizzazione e rispetto delle identità̀ e dei diritti politici, umani, sociali, civili. A seguito delle verifiche e delle riflessioni interne, e a seguito di episodi che hanno provocato critiche istituzionali e dell’opinione pubblica, è stato ritenuto di non concedere il patronato istituzionale di Regione Lombardia alla parata”. Giuseppe Sala si è espresso contro questa decisione: "La Regione ha sbagliato a non concedere il patrocinio. Non c'è ragione e vorrei dirlo al mio collega Fontana".
Le voci dei partecipanti
Al Pride di Milano, tra carri dai colori vivaci e musica pop a tutto volume, abbiamo chiesto ai presenti di commentare l’affossamento del Ddl Zan, la questione della legalizzazione della cannabis, le unioni civili e altro ancora. Ecco le loro risposte.
Cosa pensi dell’affossamento del Ddl Zan?
"Sicuramente poteva essere scritto meglio e lavorare di più con le parti. Alla fine è stato affossato per una questione d’identità di genere".
"È una vergogna in un paese che si reputa civile come l’Italia. Noi non ci arrendiamo e continueremo, perché abbiamo bisogno di una legge che tuteli i nostri diritti"
"È uno schifo. Siamo tutti qui riuniti proprio per questo. Se ci fossero più leggi a tutelarci, e anche più diritti, il pride non esisterebbe. Quindi se c’è il pride vuol dire che c’è ancora qualcosa da aggiustare"
"Tutto sommato ci vorrebbe una legge che ci tuteli"
"È un passo indietro. Questo è soltanto un sintomo di quanto sia retrograda e bigotta la società italiana che non si rende conto che il mondo si evolve. L'Italia è storicamente sempre indietro con l’approvazione di leggi che sono necessarie ai diritti umani basilari"
"Abbiamo un governo che non vale niente"
"È una merda, sono tutti dei bastardi"
Sei a favore della legalizzazione della cannabis?
"Si, viva la cannabis! Togliamo questo mega business alle mafie"
"Certo, legalizzatela!"
"Si, anche per distruggere il cancro del nostro Stato che si chiama mafia"
"Sarebbe anche ora!"
Cosa pensi delle unioni civili?
"Preferirei l’equiparazione del matrimonio legale in tutto e per tutto. Non mi aspetto la stessa mossa dalla Chiesa ma non è un qualcosa che ci riguarda, è una questione di credo"
"È giusto, noi siamo come tutti"
"Sono state un grande passo allora ma non sono abbastanza, hanno mosso qualcosa ma c’è bisogno che ci sia un cazzo di uragano"
"Sono un grande strumento per noi, ma si potrebbe comunque fare di più"
"Viva le unioni civili, viva l’amore!"
Credi ancora nella politica?
"No, non credo più a niente. Non vado neanche più a votare, prima promettono e poi non mantengono"
"Non ci ho mai creduto. È pieno di vecchi e pensano tutti ai propri interessi e ai propri soldi"
"Faccio molta fatica"
"No, perché i politici fanno solo il loro interesse"
Qual è il messaggio che oggi volete mandare?
"Che in futuro la situazione in cui siamo oggi migliori"
"Essere sé stessi, perché si sta sempre bene ad essere quello che si è"
"Esistiamo, siamo qui per urlare che la nostra vita serve a qualcosa, non siamo invisibili. Non è un togliere qualcosa a qualcuno che ha già tutto, ma semplicemente allargare i diritti basilari"
"La discriminazione e costringere qualcuno a essere quello che non è spenge le persone, e non gli permette di mostrare la propria luce e quello che è veramente. Questo è il motivo per cui siamo tutti colorati e illuminati, non perché è una carnevalata come la chiamano tutti quanti, ma per dimostrare il nostro bisogno di essere noi stessi"
Milano è una città all'avanguardia nei diritti Lgbt?
"Rispetto al resto dell’Italia sì, ma c’è ancora molto da fare e siamo qui per questo"
"Milano è sicuramente un’isola felice d’Italia ma non è tutto oro quello che luccica"
Cosa pensi del sindaco Sala?
"Apprezzo i suoi calzini color arcobaleno, ma sarebbe meglio che la prossima volta non bloccasse Porta Venezia"
"Al momento non mi posso lamentare"
"Sembrava una brava persona. Chiedono tutti solo i voti ma poi i fatti dove sono?"
Documento politico Milano Pride 2022
“I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.” – Gino Strada
Vogliamo una società di Pace, Democrazia e Diritti. Una società dove le risorse intellettuali, morali, economiche, il pensiero collettivo, la progettualità politica, l’educazione sono finalizzati alla costruzione del bene comune, al superamento dei conflitti, al progresso morale e materiale, senza alcuna distinzione e discriminazione.
Quando anche una sola persona è privata della dignità, dell’integrità fisica e psicologica, dell’equo accesso all’istruzione, alla casa e al lavoro, a causa della propria identità di genere, orientamento sessuale, origine, religione o qualsiasi altra ragione, l’intera società è fragile, esposta al conflitto, ingiusta.
Le persone della comunità LGBTQIA+ italiana si trovano spesso ancora in una posizione di discriminazione non potendo godere degli stessi diritti degli altri cittadini – scegliere con chi unirsi in matrimonio o crescere dei figli, affermare la propria identità di genere senza essere esclusə da educazione, lavoro, etc.
Non è più accettabile che in Italia, che si vanta di essere uno Stato di Diritto, una parte dei propri cittadini siano meno tutelati o discriminati. Non è accettabile che anche una sola persona sconti sulla propria pelle la discriminazione, per qualsiasi ragione, altrimenti si costruisce una società basata sui privilegi, dove i diritti non sono riconosciuti come tali ma vengono concessi dall’alto in modo condizionato. Questo non è più accettabile!
Le cicliche crisi economiche, la pandemia, la mancanza di adeguate politiche, hanno acuito le diseguaglianze sociali ed economiche, sottolineando e amplificando le posizioni di debolezza, creando situazioni conflittuali che esplodono anche nella nostra città. Occorre rinsaldare il patto sociale, ricomponendo i conflitti interni alla società, riaffermando una visione equa e solidale del vivere comune.
E ora vediamo in Europa tornare la guerra, che, come una furia irrazionale, contravviene all’essenza stessa dell’umanità, che è invece fondata sul reciproco riconoscimento della dignità e della fratellanza, come cita l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo.
La guerra cancella qualsiasi possibilità di garantire lo Stato di Diritto e grava ancora una volta maggiormente sulle persone più deboli e meno garantite. La guerra va ripudiata e la pace deve restare l’unico obiettivo sensato che l’umanità deve perseguire.
La guerra cancella qualsiasi possibilità di garantire lo Stato di Diritto e grava ancora una volta maggiormente sulle persone più deboli e meno garantite. Esprimiamo solidarietà alla resistenza del popolo ucraino – formata anche da attivisti LGBTQIA+ – contro la guerra di conquista mossa dalla Russia.
Le persone LGBTQIA+, che per troppo tempo sono statə sistematicamente e giuridicamente discriminatə, non hanno intenzione di fare passi indietro e continueranno a chiedere che si facciano passi avanti per costruire una società equa, giusta, pacifica, plurale, dove lo stato di diritto è universalmente riconosciuto e messo in pratica con adeguate norme e sostegni.
Il percorso da fare è ancora lungo. Cinquant’anni fa, un piccolo gruppo di persone LGBTQIA+ per la prima volta in Italia si espose pubblicamente e contestò i contenuti di un congresso di sessuologia a Sanremo. Quel piccolo gruppo che diede origine alla prima associazione LGBTQIA+ in Italia, il Fuori!, è stato capace di innescare un movimento che senza sosta è giunto fino a noi.
Con gratitudine riconosciamo il coraggio e il valore degli attivistə che in questi decenni, con ostinazione e lungimiranza, ci hanno preceduto e con determinazione raccogliamo il testimone guardando alla società tutta intorno a noi, per rivendicare un futuro di Pace e Diritti, senza conflitti, per tuttə.
ANTIDISCRIMINAZIONE E LOTTA ALLA *FOBIA: STOP AI CONFILITTI SULLA NOSTRA PELLE
Art. 7 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
“Tutti sono eguali davanti alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”.
L’odio non è un diritto.
Ogni giorno, le persone LGBTQIA+ vengono discriminate, isolate, insultate e aggredite a scuola, in casa, in strada o sul posto di lavoro. Ancora oggi, nel nostro Paese, tenersi per mano, darsi una carezza o un bacio per molte coppie omosessuali non sono solo semplici gesti d’affetto, ma atti di coraggio.
Siamo amicə, colleghə, vicinə di casa, genitori, figlə che chiedono a gran voce di non essere più cittadinə di serie B, ma accoltə e tutelatə in modo efficace da una Legge contro l’omolesbobitransfobia, intersexfobia, afobia, queerfobia e discriminazione verso chiunque venga considerato diversə, senza compromessi.
Ma purtroppo meno di un anno fa il Parlamento ha dato prova di scarso senso di responsabilità e senso civico, con una larga parte dei Senatori che ha esultato quando è stato affossato il DDL Zan contro l’omolesbobitransfobia, già approvato alla Camera. Una scena indegna di un Paese civile – come si può sfacciatamente esultare mentre stai negando il diritto alla dignità di altri cittadini? – che occorre ribaltare, colmando una natura giuridica, che pone l’Italia tra i Paesi europei che prevedono minori tutele per le persone LGBTQIA+.
I conflitti sociali, l’intolleranza, l’odio, la violenza sotto tutte le sue forme, andrebbero ricomposti e prevenuti da parte del legislatore, non fomentati o tollerati. Riteniamo necessario che le forze politiche più responsabili diano all’Italia una legge giusta, di civiltà, senza compromessi o smorzature non necessarie.
Nel nuovo disegno di Legge contro l’Omolesbobitransfobia, va tenuta salda la copertura di garanzia verso tutte le forme, motivazioni e categorie di discriminazione, e va tenuto fermo il proposito di prevedere accanto a misure sanzionatorie, verso chi compie atti discriminatori, strumenti e risorse di prevenzione, puntando su educazione e sensibilizzazione.
Anche a Milano si vivono questi problemi e una città che si vanta di essere capace di accoglienza ed empatia è importante che si doti di maggiori strumenti e politiche antidiscriminatorie e di sostegno per le vittime che si affianchino e si coordinino con le attività e servizi erogati dalle associazioni di volontariato che operano sul territorio.
L’istituzione di un help center antidiscriminazione multimediale (telefono, chat, email), capace di offrire supporto professionale (psicologi, avvocati) e di mettere in rete le risorse del mondo associativo, è un impegno che l’Amministrazione Pubblica dovrebbe considerare improcrastinabile.
L’azione della Casa Arcobaleno, rifugio per persone LGBTQIA+, andrebbe rafforzata e altri appartamenti aperti per espandere il numero di posti letto. Occorre altresì promuovere una campagna di sensibilizzazione ed educazione alle differenze, alla non discriminazione, con progetti nelle scuole (corsi, concorsi, etc.) e una campagna di comunicazione diretta all’opinione pubblica. Chiediamo, pertanto, al Comune oltre a sostenere e valorizzare le attività già svolte dalle associazioni, di attuare concretamente tutte queste iniziative; il Comune non può delegare totalmente al volontariato i compiti che sono di interesse pubblico.
EGUALI DIRITTI PER UNA CONVIVENZA CIVILE SENZA CONFLITTI
Siamo certə, come già sollecitato più volte dalla Corte Costituzionale e altri organi giudiziari, che l’Italia sia fuori tempo massimo per una legge sul matrimonio egualitario e sul riconoscimento dei figli e delle figlie alla nascita per le coppie formate da due donne o da due uomini, come anche sulla riforma dell’istituto dell’adozione, sull’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e sulla regolamentazione della gestazione per altri.
Non esiste un solo modo di essere famiglia. In quanto istituto culturale e sociale, la famiglia si trasforma ed evolve insieme alla Società stessa. Esistono e sono sempre esistite innumerevoli varietà di Famiglie e ci sono sempre stati genitori eterosessuali, omogenitoriali, genitori single. Famiglie di prima costituzione o ricostituite. Tutti questi tipi di famiglie devono avere pari dignità e sono meritevoli di rispetto e tutela da parte di uno Stato che si definisce “laico” e dove non dovrebbero esistere discriminazioni per credo politico o orientamento sessuale.
Per crescere figlie e figli occorrono tempo, dedizione, cura, responsabilità, diritti e doveri. E sono proprio questi ultimi a mancare perle famiglie LGBTQIA+.
Ed è proprio su questi temi che riteniamo urgente parlare di piena parità di diritti e opportunità per le coppie e i/le single LGBTQIA+ in tema di famiglie e filiazione.
È arrivato il momento che ogni singolo individuo, ogni persona che vive nella società prenda coscienza della quotidiana DISCRIMINAZIONE che le FAMIGLIE LGBTQIA+ vivono quotidianamente: nessun riconoscimento di ruolo parentale, infatti, viene attribuito al genitore intenzionale o, in caso di famiglie ricomposte, al partner.
Purtroppo, ci ritroviamo anche quest’anno a tirare le fila di un nulla di fatto a livello legislativo: nessuna legge, nessuna tutela per i bambini delle coppie LGBTQIA+ che agli occhi dello Stato italiano continuano ad avere un solo genitore, di fatto relegando il genitore sociale o il partner a figure inesistenti a livello giuridico.
Gli studi internazionali rilevano che i bimbi e le bimbe nelle famiglie con genitori LGBTQIA+ crescono in modo eguale ai loro coetanei con genitori eterosessuali, e similmente a loro affrontano le sfide quotidiane. Ma queste sfide diventano talvolta MURI perché a differenza delle famiglie eteronormate, i bambini e le bambine delle famiglie omogenitoriali hanno delle sfide in più da affrontare perché non hanno il diritto ad avere 2 genitori: quando il genitore sociale deve compilare una delega per accompagnare il/la figliə a scuola; quando il genitore sociale non ha accesso alle informazioni sanitarie del/la propriə figliə e all’ospedale; quando il/la figliə non è accudito da entrambi i genitori a seguito della loro separazione; quando il genitore sociale non può accedere alle prestazioni e istituti a tutela della maternità e paternità e alle misure di sostegno alla famiglia.
Chiediamo ai singoli cittadini di conoscere, comprendere e impegnarsi insieme a noi a far progredire la società per renderla eguale per tuttə.
Chiediamo ai nostri politici, tutti, dai consiglieri di zona al sindaco di avere forza, passione e determinazione nel sostenere le istanze delle famiglie LGBTQIA+ nella loro vita quotidiana; nel riconoscere in maniera istituzionale il ruolo del genitore sociale e del partner di un genitore separato che in una famiglia ricostituita svolge un ruolo di accudimento e cura; nel favorire l’adozione a famiglie omogenitoriali o single, sganciando finalmente la capacità genitoriale di un individuo dalla questione dall’orientamento sessuale e biologica.
Tutto questo potrebbe avere una soluzione estremamente semplice: superare la legge Cirinnà – che ha introdotto le unioni civili – a favore del matrimonio egualitario! Ogni cittadinə, infatti, DEVE essere libero di accedere all’istituto già esistente e normato del matrimonio. In questo modo, insieme al riconoscimento dei figli e figlie alla nascita, non esisterebbe più la violenta, umiliante e silenziosa discriminazione che subiscono le famiglie LGBTQIA+ e che determina la mancanza di diritti e doveri dei genitori, delle figlie e dei figli, e impedisce l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita o all’adozione.
IDENTITÀ DI GENERE
In Italia i servizi sanitari dedicati alle persone che devono affrontare un percorso di transizione di genere sono assolutamente carenti. Il sistema è così complesso da non riuscire ad adattarsi alle esigenze della realtà locale e a dare risposte efficaci.
La maggior parte delle persone transgenere e gender non conforming oggi si affida a centri pubblici o privati per poter accedere alle cure ormonali. Il servizio pubblico segue la procedura ONIG, che non è né funzionale né necessaria né tantomeno prevista per legge, con il risultato di essere incapace di assistere i cittadinə che ne hanno bisogno.
La delibera AIFA, che stabilirebbe la gratuità delle terapie ormonali ma a patto di seguire una rigida procedura, è stata definita non tenendo conto della effettiva disponibilità delle strutture sanitarie necessaire nelle varie regioni italiane, e risulta di difficile applicazione in Lombardia. La delibera va cambiata a partire dalla sua ideazione concettuale, poiché determina un passo indietro nel processo di autodeterminazione della persona transgenere, non tiene conto del microdosing e considera valide all’erogazione del farmaco solo le farmacie ospedaliere, che non sono di facile reperibilità sul territorio.
Ogni endocrinologo dovrebbe essere abilitato a prescrivere le cure ormonali per le persone transgenere, ampliando la base dei medici a disposizione, al contrario di quanto succede ora.
Il percorso psicologico dovrebbe essere reso facoltativo, non più necessario come ora, e sostituito dal principio di autodeterminazione della persona trans stessa.
Il percorso giudiziario per la rettifica dei documenti anagrafici dovrebbe essere semplificato e trasformato in una procedura comunale, come avviene già in altri Stati. L’autorizzazione di un giudice per le operazioni chirurgiche invece dovrebbe essere rimossa.
La paura che alimenta l’attuale sistema è quella delle detransizioni; ma in realtà non vi è contezza di questo fenomeno perché non sono stati fatti finora studi che permettano di avere un’idea di quanto sia alto questo rischio.
Questo sistema nel suo complesso deve essere modificato e snellito, così da poter facilitare i percorsi di transizione, supportare concretamente chi li deve affrontare e aumentare la qualità della vita delle persone transgenere e gender non conforming.
Lasciamo alle persone trans il diritto di autodeterminarsi e di assumersi la responsabilità per il proprio percorso di transizione.
Infine, richiamiamo la necessità di avere una legge più moderna, proprio quest’anno, nel quale la legge n.164/1982 compie 40 anni. Questa è l’unica legge che regolamenta la vita delle persone trans e non aderisce nel modo corretto alle necessità che la nostra comunità ha oggi.
Basta Transifici! Non siamo più dispostə a pagare enormi cifre per ciò che è nostro diritto: scegliere, parlare e riconoscerci per noi stessə.
L’INTERSEZIONALITÀ DELLE LOTTE: NESSUNə È LIBERə SE NON SIAMO TUTTə LIBERə
Le discriminazioni sono molteplici e basate su più fattori, che spesso interagiscono e si sovrappongono fra loro. Sesso, genere, identità di genere, orientamenti sessuali e affettivi ma anche disabilità, stato sociale, colore della pelle, corpi diversi da un ideale imposto, età, e altro ancora: sono tutti aspetti che creano privilegi e conseguenti discriminazioni. Sapere che questi co-esistono, si sommano e amplificano, deve essere alla base della nostra pratica politica.
L’odio verso le persone LGBTQIA+, il razzismo, il classismo, l’abilismo, la mascolinità tossica: sono tutte forme di oppressione ed esclusione che dobbiamo affrontare tuttə insieme per poter creare una società equa ed inclusiva.
Nessunə di noi è liberə finché non siamo tuttə liberə. È vitale lottare non solo per ciò che riguarda noi in prima persona ma anche per quello che riguarda le altre persone oppresse.
Sogniamo un mondo in cui l’alleanza è alla base della coesione sociale e porta a combattere ogni forma di conflitto sociale, culturale. Desideriamo un mondo in cui gli uomini fanno loro le pratiche femministe; in cui non importa il proprio sesso biologico, ma siamo tuttə al fianco delle persone trans* nella loro lotta per l’autodeterminazione; ci dichiariamo antirazzisti anche se bianchi; diamo voce alle persone disabili; combattiamo le disuguaglianze sociali ed economiche; ci schieriamo per la piena libertà di ogni sfumatura della comunità LGBTQIA+. E tanto altro ancora, finché tuttə non saremo alleatə di tuttə.
Ci poniamo in un’ottica transfemminista di rivendicazione: collettiva e fatta di alleanze, non escludente, che abbracci tutte le categorie tradizionalmente emarginate. La nostra rivoluzione non può che essere per tuttə e di tuttə.
UNA SCUOLA PER TUTTə CHE CONTRASTA I CONFLITTI
La scuola è l’istituzione pubblica che ha lo scopo di preparare lə giovani studentə alla loro vita nel mondo. Ed è importante che faccia questo non solo tramite l’insegnamento dei contenuti ma anche mettendo lə studentə a confronto con il mondo, in un insieme di diversità e sfumature, presentando il mondo per come è: una realtà variopinta, ricca, multidimensionale.
È essenziale che un’istituzione pubblica parli della e alla realtà senza basarsi su canoni irrealistici, vincoli stereotipati, teorie astratte e pregiudizi. Per questo, una corretta, approfondita e duratura educazione alle differenze è fondamentale nel percorso scolastico di ogni studentə.
Trattare le tematiche LGBTQIA+, femministe e di genere durante l’età formativa, rendere disponibili libri di testo in biblioteca per approfondire questi temi anche in autonomia, permette alle giovani persone LGBTQIA+ di sentirsi meno isolate, di scoprirsi, comprendersi e crescere serenamente, e alle persone non-LGBTQIA+ di avere una visione completa del mondo in cui vivono e di diventare cittadinə coscienti e alleati dei loro coetanei.
Il bullismo è la prima causa di abbandono scolastico: che tipo di adultə diventeranno, se non garantiamo loro il diritto allo studio? Che tipo di cittadinə? Ma soprattutto: come possiamo anche solo immaginare che le loro vite, le loro menti, la loro salute siano tutelate? Un’istituzione pubblica – la scuola – deve fare di più.
La conoscenza è la prima arma di contrasto all’odio. I conflitti nascono dalla incomprensione, mancanza di conoscenza, dal pregiudizio. Formiamo giovani e adulti capaci di vivere e interagire positivamente insieme. Favoriamo un percorso di crescita collettiva.
Si deve mettere uno stop al bullismo, alle discriminazioni, alle violenze, a ogni forma di conflitto – troppo presenti nella vita dei giovanə, tanto nel quotidiano quanto online anche attraverso il sostegno e la valorizzazione delle attività delle associazioni che da anni operano nelle scuole sul tema dell’educazione alle diversità e contrasto al bullismo.
Il bullismo, infatti, è un’ombra lunga che pervade, permane e segna a lungo e in profondità le loro vite: una vita serena, consapevole e libera – da adolescenti, giovani o adulti – è un diritto!
IL DIRITTO ALLA SALUTE
Era il 5 giugno 1981 quando vennero registrati i primi casi sospetti di polmonite da Pneumocystis in cinque uomini omosessuali, che si rivelarono poi essere i primi sieropositivi diagnosticati.
Tanti passi sono stati fatti in questi oltre 40 anni di lotta al virus, tanto che oggi possiamo guardare all’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di avere ZERO nuove infezioni da HIV nel 2030 con ragionevole speranza.
Grazie all’arrivo dei farmaci efficaci, l’aspettativa di vita delle persone che vivono con HIV oggi è equiparabile alle persone HIV negative. E non solo, le evidenze scientifiche, dimostrano che una persona HIV positiva che segue il trattamento, e ha carica virale non rilevabile, non può trasmettere il virus: U=U, Undetectable equals Untrasmittable. Un risultato straordinario.
Oggi abbiamo molti strumenti per proteggerci dal virus dell’HIV, abbiamo il condom, la PrEP, profilassi pre-esposizione da HIV, la TasP, terapia come prevenzione, la PEP, profilassi post esposizione. Tutti questi strumenti permettono di vivere liberamente le nostre sessualità, qualunque esse siano, e di approdare un benessere sessuale pieno e appagante, che deve essere libero dai pregiudizi, da razzismo, violenza di genere, transfobia e all’insegna dell’autodeterminazione sessuale.
Eppure, ancora molto si deve fare in termini di corretta informazione, lotta allo stigma, sensibilizzazione e promozione della prevenzione, non solo rispetto all’HIV ma a tutte le malattie sessualmente trasmissibili. Lo stigma sociale e la discriminazione alimentano ancora paura e isolamento, che, aggravate dalla pandemia globale di covid-19, ha effetti devastanti nella quotidianità e nelle nostre comunità.
Milano, se vuole essere città all’avanguardia per la salute, deve partire anche dalla salute dei più fragili, e dalla salute delle persone LGBTQIA+. Le istituzioni devono fare la loro parte, promuovendo politiche e azioni di sostegno concreto al diritto alla salute e alla corretta informazione e prevenzione.
Le associazioni, prima fra tutte il Milano Check Point, si trovano spesso a lottare da sole, andrebbero invece supportate con spazi e fondi utili per promuovere servizi di test e prevenzione, fare corretta informazione e combattere lo stigma. Le associazioni di volontariato e auto-aiuto sono presidi fondamentali per la salute fisica e psicologica dei cittadini, e come tali devono essere sostenute dalle istituzioni come parte integrante del sistema sanitario, per non lasciare nessuno indietro.
Solo così possiamo costruire un futuro migliore, dove ognuno possa stare bene.