Emanuela Orlandi, una ragazza come tante, una cittadina vaticana come poche. Perché proprio lei? Cittadina di uno Stato nello Stato, ma scomparsa su suolo italiano in un caldo pomeriggio d’estate, il 22 giugno 1983. Il giornalista Alessandro Ambrosini ha pubblicato sul suo blog, “Notte Criminale”, quella che lui ha definito una “suggestion”. Di cosa si tratta? Parliamo di un suggerimento che nasce da una serie di fatti che dal 1990 si concatenano fino ad oggi. Nessuna accusa, nessun dito puntato contro i vari personaggi che da ormai quarant’anni fanno da sfondo alla sparizione di Emanuela. Eppure, c’è un dietro le quinte che è giusto raccontare, un “retrobottega” che Ambrosini racconta, fornendo un punto di vista diverso da cui osservare la storia che conosciamo. Una storia fatta di segreti, mezze verità, presunti ricatti, menzogne, indizi, messaggi nascosti e chi più ne ha più ne metta. Ma chi si cela davvero dietro l’allontanamento da casa di Emanuela Orlandi? Da anni il suo nome, purtroppo, è legato doppio filo a quello di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma, dove Emanuela frequentava le lezioni di musica. Due vite completamente diverse e che, non ci è dato ancora bene sapere come, ad un certo punto molto probabilmente si sono incontrate, cambiando il destino di quella che era soltanto una ragazzina di quindici anni. Ricatto. Un ricatto nei confronti della Santa Sede? Qualcosa che avrebbe potuto concretamente minacciare l’immagine di sacralità delle mura vaticane.
Il caso della sparizione di Emanuela, nel corso degli anni, si è nutrito degli indizi provenienti dalle piste più disparate, ma c’è un filo invisibile che lega una serie di avvenimenti che si sono susseguiti nel tempo. Un filo conduttore che, nell’inchiesta che Ambrosini sta portando avanti, delinea un particolare scenario: “Il bendato”, come lo chiamava uno degli usurai della Banda della Magliana, si staglia nitido all’orizzonte. Non come protagonista del rapimento di Emanuela. Ma come possibile detentore di documenti che possono fare luce su ciò che rimane uno dei più intricati e incomprensibili misteri italiani”. “Massimo Carminati. Milanese di origine, intelligente, calcolatore e con l’aura di rispetto e credibilità che la Roma “di strada” riserva a chi viene dal Nord. È lui che eredita rapporti ad alto livello, prestigio criminale e anche i crediti che alcune bische dovevano a De Pedis (ucciso il 2 febbraio del 1990). Rapporti che implicavano segreti inconfessabili con uomini dei servizi segreti, con boss della malavita organizzata, con politici…”. 16 luglio 1999, giorno del furto nel Tribunale di Roma. Un furto in cui nulla viene lasciato al caso, un furto in cui ogni azione viene studiata nel minimo dettaglio:” C’è una lista precisa di cassette di sicurezza da aprire. Dietro ad ogni nome cui appartengono le stesse, c’è qualcosa più prezioso del denaro, gioielli e oro da rubare. Avvocati, magistrati e funzionari hanno depositato in quelle cassette i propri segreti e alcune carte “scottanti” sulla reale storia della Repubblica Italiana”.
Cosa c’entra questo furto con il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi? Ad essere derubato di documenti importanti anche il magistrato e Alto commissario nella lotta alla mafia Domenico Sica, che indagò anche sulla sparizione della cittadina vaticana. Ma su cosa quei documenti contenessero ancora oggi resta il silenzio. Queste le parole di Sica ai giudici di Perugia: “Una parte della destinazione della cassetta risale a un’epoca in cui ero Alto commissario. Quindi non lo so, sarei anche tenuto alla riservatezza su quello che poteva contenere la cassetta, ecco…”. Nulla esclude che la cassetta di sicurezza potesse contenere del materiale relativo alla scomparsa di Emanuela. Per questo reato Massimo Carminati fu condannato a quattro anni per questo reato. Le sue parole durante il processo di Mafia Capitale: "Lì c’ erano molti documenti, forse, però tra un documento e l’ altro ho preso pure qualche soldo. È ovvio da dove provenga la mia disponibilità economica, solo i carabinieri fanno finta di non saperlo". Parole che nascondono molto più di quello che dicono realmente...