Torna al centro delle indagini il gruppo Benetton per la sua attività legata alla rete autostradale italiana. Giacomo Amadori sul quotidiano la Verità ha infatti reso noto la Guardia di Finanza ha acceso un nuovo faro sull'inchiesta per il crollo del Ponte Morandi. Nel processo in corso è riuscito per adesso ad evitare la responsabilità penale, ma ci sono novità che potrebbero pesare e non poco. Le Fiamme gialle, infatti, stanno cercando di capire se i dividendi che gli imprenditori si sono spartiti mentre sulla rete autostradale non venivano effettuati i lavori di messa in sicurezza fossero legittimi. E così la Procura di Roma e la Gdf hanno avviato un'inchiesta per chiarire questi aspetti lungo tutta l’arco della gestione del gruppo e i suoi ingenti incassi.
Per farlo, gli investigatori sono andati a far visita agli uffici romani di Autostrade per l'Italia e del ministero dei Trasporti, nell’ambito di un’attività utile ad acquisire la documentazione necessaria per rispondere alle loro domande in merito. Sempre secondo La Verità, l’ipotesi di reato sarebbe di "truffa aggravata ai danni dello Stato e di peculato". Tutto ciò tenendo conto quanto recita la legge del 2002 assorbita in una del 2004 che prevedeva incrementi nei pedaggi che andavano ad aggiungersi alla tariffa forfettaria a chilometro introdotta nella convenzione del 1997. In questo modo, la seconda quota di pedaggio che veniva riconosciuta sarebbe dovuta essere interamente destinata per finanziare nuove infrastrutture. Ma quali? Per esempio, la Gronda di Ponente a Genova, utile per diminuire il traffico anche sul Ponte Morandi. La Guardia di finanza vuole capire se tra le cause del crollo (e della tragedia che ha portato alla morte di 43 persone) ci possa essere anche la “avidità” di aumentare gli extraprofitti da dividersi a scapito delle opere utili a mettere in sicurezza vari tratti della viabilità autostradale.