Smettete di avere Fedez. Perdonate la parafrasi ordinaria, banale. Procediamo invece con ordine. In una poesia, Majakovskij, poeta rivoluzionario, “sogna” una riunione che metta fine a tutte quante le riunioni. Un desiderio mai realizzato. Se il comunismo ha notoriamente fallito in ogni suo intento, al contrario, nel tempo, il mercato, la finanza, il capitalismo possono dirsi trionfanti, convincendo anche i più riottosi a ritenere necessarie e incancellabili le opportunità e soprattutto le merci in offerta. Illuso, chi ancora adesso ama retoricamente ripetere, sollevando le bandiere dell’ottimismo, che “Un altro mondo è possibile”. Non è così, ed è bene che si sappia. Occorre, semmai, accontentarsi d’altro, aspirazioni e obiettivi più minuscoli. Per esempio un mondo nel quale non si parli più di Fedez. Almeno questo sarà possibile e auspicabile? Non si tratta di antipatia personale. Semmai del senso del limite, della misura e di saturazione mediatica. Attendiamo una risposta, ma “Fate presto!”, come l'opera di Andy Warhol che riproduce la prima pagina del “Il Mattino” di Napoli all’indomani del terremoto dell’Irpinia, 1980. Il nostro desiderio di rimuovere dall’attenzione la presenza continua e assillante di Fedez investe, si sarà intuito, una riflessione sulla Storia e la Speranza. Ripenso a una discussione di molti anni fa, dove un giovane narratore veltroniano si mostrava molto polemico verso il poeta Francesco Leonetti, già voce del corvo di Pier Paolo Pasolini in Uccellacci e uccellini. Bene, il ragazzo sostenitore dell’“innocenza della poesia”, trovò infine risposta dall’ex corvo: “Non è vero che la Storia non porta mutamenti, di sicuro non c’è più un don Rodrigo che impone lo ius primae noctis”.C’è quindi da supporre, sebbene sul concetto di Speranza ci sia filosoficamente molto da ridire, che presto o tardi anche il quotidiano pubblico del rapper Fedez possa essere ritenuto irrilevante mediaticamente. È forse giusto, metti, che di Nicola Di Bari più nulla sappiamo mentre di Federico Lucia, in arte Fedez, l'intero vangelo mondano per filo e per segno?
Anni fa, trovandomi a Milano-NoLo, quartiere già operaio infine gentrificato (l’acronimo secondo alcuni sarebbe stato imposto dagli architetti radical chic che amano piastrarsi i peli pubici), oltre i bastioni di Orione di piazzale Loreto, ragionando dello shampoo sonoro rap, un giovane bene informato raccontava addirittura di un Fedez intenzionato a “entrare in politica per diventare il nuovo Berlusconi” (sic). Affiancato dall'allora moglie Chiara Ferragni, biondezza mariana, e il corredo dei figli, griffati fin dalle amniocentesi; sicuri strumenti di consenso. Nel pensiero delle più recenti generazioni, il capitale delle idee appare irrilevante, conta semmai il capitale materiale. I gadget come vero post-plusvalore. Innegabile che Fedez e l’ex moglie, dal Nulla (in senso filosofico non proprio sartriano, semmai di glamour) siano riusciti a creare un catalogo di merci del tutto inessenziali e tuttavia convincenti. Rivolte a un popolo di utenti social attitudinalmente segnato da candore adolescenziale. In verità, va detto pure che rispetto all’estetica iniziale da lucidalabbra e al pensiero spray, Fedez e Ferragni avevano perfino dimostrato un apprezzabile intento “civile”, così in difesa del del Zan e i diritti lgbtqia+, oltre la propria schiuma. Fedez in prima persona, per dato generazionale, aderisce infatti, temo, alla weltanschauung propria del sogno di decimazione dei “boomer”; la complessità ritenuta un ingombro, un lascito degli "assembleari" anni Settanta. L’immancabile antidoto presunto dialettico “Ok, Boomer!” pronunciato da ogni pulcino acefalo della società dello spettacolo. Federico peluche tatuato, Chiara hostess di terra “platinum plus”; riuscita a surclassare le colleghe trascorse, non meno come lei standiste, cominciando dalle leggendarie del parmigiano che, abito blu e sorriso, ne offrivano al visitatore un mozzicone con lo stiletto a goccia. Incanto perduto. Non “una risata”, ma un “pandoro” l'ha infine seppellita. Nel mattino del giorno dopo, Fedez ormai libero e solo, appare ancora protagonista con una propria frase: “Lasciatemi stare, lasciatemi stare che l’ammazzo. Io sono di Rozzano!”, pronunciata al culmine di una rissa nel privé del locale The Club.
Riporto testualmente dalle cronache: “Frase che rimbomba negli atti dell’inchiesta ‘Doppia Curva’, nell’ambito della quale sono stati arrestate due ultrà milanisti che presero parte al pestaggio del personal trainer Cristiano Iovino”. Piccato, il sindaco del luogo ha risposto: “Rozzano non significa malavita. Questa reputazione non ci appartiene, e lo affermiamo con determinazione e orgoglio”. Contestualmente, Leggo, allarmato, ne riporta la sparizione dai social network, puntualizzando che ciò “era già successo a giugno, in occasione della querelle con Marcell Jacobs, ed era accaduto anche a febbraio 2023 dopo il bacio con Rosa Chemical al festival di Sanremo; episodio che aveva innescato la crisi con la moglie Chiara Ferragni. Questa volta, però, sembra esserci una questione più delicata dietro al suo silenzio social. L'improvvisa sparizione del rapper dal web è coincisa con l'inchiesta sulle frange violente del tifo di Milan e Inter. Tra gli arrestati figurano la sua guardia del corpo, Christian Rosiello, e altri due amici Islam Hagag, noto come Alex Cologno, e Luca Lucci, uno degli indagati dalla procura di Milano”. C’è da sperare che questo suo silenzio, almeno ai nostri occhi liberatorio, si prolunghi ancora… Ripetiamo nuovamente: lo so, il mercato, cioè il capitale, ha vinto, ma, chiedo: un mondo nel quale non si parli più di Fedez è invece possibile? A questo interrogativo da me posto giorni fa altrettanto in rete, ha risposto Guido Hauser, tra le intelligenze più brillanti che Facebook possa vantare: “Ma certo che è possibile: basterà d’ora in poi parlare invece di Tony Effe (il Capitale è molto abile nel clonare sé stesso)”. Avevo ragione a pensare che la Speranza è un concetto filosoficamente illusorio.