Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, è stato fermato in Germania a bordo della sua Fiat Punto Nera. Tra qualche giorno verrà consegnato alla “giustizia” italiana. Vigliacco fino alla fine. Persino per rispettare il copione del “femminicida tipo” che, negli ultimi tempi, si chiudeva con l’estremo gesto. Invece così non è stato. Troppo vigliacco persino per togliersi la vita, come invece hanno fatto molti dei maschi che lo hanno preceduto. Maschi, non uomini. Ventidue anni, Filippo Turetta è considerato uno Z. La generazione del futuro. Ma quale futuro? Turetta è poco più che ventenne. È nato negli anni 2000, ma lui come tanti coetanei nell’estate appena trascorsa, ha dimostrato di non sapere accettare che una donna possa appartenere solamente a sé stessa. Possa decidere di camminare e di proseguire. Una non accettazione che ricade sotto il paradigma della lesa maestà. Eppure, non siamo più nell’Ottocento e nemmeno nel Novecento. Non ci sono più scuse, più scriminanti di retaggio culturale. C’è il fallimento di una società che non ha insegnato che una donna è donna e ha diritto e potere di scegliersi ogni giorno. Filippo ha ucciso Giulia a colpi di coltello. Ha inveito contro di lei con una crudeltà e spietatezza. Animato da quello che in gergo tecnico viene definito istinto della distruzione. Ti ammazzo e ti cancello. Lo faccio proprio nel momento più bello: quello in cui stai per tagliare un traguardo importante. Un obiettivo che io non sono ancora riuscito a raggiungere, e quindi anche tu non puoi permetterti di farlo. Non importa se ci hai lavorato per anni ed hai dovuto attraversare le pene dell’inferno con la perdita di tua madre. Non importa se hai pianificato tutto nei dettagli: la festa, gli inviti, il brindisi. Nonostante tutto non lo meriti.
Filippo Turetta ha utilizzato i soldi insanguinati per fare benzina domenica. È stato ripreso dalle telecamere di un distributore automatico di Cortina mentre inseriva il denaro nello sportello. Il titolare della stazione di servizio ha infatti trovato una banconota da venti euro con delle macchie di sangue. Molto probabilmente, quello di Giulia. Mi auguro a questo punto che nessuno abbia più dubbi.
Il delitto di Giulia Cecchettin è stato ampliamente premeditato dal suo assassino. Direi che l’ispezione cadaverica svolta nella serata di ieri dal medico legale Antonello Cirnelli non lascia spazio a perplessità di sorta. Filippo aveva portato con sé un coltello perché sapeva benissimo che cosa volesse: ucciderla. L’ha massacrata con un’arma da punta e da taglio al collo ed alla testa. Giulia però si è difesa. Sulle mani e sulle braccia aveva diverse ferite. Ha provato a sfuggire alla furia omicida di Turetta, che ormai aveva deciso e non voleva certamente tornare indietro. Sangue freddo. Passi lunghi e ben distesi, nessun peso sulla coscienza. Ricerche online sui kit di sopravvivenza e mappe di sentieri in montagna in Tirolo. Voleva farla franca da latitante, illudendosi di poter sfuggire alle maglie della giustizia. Per questo non si è fermato quando lei provava a scappare. L’unico che poteva e doveva farlo sarebbe stato lui. Alla fine, però, è stato catturato.
Lui, il ragazzo che le preparava biscotti e che tutte le caratteristiche aveva, tranne quello del buon samaritano. E per favore, non iniziamo a parlare di litigi sfociati in omicidio o di perizia psichiatrica. Perché altrimenti siamo al punto di partenza e le cose non cambieranno mai. Gli ingredienti qui sono fin troppi: crudeltà, premeditazione e ignobili motivi. Dire futili è riduttivo. Per il garantismo ci sarà tempo. E allora utilizzo il mezzo potentissimo della penna affinché Giulia Cecchettin non sia solamente una di meno. Non sia la figlia che finalmente può riabbracciare la madre morta prematuramente. Non sia solo l’ennesima vittima a cui verrà conferita la laurea ad honorem o il premio cittadino di turno.