Disumano. È stato lui, l’ex fidanzato: Filippo Turetta ha ucciso Giulia Cecchettin e l’ha gettata in un canalone come se fosse un rifiuto qualsiasi. Le ha teso una trappola. Una di quelle trappole che conosciamo bene, ma evidentemente non abbastanza affinché non accada di nuovo: quella dell’ultimo appuntamento. Filippo ha approfittato dell’affetto che lei nutriva ancora nei suoi confronti ed ha agito. Consapevole che Giulia non avrebbe fatto più rientro a casa. Nella sua mente diabolica e spietata aveva organizzato ogni dettaglio. Del sequestro prima e del femminicidio poi. Giulia probabilmente non è sopravvissuta alla notte di sabato scorso. In questi lunghi sette giorni abbiamo lasciato sfilare il garantismo, fin troppo. Un garantismo che ha tentato di seguire la scia della speranza che, alla fine, avremmo voluto fosse l’ultima a morire. Ma così non è stato. Filippo le ha tolto la vita all’alba della discussione della sua tesi di laurea dopo aver condiviso una cena. La sua ultima cena. Una cena con il sapore dell’ultimo pasto del condannato a morte. Chissà come l’ha convinta ad accettare il suo incontro con la morte.
Certamente Giulia non poteva immaginarlo. Non poteva neppure lontanamente preventivare di aver condiviso parte della sua fin troppo breve esistenza con un vigliacco che, da quel che si apprende in queste ore, sarebbe in fuga. Filippo Turetta ha disintegrato la vita della ragazza che diceva di amare. Dimostrando di essere un ragazzo privo di qualunque attrezzatura emotiva per gestire l’oltraggio del rifiuto, ma anche totalmente incapace di accettare che la “sua” donna era stata in grado di proseguire nel cammino chiamato vita. Senza di lui. E lo aveva fatto nonostante un anno complicatissimo dal punto di vista emozionale come quello che può derivare dalla perdita di una madre. Turetta si è arrogato il diritto di decidere sulla vita e sulla sua morte perché Giulia non aveva rispettato la vita che nella sua visuale distorta avrebbe dovuto condurre. Non un passo davanti a lui. Per queste deliranti ragioni, anziché cercare di capire che cosa non funzionasse nella sua misera esistenza ha iniziato a considerarla come la responsabile dei propri fallimenti.
Giulia doveva essere punita perché evidentemente si era stancata di avere accanto un fidanzato come lui. Doveva essere punita perché quella scelta di proseguire era percepita come sfidante e rispetto alla quale lui ormai era del tutto impotente. L’ha uccisa in maniera vile e vigliacca, caricandola in macchina come fanno i traditori. Le ha spento il telefono ed ha azzerato qualsiasi possibilità di fuga e di salvezza. Un ragazzo andato totalmente in pezzi e con una struttura di personalità disturbata. Ma pienamente capace di intendere e di volere. Come dimostra il raggelante controllo emotivo successivo al delitto: è ancora in fuga. E per favore finiamola con il ripetere “lo sapevamo tutte”, che non serve proprio a niente. Perché anche questa volta non lo abbiamo capito fino al ritrovamento del corpo che sono tutti bravi ragazzi fino a quando non ci ammazzano. È l’ora di finirla con gli slogan, che arrivano sempre troppo tardi. Il corpo senza vita di Giulia Cecchettin è stato rinvenuto nella tarda mattinata di oggi vicino al lago di Bracis, in provincia di Pordenone. Intanto, dopo l’ultimo presunto avvistamento in Austria, Filippo è un latinate e per lui è stato disposto un mandato di arresto europeo. Per fortuna, non potrà sottrarsi per molto al governo della legge. A prescindere che sia quella terrena o quella divina. In questa storia tremenda, c’è sempre un pezzo di finale da scrivere. Non aggiungo altro, per ora. Se vogliamo che le cose cambino davvero impariamo a chiamare le cose con il loro nome. Filippo Turetta è un assassino e Giulia Cecchettin è la centocinquesima vittima di femminicidio di questo 2023.