Tentato omicidio. Questa è l'accusa che pende sulla testa di Filippo Turetta. Un video estrapolato dalle telecamere di sorveglianza di un capannone nella zona industriale di Fossò, ora in mano alla procura di Venezia, che immortala i frangenti in cui Filippo aggredisce la sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin. Raccapricciante. Perché proprio in quel piazzale i carabinieri hanno repertato alcune tracce di matrice ematica, ciocche di capelli e addirittura dello scotch al quale erano attaccati questi ultimi. Quelle tracce saranno dunque presto confrontate con il dna di Giulia, ricavato dal prelievo di un campione genetico dalla sorella Elena, e con quello di Filippo, il cui profilo è stato recuperato dallo spazzolino da denti. Le probabilità che appartenga ai due giovani, visti gli ultimi aggiornamenti, sono drammaticamente elevate. Ciò non solo perché proprio in quel piazzale la Punto nera è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza alle ore 23.30. Ma anche perché l’iPhone di Filippo ha agganciato come ultima cella telefonica proprio quella della zona. Andiamo cauti, ma se effettivamente verrà dimostrato in laboratorio attraverso la comparazione del dna che quelle tracce ematiche sono riconducibili a Giulia, le informazioni dal punto di vista investigativo inizierebbero a essere significative. In primo luogo, perché si potrebbe far risalire l’aggressione a inizio serata, come confermerebbe anche il video in mano agli inquirenti. In secondo luogo, perché il quantitativo di sangue eventualmente perso da Giulia durante l’aggressione sarebbe stato abbastanza da lascare residui sul pavimento. E questo porta a delle domande: l’ha aggredita davvero solo a mani nude? Perché aveva dietro dello scotch? Quel che è certo è che la disponibilità di quest’ultimo lascerebbe presagire che Filippo si sia recato all’appuntamento “attrezzato”. Il famoso ultimo appuntamento. Un elemento che spiegherebbe anche perché il ragazzo riesca ormai da quasi una settimana a tenere sotto scacco gli inquirenti, impedendo il ritrovamento di entrambi e dell’automobile. Perché è vero che le risorse a disposizione di un ventiduenne non sono infinite, ma è altrettanto vero che se ci fosse stato un certo grado di preordinazione, potrebbe aver architettato il suo piano nel dettaglio, trovando il modo di seminare gli investigatori. Non è neppure un caso che abbia spento entrambi i telefoni per far perdere le loro tracce. E lo abbia fatto pressoché nell’immediatezza manifestando totale lucidità e pragmatismo nel mettere in atto il piano criminale.
Filippo Turetta sapeva che Giulia si sarebbe laureata giovedì 16 novembre e probabilmente quello nella sua mente è stato il punto di rottura. Probabilmente la sua volontà era quella di impedirgli a qualunque costo di farlo. Anche al prezzo di toglierle la vita. E allora sabato quel che aveva potenzialmente ponderato nella sua mente ha preso forma e lo ha spinto ad agire. Se i rilievi scientifici confermeranno l’ipotesi della Procura di Venezia di un’aggressione, bisognerà capire in che misura e se in maniera irreversibile. Siamo di fronte a uno scenario agghiacciante che peggiora di ora in ora. Di minuto in minuto. Che tiene sotto scacco due famiglie. Giulia Cecchettin potrebbe essere l’ennesima vittima di femminicidio. L’ennesima croce rosa in un bollettino che assume sempre più le caratteristiche di un bilancio di guerra. Cambiano i nomi di vittima e carnefice, ma alla fine si scrivono purtroppo sempre gli stessi copioni sanguinari. Pensiamo a questo il prossimo 25 novembre durante la celebrazione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non a indossare scarpette rosse, spacchettare panchine o scriversi l’ennesimo slogan sulla mano. Per eliminare la violenza contro le donne servono fatti. Non bastano le parole. Di quelle ne abbiamo spese a fiumi.