Una delle più grandi paure del nostro tempo è la violazione della privacy. Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale poi il timore che qualcuno usi il nostro volto senza consenso. Nonostante la paura di rimanere nudi, comunque, i nostri comportamenti quotidiani non sono coerenti: regaliamo i nostri dati a ogni tocco su uno smartphone e accettiamo cessioni di privacy sui social ogni volta che apriamo le app. Esistono, per limitare i danni, servizi come PimEyes che riescono a rintracciare le immagini del nostro volto che sono online a nostra insaputa. Si tratta di un sistema che utilizza l’intelligenza artificiale che analizza i dati biometrici degli individui e procede a una ricerca degli stessi "codici" in giro per Internet. La ricerca, però, è fatta solo sulla base dei siti “aperti”, ma non è chiaro se PimEyes possa riferirsi anche a foto di profili social privati, come sottolinea un articolo della Cnn. In particolare, è la sicurezza dei minori che deve essere maggiormente tutelata: molti genitori hanno in effetti utilizzato il servizio per individuare foto di cui non erano a conoscenza dei propri figli. Come riporta un articolo del New York Times e come lo stesso Ceo di PimEyes, Giorgi Gobronize, ha ammesso la ricerca dei volti dei minori è un tema piuttosto controverso. Non è detto, infatti, che coloro che cercano un bambino online abbiano buone intenzioni: Gobronize ha rivelato che sono stati bloccati più di 200 utenti che stavano utilizzando il servizio per ricerche “immorali”. Si trattava di pedofili, “child predators” o comunque persone che non avevano di certo come obiettivo la tutela della privacy dei più piccoli. Inoltre, ci sarebbero ancora delle difficoltà tecniche legate all’identificazione dei minori. Se il sistema fornisce buoni risultati per gli under 14, per i teenagers ci sono ancora delle problematicità: a seconda dell’angolazione dell’immagine, PimEyes potrebbe non essere in grado di riconoscere il volto di un bambino.
Ma PimEyes potrebbe essere usato per rintracciare foto di altre persone, oltre che di se stessi. Basta avere una foto di un estraneo per caricarla e controllare la sua presenza su altri siti: “le foto potrebbero riguardare un matrimonio, una vacanza o un sito por*o”, scrive ancora la Cnn in un articolo dedicato all’uso dell’Ai per il riconoscimento facciale. Chiunque può ricapitolare la nostra personale storia virtuale e ripercorrere le occasioni pubbliche in cui siamo stati fotografati o in cui ci siamo trovati anche per caso. Ad ogni modo, non tutte le ricerche di PimEyes hanno la stessa profondità: esiste un utilizzo gratutito e uno a pagamento. Il secondo parte da una quota di 29,99 dollari mensile per analisi più ampie, ma esiste un abbonamento business che può arrivare fino a 299,99 dollari al mese. Dunque, come tutte le tecnologie, anche l’intelligenza artificiale sviluppata da PimEyes non è né pura né dannata: dipende da come viene usata. Nuove ambiguità e questioni legate alla privacy emergono ormai giornalmente. Resta da capire se saremo pronti ad affrontarle altrettanto velocemente.