Il lavoro ora si trova nel mercato dei videogiochi. Una specie di oasi nel deserto, con prospettive di guadagni e di carriera per chi è indeciso sul percorso universitario da seguire. Programmatori, sviluppatori, non solo smanettoni: il trend non si arresta a livello mondiale, +2,1% nel 2022, con un giro d’affari da 197 miliardi di dollari (dati Global Games Market Report). L’Italia si è agganciata al treno: secondo i dati di IIDEA (associazione che rappresenta l’industria dei videogiochi), dopo un 2020 da record, il settore dei videogames nel nostro paese continua a registrare numeri positivi con un giro d'affari di due miliardi e 243 milioni di euro, in salita del 2,9% rispetto alla rilevazione del 2020. Ci sono circa 15,5 milioni di persone di appassionati, ovvero il 35% della popolazione italiana compresa tra i 6 e i 64 anni. Davanti a una console, o un pc o uno smartphone si piazzano quasi per nove ore settimanali. Un dato che porta anche a una riflessione sulla dipendenza da videogame: in Canada tre genitori hanno fatto causa alla Epic Games, il colosso che ha creato il famoso videogioco Fortnite, uno dei bambini citati nell’azione legale avrebbe accumulato quasi ottomila ore di gioco in due anni.
Dunque, si gioca. Il microcosmo dei videogame accoglie sempre più multinazionali che ci investono. E si può anche trovare occupazione. Anzi, è continua la ricerca da parte di aziende di game designer - ovvero la figura che idea il videogioco, pensando allo storyboard e ai personaggi, oppure artisti e animatori 2D/3D o ancora i game programmer (hanno il compito di trasformare il progetto in codici, attraverso i linguaggi di programmazione). Per questo motivo diversi atenei si sono strutturati, proponendo dei Master universitari in Game Development (Università di Verona), Online Game Design (Università Statale di Milano), Videogame Design and Programming, al Politecnico di Milano. A Solofra, in provincia di Avellino, si va oltre. Allo IUDAV (Istituto Universitario Digitale Animazione e Videogioco) ci sono corsi di laurea (durata triennale) in Arti digitali con specializzazione in Videogame e animazione e corsi di alta formazione in Game Design e Game Development. È il primo ateneo a proporre questo tipo di percorso universitario.
La mente è don Fabrizio Coppola, parroco con il culto dei videogiochi. Una fissa da bambino, poi trasformata in un progetto professionale: ha fondato lo IUDAV dieci anni fa, ora propone corsi per imparare a conoscere i software più avanzati e innovativi, fino a formare profili eterogenei, in base alle inclinazioni personali dei discenti. Il percorso di studi articola tutte le fasi dall’ideazione, alla produzione, alla programmazione avanzata: moduli didattici complementari che spaziano dall’illustrazione digitale e dalla narrazione visiva alla sceneggiatura, al design di uno storyboard, alla critica cinematografica, alle tecniche del suono. E ancora colonne sonore e doppiaggio, grafica in 3D, grafica 3D avanzata per i videogiochi, fino alla regia, alla direzione della fotografia o al filmmaking.
Sempre don Patrizio, noto come Padre Joystick, ha fondato anni fa la VHEI - Valletta Higher Education Institute -, con il riconoscimento del corso di laurea a livello europeo in Ars Digital, indirizzo animazione e videogiochi. “Sono stato proprio di recente a Dubai e in Brasile per creare, assieme all’Università di Rio de Janeiro, un corso di Gaming e Metaverso. Mi sono stati chiesti di continuo programmatori, sviluppatori, ci sono centinaia di aziende che vogliono investire. L’attenzione è altissima sui videogame”, spiega don Patrizio. Oltre cento gli iscritti al corso di laurea dello IUDAV. La richiesta di accesso arriva almeno al triplo. Il 95% dei laureati, entro un anno, trovano un impiego nel settore. Numeri che parlano da soli, ma allo IUDAV ora è prevista anche l’assunzione, con contratti a termine, di una parte dei laureati per alcuni progetti, ovviamente legati allo sviluppo dei videogame. “Tutto nasce dalla mia passione per i videogiochi, uno strumento semplice vicino ai giovani, ma anche un’arte per cui ho voluto trovare una collocazione accademica, per creare professionisti del settore che è in forte crescita. Le professioni sono cambiate, i giovani devono essere competitivi, sono opportunità che vanno colte, in un contesto lavorativo così complesso, specie in Italia”.