Mentre il ministro israeliano per la sicurezza nazionale (di estrema destra), Itamar Ben-Gvir, si recava dagli attivisti detenuti della Global Sumud Flotilla, ammassati e seduti per terra, appellandoli sdegnosamente come “terroristi”, nelle cui barche – ha notato con disgusto il ministro - c’era il caos (ahi ahi ahi, non piegavate le mutandine, non appaiavate le calze, e che è questo disordine), arriva in contemporanea la notizia che i nostri parlamentari in missione di sfondamento del blocco navale sono stati cortesemente accompagnati dagli israeliani all’aeroporto di Tel Aviv per prendere un comodo aereo di linea e arrivare in giornata in Italia. Dolce o salato? Caffé o aranciata? Allacciate le cinture, sono attese turbolenze alle balle.

Innanzitutto grazie, grazie a questi parlamentari (il senatore M5S Marco Croatti, l’eurodeputata Pd Annalisa Corrado, il deputato Pd Arturo Scotto e l’eurodeputata dei Verdi Benedetta Scuderi) che hanno veleggiato impavidi, ritti a prua verso Gaza scrutando l’orizzonte (colonna sonora di Celin Dion: “And my heart will go on and on” da Titanic). E però, vogliamo dire, o forse vogliamo chiedere: ma dopo avere condiviso l’imbarcazione con gli attivisti, dopo avere condiviso il desco e la ritirata, dopo avere condiviso la doccia (o forse la mancanza di docce) con i loro compagni di avventura, soprattutto dopo avere condiviso le dirette streaming con le vostre facce accigliate e temerarie, ecco, dico a voi, i quattro moschettieri del mare, ma non era il caso, magari, di restare a Tel Aviv o a Gerusalemme? Dalle notizie che circolano sappiamo ad esempio che per informarci (dico come ita(g)liani) delle sorti dei nostri compatrioti, siamo costretti a telefonare al Mossad (“Buongiorno, Signor Mossad, la disturbo? Le posso rubare due minuti?” “Questa è la segreteria telefonica del Signor Mossad…”). Sappiamo anche che – pare, si mormora, si dice – che gli attivisti sono interrogati senza presenza di avvocati. Ecco, magari prendere un alberghetto a Tel Aviv e andare in ambasciata ogni giorno? O addirittura “scendere” in un delizioso hotel de charme a Gerusalemme ed andare a bussare alla porta di Itamar Ben-Gvir, no?

Adesso, io lo so che adesso state correndo qui a mostrare la vostra faccia di missionari per la pace nel mondo (che manco Miss Italia), a raccontare le vostre notti avventurose sotto i droni coi beduini (non c’erano i beduini? peccato), a spiegarci come siete stati gli scudi umani della Flotilla e che i 400 fermati sono vivi solo ed esclusivamente grazie a voi, e però, vogliamo dire e chiedere, avete fatto 30? Non era il caso di fare 31? Vogliamo dire – e chiedere – minchia, c’è andato Fabrizio Corona, a Tel Aviv, e voi, invece, praticamente: “Bonjour, je m’appelle Ponchià… vamos vamos, rapidamiente, rapidamiente” (cit. da Marrakesh Express). Insomma, vi è sembrato il caso di approfittare dei vostri privilegi parlamentari mentre i vostri compagni sono seduti per terra a farsi accusare e additare da un ministro israeliano di estrema destra? E capisco che non siete Che Guevara. Ma minchia, meno coraggiosi di Fabrizio Corona anche no. O sbagliamo?
