Chissà se alcuni li avrà letti, dal suo letto d’ospedale. Mentre Silvio Berlusconi continua il suo percorso di cure in terapia intensiva, un pezzo alla volta la stampa nazionale gli ha dedicato un singolare mosaico. Quasi fortuito, sospeso nel tempo e nel giudizio, tra il ritratto e il ‘coccodrillo’: l’analisi – dell’uomo, del politico – è ancora parziale, eppure risente del tirare le somme che l’età e la delicata situazione clinica spingono inevitabilmente a considerare. Ebbene, ne fuoriesce una panoramica unita dal filo conduttore della grandiosità. In tutte le sue sfumature: ammirazione o venerazione dalle voci amiche, l’onore delle armi da quelle avversarie. Partiamo da qui. Ezio Mauro, ex direttore di Repubblica, spiega che “Berlusconi voleva sedurre, conquistare, non gli bastava il voto. Voleva essere amato, voleva il riconoscimento di essere il più bravo. Era un animale da campagna elettorale con uno spirito di combattente e le capacità di stabilire un legame carismatico con l’opinione pubblica”. E anche “un pessimo uomo di governo”. Uno storico detrattore di B. come Marco Travaglio, fondatore del Fatto quotidiano, si augura invece “di poter commentare le sue vicende per almeno altri dieci anni. È chiaro che però non siamo più nell’èra di Berlusconi, che è finita con il commiato al suo terzo e ultimo governo nel 2011”. Eppure non siamo nemmeno nell’èra degli altri. Lo scrive Andrea Colombo, cronista politico del Manifesto: “Nei delicati equilibri di maggioranza il ruolo del Cavaliere è oggi fondamentale: senza Berlusconi di mezzo, Meloni e Salvini non tarderebbero a fare scintille”. Sulla stessa linea, con toni più aspri, anche Stefano Feltri, fino a pochi giorni fa direttore del Domani: “Berlusconi è il problema di Giorgia Meloni perché è un leader connotato come un amico personale di Putin, nel momento in cui Putin è un criminale internazionale”, sottolinea, dopo aver definito il Cav. in questi mesi come “l’uomo che ha portato l’Italia sul baratro finanziario, morale e giudiziario e poi l’ha spinta di sotto”.
L’ultima frase racchiude una visione diametralmente opposta – permane solo il gigantesco, appunto – a quella offerta dal Foglio. Secondo il suo fondatore Giuliano Ferrara, di questi tempi riemerge “la solita ebetudine del paragone loffio tra Berlusconi e Trump: l’uno ha incarnato la riforma del sistema, l’altro ha fatto precisamente il contrario”. Il direttore Claudio Cerasa aggiunge che “il Cav. è sempre stato un argine contro gli estremismi”, dalla sinistra giustizialista al populismo di destra. “È stato anche un argine, da imprenditore, contro il pensiero unico conformista veicolato dalla tv di stato, contro il corporativismo, il consociativismo, il potere immobile dei sindacati”. Si spinge ben più in là, in pieno slancio di fede, la stampa di area forzista. “Non sono credente”, dichiara Vittorio Feltri da Libero, “ma prego per il miglior italiano che c’è”. Mentre Augusto Minzolini, numero uno del Giornale, si sofferma “sul magnetismo che Silvio esercita sugli italiani, su amici e avversari”. Ricorda il discorso di Mauro, con altra connotazione. “Il motivo è semplice”, continua Minzolini: “Berlusconi interpreta al meglio ancora oggi lo spirito profondo degli italiani. È un personaggio che è sempre stato accusato di dividere il Paese, ma che nella realtà ha sempre tentato di unirlo. E quest’Italia tifa sempre e comunque per il Cav”. Superuomo nel bene e nel male. Anzi no. “È umano, umanissimo anche Silvio Berlusconi”, fa notare l’editoriale di Agnese Pini, direttrice del Quotidiano nazionale: “Con la sua età, la sua leucemia cronica, le sue complicazioni. Una malattia, una fragilità che diventano normali e comuni, dunque comprensibili da tutti, dunque alla portata di tutti, perché da tutti riconoscibili”. E infatti Forza Italia è tornata a crescere nei sondaggi. Più che caimano, camaleonte.